Ma quindi la Tav è stata bloccata o no? Un ripasso per chi si è distratto nel week end

di OPEN

La risposta è no. L’Iter va avanti, nonostante molti esponenti del Movimento 5 stelle abbiano lasciato intendere il contrario

Il 9 marzo, i principali esponenti del Movimento 5 Stelle hanno scritto che i bandi per i lavori della Tav sono stati rinviati. Non partiranno oggi 11 marzo, ma fra sei mesi e solo se «Francia e Italia troveranno un accordo serio», ha scritto il sottosegretario all'Economia Laura Castelli.


In realtà, quei bandi partono effettivamente oggi perché non farli partire farebbe perdere all'italia 300 milioni di euro di fondi europei. Ma, come ha specificato Conte in una lettera pubblicata anche su Facebook, quei bandi non impegnano l'Italia a realizzare l'opera e a dare il via ai capitolati di gara. Sui quali si deciderà, appunto, tra sei mesi.


L'annuncio è arrivato dopo settimane di liti, incomprensioni e tensioni: Lega e 5 Stelle hanno evitato, o soltanto rimandato, la crisi di Governo, sfiorata con costanti tensioni che si erano aggravate nelle ultime settimane a causa delle profonde divergenze sul destino della linea ferroviaria ad alta velocità tra Torino e Lione (la Lega è favorevole, i 5 stelle no).

La soluzione che ha permesso ai due partiti di uscire dall'impasse sarebbe stata trovata direttamente dal premier (e avvocato) Giuseppe Conte che ha chiesto a Telt, la società italo-francese che gestisce i lavori della Tav, di non pubblicare i capitolati di gara, ma solo gli avis de marché, un avviso con cui si dà il via alla raccolta delle candidature delle aziende.

Cosa prevede la normativa francese

Quella richiesta da Conte non è una procedura straordinaria, bensì quella prevista dalla normativa francese. Il significato della sua lettera è prettamente politico: annuncia una mossa che si concretizzerà tra sei mesi (e che quindi nel frattempo potrebbe essere ulteriormente modificata). Il presidente del Consiglio non ha sfruttato alcun cavillo. Ha semplicemente chiesto a Telt, società di diritto francese, di applicare il diritto francese.

In Francia, la procedura con cui vengono assegnati gli appalti si divide in due fasi: la pubblicazione di un avviso di gara (l'ormai famoso avis de marché), al quale le aziende possono rispondere manifestando il proprio interesse; e l'invio dei capitolati d'appalto.

La prima fase dura più o meno 6 mesi: il Governo approfitterà di questa "pausa" per ridiscutere il progetto con la Francia e la Commissione europea e soprattutto per trovare un improbabile accordo che soddisfi i due partiti che compongono la maggioranza.

Passati sei mesi, Telt chiederà alla Francia e all'Italia l'autorizzazione a procedere con i capitolati d'appalto. Solo allora conosceremo il destino della Tav. La differenza fra gli avvisi di gara e i capitolati d'appalto è sostanzialmente una.

I primi non impegnano a investire nell'opera in futuro: tra governi e imprese non viene firmato alcun contratto ed è stato scongiurato il rischio di azioni legali perché il finanziamento preliminare parte comunque. I capitolati d'appalto sono vincolanti.

Per bloccare l'opera, in ogni caso, a Telt non basterà una lettera del presidente del Consiglio, ma un decreto del Governo o una legge che annulli gli accordi internazionali con la Francia.

Perché tutta questa fretta?

Gli avvisi di gara dovevano essere pubblicati entro la fine di marzo. In caso contrario, Telt avrebbe perso i 300 milioni di euro stanziati dalla Commissione Europea per cominciare a scavare il tunnel di base della Tav in territorio francese. Per la parte italiana, invece, i bandi dovrebbero essere pubblicati a giugno.

Perché Lega e 5 stelle non hanno trovato un accordo?

Nel contratto di Governo firmato dalla Lega e dal Movimento, c'era scritto che i due partiti si sarebbero impegnati «a ridiscuterne integralmente il progetto (della Tav, ndr) nell'applicazione dell'accordo tra Italia e Francia».

Molti avevano fatto notare che si trattava di una formula piuttosto vaga, anche perché la posizione dei due partiti sulla Tav è sempre stata chiaramente opposta. Per la Lega, dare il via libera alla Tav significa accontentare il mondo produttivo del Nord che è sempre stato vicino al partito di Matteo Salvini.

Per il Movimento 5 Stelle, come ha detto il 9 marzo il presidente della Camera Roberto Fico, il "no" alla Tav è un fattore identitario, perché il Movimento ha sempre sostenuto il movimento No-Tav, fin dai suoi esordi.

Ci sono dunque ragioni storiche per il "no". Ce ne sono altre che hanno a che fare col presente: da quando sono al Governo i 5 stelle hanno perso consensi, come hanno dimostrato anche le elezioni in Sardegna e in Abruzzo.

Dopo aver spinto la base a votare "no" alla richiesta di autorizzazione a procedere contro Salvini sul caso Diciotti e la decisione di annullare il vincolo dei due mandati per gli amministratori locali, molti attivisti della prima ora hanno accusato il Movimento di aver cambiato pelle, una volta arrivato al Governo.

Cedere sulla Tav, a pochi mesi dalle elezioni europee, avrebbe potuto comportare un ulteriore calo dei consensi e sbilanciare ancora di più gli equilibri interni alla maggioranza. Difficile prevedere quello che succederà fra sei mesi: secondo alcuni analisti, il Governo potrebbe cadere dopo le europee. A quel punto la Tav sarà un problema per il governo che verrà.