L’ingorgo di fine marzo, e poi forse la crisi

di OPEN

Il valore simbolico della Tav, le elezioni regionali in Piemonte, la situazione economica che peggiora ovunque. Sono tanti i fattori che potrebbero favorire la rottura. E il voto anticipato fa più gola a Salvini che a Di Maio

Un fine settimana febbrile, di confronti interni e discussioni. Nel giorno del suo compleanno, oggi 9 marzo, Matteo Salvini sentirà tutti i suoi: gli auguri certo, ma poi subito dopo timori, opinioni, consigli sul "che fare". Fin qui per la Lega il Movimento è stato il partner ideale, intesa perfetta e copertura reciproca nei momenti difficili. Poi la rottura sulla Tav. Pesano molte cose: intanto la Torino-Lione ha un valore simbolico e non solo per entrambe le forze. Molti deputati m5s iniziarono la loro militanza proprio con le battaglie No Tav.


Alcuni durante quei presidi in val di Susa trovarono perfino la persona con cui dividere la vita. Ma soprattutto il sentimento No Tav resta fortemente radicato tra gli iscritti, e ancor di piùin Piemonte, dove si eleggono governatore e consiglio proprio il 26 maggio. E lì il Movimento, che governa Torino, non può ripetere le magre figure delle ultime regionali.


Queste cose Salvini le sa bene, ma sa ancor meglio che la battaglia per il Piemonte è molto importante anche per la Lega, che già governa con propri uomini Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia e provincia di Trento, aspira in autunno a conquistare l'Emilia Romagna e sta in giunta in Liguria col governatore forzista e filoleghista Toti.

Tutti gli uomini chiave delle regioni sono i più strenui sostenitori della Tav (e proprio oggi su Repubblica lo conferma il più forte tra loro, Luca Zaia). Se Salvini (ipotesi di scuola, non succederà mai) dovesse cedere sul blocco dell'opera, rischierebbe quindi ricadute elettorali in tutto il nord alle Europee. Ma in realtà, da una parte e dall'altra, c'è una più banale presa di coscienza: le parti decisive del contratto sono state onorate. Il decreto con reddito di cittadinanza e quota 100 arriva il 29 marzo alla Camera per l'ultimo sì.

Tre giorni prima va all'ultimo passaggio al Senato la legittima difesa, tanto cara al ministro dell'interno, che peraltro già il 20 sarà salvato dal voto del Senato rispetto alla richiesta di processo sul caso Diciotti, come sarà salvato il giorno dopo il ministro Toninelli dalle mozioni di sfiducia delle opposizioni. E dopo? Non ci sono altri punti fondamentali del contratto, ciascuno avrà portato a casa quel che voleva (anche in vista del voto di maggio) e semmai si avvicinano altri appuntamenti, da sempre i più sgraditi per chi governa.

Già, perché la situazione economica peggiora ovunque, e da noi la crescita è ancor più fragile: la legge di stabilità e il disinnesco delle clausole di salvaguardia comporteranno scelte dolorose. La tentazione di farle prendere da un governo appena investito da un nuovo mandato popolare è forte. Magari con la stessa maggioranza. Magari con un nuovo contratto. Sicuramente con rapporti di forza diversi. Per questo il voto anticipato fa gola più a Salvini che a Di Maio.