Tiziano Renzi e le procure che lo hanno indagato dagli anni ’90 a oggi

Dalla prima società fondata negli anni ’90 al più recente caso Consip, negli ultimi 30 anni il padre di Matteo Renzi è stato indagato più volte. I suoi guai giudiziari però sembrano avere poco a che fare con l’ingresso in politica del figlio anche se alcune inchieste hanno accelerato di recente

Nel 2014, Tiziano Renzi aveva chiosato una delle indagini che l’hanno coinvolto – all’epoca il figlio era in grande ascesa e lui era segretario del Pd di Rignano – con una battuta: «Finalmente mi hanno beccato!» Per poi aggiungere: «Alla veneranda età di 63 anni e dopo 45 anni di attività professionale, ricevo per la prima volta un avviso di garanzia…».


Battute analoghe girano in queste ore e con loro i dubbi: quanto sono aumentati i guai giudiziari di Tiziano Renzi dopo l’ingresso del figlio in politica? È vero, come dice quest’ultimo, che prima dell’inizio della corsa che in pochi anni l’ha portato al vertice del Pd, «babbo» aveva preso al massimo qualche multa?


Gli archivi dei giornali (e giudiziari) non dicono proprio così, anche se è indubbio che alcune inchieste hanno accelerato proprio negli ultimi anni. Come è vero che a Roma è indagato un ex capitano del Noe accusato, tra l’altro, di depistaggio, perché avrebbe falsificato un verbale pur di infilarci Tiziano.

Gli anni novanta

I primi problemi sono datati fine anni novanta e trovano la famiglia Renzi a Firenze. La prima società, oltre alla Chil, è la Speedy controllata da Tiziano. Il business è quasi il medesimo dell’inchiesta di oggi: consegne e strillonaggio, per il quotidiano La Nazione. Secondo la biografia che il suo ufficio stampa distribuisce nel 2004, quando ottiene la guida della Provincia di Firenze, che c’entra anche l’ex premier: «Matteo Renzi ha fondato la Chil, di cui poi ha ceduto le quote, dove si occupa di coordinamento e valorizzazione della rete, nella gestione di oltre duemila collaboratori occasionali in tutt’Italia». Nel 1998, l’Inps multa entrambe le aziende perché non avrebbero pagato i contributi agli strilloni, i Renzi (Matteo non è già più socio, la Chill è passata a mamma Lalla) ricorrono ma il tribunale li condanna a pagare.

Genova

Le vicende processuali genovesi più note sono anche quelle che si incrociano con l’apice della carriera di Matteo Renzi. Ma nascono ben prima: all’inizio del 2000, la Chil ottiene l’incarico di consegnare di notte Il Secolo XIX: nel 2013 perde tre cause di ex dipendenti, per stipendi non pagati e Tfr. La Arturo, detenuta al 90% da Tiziano e che formalmente si occupa di panificazione (ma poi distribuisce sempre Il Secolo XIX), è pure condannata in una causa di lavoro.

Da questo giro di società genovesi emerge poi uno dei filoni che ritroviamo anche nell’inchiesta di Firenze. Il 14 ottobre del 2010, la Chil post, erede della Chil, viene venduta ad un ultrasettantenne, Gianfranco Massone, padre di quel Mariano finito ora ai domiciliari assieme ai Renzi. L’accusa è che la Chil post sia stata spolpata, per passare l’unica parte sana a Laura Bovoli, titolare della Eventi 6.

L’indagine emerge nel 2014 e dura parecchio, ma alla fine si conclude con l’archiviazione per Tiziano – chiesta per due volte dai pm e solo alla fine concessa. Mariano Massone viene condannato a due anni e quattro mesi, quelli che stava scontando in prova quando è stato arrestato lunedì.

Cuneo

È dalle carte della procura di Cuneo che è nata l’indagine che vediamo in corso a Firenze. Uno stralcio, anche se nel frattempo è rimasta in piedi un’altra inchiesta: il 28 febbraio il tribunale piemontese deciderà sulla richiesta di rinvio a giudizio per Laura Bovoli. Mamma “Lalla” è accusata di concorso in bancarotta fraudolenta per i contatti con una società cuneese, la Direkta Srl fallita nel maggio 2014 e coinvolta in una vicenda di fatture false. Mirko Provenzano, amministratore della Direkta Srl, è già stato condannato per reati fiscali e ha patteggiato la bancarotta.

Firenze

C’è l’indagine attuale, ma c’è anche un’altra inchiesta che si giudica a partire dal 4 marzo 2019, per emissione di fatture false, sempre a carico di Tiziano e Laura Renzi. A processo anche l’imprenditore Luigi Dagostino, accusato anche di truffa. A non convincere i pm toscani sono le ricevute per uno studio di fattibilità incaricato dalla società di gestione dell’outlet di alta moda. Al centro del processo ci saranno due fatture, una alla Party e l’altra alla Eventi 6.

Roma

A fare più rumore di tutte, però, è stata probabilmente l’inchiesta Consip, nata a Napoli e poi finita a Roma. Al momento i pm capitolini hanno chiesto il processo per l’ex ministro Luca Lotti, l’ex comandante generale dei carabinieri, Tullio Del Sette e per altre cinque persone, tutte – a seconda delle posizioni accusate di rivelazione, millantato credito, falso e depistaggio -. Avrebbero riferito notizie vere o no a proposito di un’inchiesta che riguardava la centrale di appalto Consip. Per Tiziano Renzi, invece, propongono l’archiviazione. Era accusato di traffico di influenze nei confronti di Consip. I pm dicono che la sua versione dei fatti (a proposito di contatti con l’imprenditore napoletano Alfredo Romeo) è «inverosimile» ma non ci sono prove.

Rischia il processo per depistaggio l’ex ufficiale del Noe Giampaolo Scafarto, che avrebbe pilotato l’inchiesta verso Tiziano anche quando gli elementi non erano solidi. In particolare, avrebbe fatto dire a Romeo, nella trascrizione di una intercettazione «Renzi, l’ultima volta che l’ho incontrato». Ma non ci sarebbero incontri recenti.

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