Corbyn a sorpresa dice «sì» a un secondo referendum sulla Brexit

Il leader dei laburisti ha deciso di schierarsi a favore di un secondo voto popolare sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea. Ma riuscirà a farlo approvare dal Parlamento?

Mentre la premier britannica Theresa May era impegnata a giocare a biliardo con Giuseppe Conte a Sharm el-Sheikh, il leader dei laburisti Jeremy Corbyn ha fatto una mossa a sorpresa che potrebbe cambiare la partita sulla Brexit.


I laburisti appoggeranno un secondo referendum. Non un referendum popolare su un eventuale accordo votato dal Parlamento, come proposto in precedenza da Corbyn ma bocciato a Westminster, ma un referendum che chieda chiaramente al popolo britannico se – visto lo stallo sui negoziati e il caos che attualmente avvolge il Paese – vogliono ancora uscire dall'Unione europea.


La scelta di Corbyn potrebbe essere dettata anche dalle divisioni interne al suo partito: nei giorni scorsi, 9 deputati sono usciti dai Labour per i dissidi sulla Brexit. Nel suo discorso al Parlamento, Corbyn ha presentato una proposta per un potenziale accordo sull'uscita dall'Unione europea. Una soft Brexit che vedrebbe il Regno Unito rimanere indefinitamente nell'unione doganale con l'Ue.

Si tratta di una soluzione che permetterebbe anche di superare l'ostacolo del ritorno a un confine duro tra l'Iranda del Nord e la Repubblica Irlandese, perché eviterebbe di creare nuovi controlli doganali, tema molto sentito sia a destra che a sinistra. Soltanto nel momento in cui il Parlamento dovesse bocciarla, il Labour presenterà la mozione per un secondo referendum.

Salvo colpi di scena, l'emendamento di Corbyn non sembra avere molte possibilità di passare. All'interno del suo partito ci sono dozzine di deputati che provengono da aree del Regno Unito che hanno votato a favore della Brexit e che non saranno disposti a scontentare i propri elettori. Molto dipenderà soprattutto dalla volontà dei conservatori remainer – favorevoli alla permanenza del Regno Unito nell'Ue – di votare contro la direzione del proprio partito.

Nelle ultime ore Theresa May è tornata a ribadire, dopo le voci su una possibile posticipazione della Brexit fino al 2021, che la scadenza rimane quella ufficiale del 29 marzo 2019. La decisione di Corbyn è comunque importante perché abbatte un tabù che dal 2016 perseguita la politica britannica.

Anche se sono diversi i gruppi (e anche i deputati) che da tempo fanno campagna per un secondo referendum – in primis A People's Vote campaign – che costituirebbe comunque una sfida alla legittimità del primo, quindi anche alla sovranità popolare che, seppure con un margine molto piccolo (circa 51,9% delle preferenze), aveva scelto di portare il Regno Unito fuori dall'Unione europea.

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