Cosa sono le “Nuove vie della seta” e perché gli Stati Uniti ostacolano la partecipazione dell’Italia

Migliaia di chilometri di collegamenti terrestri e marittimi. La Belt and Road Initiative è l’ambizioso progetto di Pechino per collegare la Cina al resto del mondo. L’Italia ha dichiarato la sua volontà di partecipare all’iniziativa, tra rischi e opportunità

Quando nell’ottobre del 2013 il presidente cinese Xi Jinping parlò all’università Nazarbayev di Astana, in Kazhakistan, per rilanciare i rapporti economici con l’esteso paese dell’Asia centrale sulle antiche” Vie della seta”, nessuno si aspettava che quel discorso sarebbe stato l’inizio del più grande e ambizioso progetto infrastrutturale del ventunesimo secolo. La Belt and Road Initiative, o le “Nuove vie delle Seta” è la grande aspirazione della Cina per collegare Pechino all’Europa, alla Russia, al Medio Oriente, passando per l’Asia centrale e il sud-est asiatico. Un reticolo di strade, collegamenti terrestri e marittimi che permetteranno alla grande potenza commerciale asiatica di rafforzare gli scambi con i suoi vicini e con nuovi e vecchi partner economici. Come l’Italia, che con il suo affaccio sul Mediterraneo ha rappresentato fin dai viaggi di Marco Polo il punto di arrivo e di partenza ideale per gli scambi da e verso l’oriente. Ed è proprio Venezia con il suo porto a guardare a est, a quelle vie una volta fulcro cruciale delle rotte dei mercanti veneti.


Scontro tra Italia e Stati Uniti

Qualche giorno fa il primo ministro Giuseppe Conte ha annunciato che l’Italia sottoscriverà un accordo quadro con la Cina per la “Nuova via della seta”. In vista della visita del Presidente cinese in Italia, che si dovrebbe tenere il prossimo 22 marzo, l’Italia potrebbe diventare il primo Paese del G7 a entrare ufficialmente nel grande progetto infrastrutturale cinese. «Poste le opportune cautele, ritengo possa essere una opportunità per il nostro Paese», aveva dichiarato il premier Conte. «Il prossimo incontro in Italia con il presidente cinese sarà l’occasione per sottoscrivere l’accordo quadro». «Non significa che saremo vincolati il giorno dopo, ma potremo entrare e dialogare». Così Conte aveva confermato l’anticipazione fatta al Financial Times dal sottosegretario per lo sviluppo economico della Lega Michele Geraci.


All’annuncio italiano è arrivata la risposta statunitense. Washington si è detta preoccupata della decisione italiana di sostenere le ambizioni di Pechino, suggerendo all’Italia di «non legittimare il progetto di vanità cinese»della Via della Seta, aveva detto il Presidente Trump in un tweet. Anche Garrett Marquis, Consigliere alla sicurezza nazionale, aveva scritto: «L’Italia è un’importante economia globale e una grande meta d’investimento. Non c’è bisogno che il governo italiano presti legittimità al progetto di vanità delle infrastrutture cinesi». Sulle preoccupazioni degli Stati Uniti è arrivato il chiarimento del vicepremier Luigi Di Maio che ha accolto i dubbi di Washington, ma ha ribadito:«l’Italia non farà accordi politici con la Cina. Ma vogliamo aiutare le imprese italiane a esportare le loro eccellenze e il loro know-how».

Come funziona la Belt and Road Initiative?

La Via della seta è stata definita il Piano Marshall cinese. Ma il suo valore è stato stimato dodici volte superiore ai finanziamenti americani del secondo dopoguerra. Le stime parlano di otto trilioni di dollari.Èquesta la portata degli investimenti della Cina nel progetto voluto da Xi Jinping, per finanziare la costruzione di nuove infrastrutture eil potenziamento di quelle vecchie, collegamenti stradali e portuali, in circa 70 paesi diversi. Dall’Europa al sud-est asiatico, uno strumento soprattutto di politica estera per estendere l’influenza cinese a livello globale e rafforzare la penetrazione nelle piccole e grandi economie in tutto il mondo. Soprattutto con i suoi vicini dell’Asia centrale, le cinque ex repubbliche sovietiche hanno visto i maggiori sforzi economici da parte di Pechino. La loro posizione li rende hub fondamentali per l’accesso cinese all’Europa, attraverso il Medio Oriente e il canale di Suez. Ma i rischi per i Paesi coinvolti sono molti, in particolare per quelle economie in difficoltà che diventerebbero eccessivamente dipendenti e debitrici nei confronti di Pechino e del suo afflusso di capitali.

Perchè interessa all’Italia?

L’italia ha bisogno di nuovi mercati e la Cina è ansiosa di accogliere il Made in Italy: dal cibo alla moda, alle auto di lusso come Ferrari e Lamborghini, i consumatori cinesi bramano prodotti italiani. E con la sua strategica posizione l’Italia è la terza nazione per quanto riguarda il commercio navale in Europa e, uno dei migliori terminali portuali della Belt and Road per il Sud Europa: la porta d’entrata per la connettività stradale e marittima. Cruciali nel progetto cinese sono i porti di Venezia e Trieste. Pechino ha già acquisitola maggioranzadel porto di Atene del Pireo, e il capoluogo veneto sarebbe una delle opzioni più faciliper proseguire la sua rotta marittima attraverso il canale di Suez verso la Grecia, l’Italia e il resto d’Europa. Un’alternativa ai porti di Rotterdam e Amburgo, già collegati alla BRI. Mentre l’occidente sta perdendo il suo ruolo primario, «Il centro di gravità del mondo si sta spostando verso est, di nuovo dove si trova per millenni»,ha dichiarato Peter Frankopan, professore di storia a Oxford e rinomato ricercatore di storia bizantina e delle vie della seta. «Il cambiamento è normale, ma la cosa più importante è essere in grado di adattarsi e sopravvivere».