Non sparate sui navigator, sono loro la chiave per far funzionare il Reddito di cittadinanza

Se ne parlerà oggi, 11 marzo, nella Conferenza Stato-Regioni. Potranno non piacere, ma sono le figure che hanno in mano la riuscita del reddito di cittadinanza

Secondo l’Istat saranno 900 mila i percettori di reddito di cittadinanza che dovranno firmare un patto per il lavoro. Quasi un milione di persone che entreranno quindi in contatto con i Centri per l’impiego per essere inseriti in percorsi di formazione allo scopo di ritrovare un lavoro. E al centro di questo processo ci saranno loro: gli ormai celebri navigator. Di questo si discuterà oggi nel corso di una Conferenza Stato Regioni straordinaria.


Si tratta di figure che fin da subito hanno fatto discutere soprattutto per la scelta un po’ colorita del nome che richiama l’anglicismo tipico di una società di consulenza e il linguaggio dei manager. Figura che ormai è talmente rappresentativa della più ampia operazione comunicativa che ha contornato il reddito di cittadinanza da diventare arma a doppio taglio. Se infatti il loro ruolo si rivelerà un fallimento sarà un fallimento facile da identificare e ci ricorderemo il precedente dei navigator come stigma negativo per decenni.


Ma sta di fatto che ad oggi queste figure, il cui numero dovrebbe essere tra i 4500 e i 6000, sembrano l’unico argine per non rendere il reddito di cittadinanza una misura completamente assistenziale senza un vero percorso di reinserimento lavorativo. Non sarà una missione semplice, sia per il numero di persone coinvolte, sia per le competenze richieste. Infatti nella situazione più ottimistica ogni navigator avrebbe in carico circa 150 persone, potrebbero sembrare poche ma non è così.

Spesso ci dimentichiamo infatti i profili delle persone che percepiranno il reddito di cittadinanza. Su 900mila ben 600mila hanno, secondo Istat, la licenza media o nessun titolo di studio, e sarà dunque molto complicato individuare le loro competenze e reinserirli nel mercato del lavoro. E se questo non avverrà queste persone rischiano di percepire a vita il reddito, con tutte le conseguenze che ciò comporta per la sostenibilità delle finanze pubbliche.

Ad oggi i navigator si trovano in un limbo amministrativo a causa dell’intesa mancante tra regioni e Stato centrale. Ma l’Anpal, che dovrà assumerli, ha pubblicato un bando di gara per individuare l’impresa addetta alla selezione, bando dal quale è possibile intuire qualcosa del loro profilo. Si passa dalle competenze più generali di logica ed economia a quelle più specifiche sui modelli e gli strumenti di intervento di politica del lavoro, sulla disciplina dei contratti di lavoro e sul sistema di istruzione e formazione.

Questo elenco non sembra incontrarsi molto con le parole del ministro Di Maio che ha parlato di competenze soprattutto psicologiche per motivare i percettori di reddito a tornare a scommettere su loro stessi e trovare la forza per rientrare nel mercato del lavoro. Siamo quindi di fronte ad un profilo ancora tutto da costruire.Ma tutte queste obiezioni e queste oggettive complicazioni, da quelle più amministrative a quelle legate alle competenze da reclutare, non possono tradursi nel triste sport nazionale dell’individuazione di un bersaglio da colpire ancor prima che la gara sia iniziata.

Può non piacere il reddito di cittadinanza, e le critiche le abbiamo più volte espresse, può non piacere questo governo, ma la realtà dei fatti è che senza navigator il reddito di cittadinanza si avviterà lungo una spirale assistenzialistica che non potrà che essere, già nel breve periodo, una sponda alla recessione. La scelta è semplice: o guardare compiaciuti e speranzosi la nave che affonda o provare a remare anche su una barca che non ci piace.

Perché sappiamo anche che difficilmente qualche governo futuro avrà il coraggio politico di eliminare il reddito di cittadinanza, potrà al massimo modificarlo. E allora occorre scommettere sui navigator, sforzarsi per individuarne il giusto profilo professionale per cercare di far funzionare quella parte del reddito di cittadinanza che, pur pensata male, può tradursi in un sistema di politiche attive del lavoro che possa aiutare le persone a ritrovare un impiego.

Chiaramente per tutto questo serve molto altro sul fronte della politica economica del Paese, i dati di questi mesi, da ultimoquelli dell’OCSE, fanno calare infatti un’ombra buia sul futuro dell’economia e del mercato del lavoro italiano. Anche il miglior navigator infatti non potrà mai creare un solo posto di lavoro (oltre al suo, si intenda).

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