Reddito di cittadinanza e Quota 100, pregi e difetti di un decreto tanto atteso

Il reddito di cittadinanza parte da due principi giusti, ma rischia di sbagliare strada per le troppe criticità. Quota 100 invece sembra essere una misura contro i giovani, che ne pagheranno il costo 

Reddito di cittadinanza e Quota 100 non sono ancora legge ma il decreto che li istituisce avrà effetto non appena sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. A quel punto le Camere avranno 60 giorni per convertirlo, ma nel frattempo l’iter che porta all’avvio dei provvedimenti, promesso per aprile, potrà partire.


Si è scritto molto su questi temi e spesso la ricerca spasmodica di novità e dettagli passati inosservati, condita magari da dichiarazioni contraddittorie, ha fatto passare in secondo piano lo scopo e il senso delle due misure cardine di questo avvio di legislatura. Ora è possibile provare a leggerli con più calma e interpretarli.


Il reddito di cittadinanza tra principi corretti e rischi concreti

Il reddito di cittadinanza presenta già nel nome una grande illusione ottica. Infatti si tratta di un reddito minimo garantito, per accedere al quale è necessario possedere dei requisiti specifici legati principalmente all’ISEE (che deve essere inferiore ai 9.360 euro annui), alla cittadinanza e al possesso o meno di determinati beni.

Non un reddito garantito dalla nascita quindi, non un reddito universale (Universal Basic Income), non una liberazione dal lavoro per potersi dedicare all’ozio, come dichiarato più volte da Beppe Grillo.

Il reddito di cittadinanza ha quindi due scopi principali: reinserire le persone nel mercato del lavoro e combattere la povertà. Il reinserimento avviene attraverso Centri per l’impiego e Agenzie per il lavoro che individuano e offrono proposte di lavoro al disoccupato che non può rifiutarne più di due (a distanza geografica crescente) pena la perdita del reddito.

La lotta alla povertà si realizza utilizzando lo stesso sistema del Reddito di Inclusione (Rei) del governo Gentiloni. Due obiettivi importanti e sui quali l’Italia deve fare passi avanti, ma che presentano criticità.