I due presidenti e il fascismo

Antonio Tajani è l’uomo politico italiano che ricopre il ruolo più importante a livello internazionale. È, come sapete, il presidente del Parlamento Europeo. Stimato e prudente, lo avrei definito fino a oggi. Poi ho letto quel che ha appena detto, intervistato dall’irriverente trasmissione radiofonica La Zanzara, su Benito Mussolini: «Fino a quando non ha dichiarato guerra al mondo intero seguendo Hitler, fino a quando non s’è fatto promotore delle leggi razziali, a parte la vicenda drammatica di Matteotti, ha fatto delle cose positive per realizzare infrastrutture nel nostro Paese, poi le bonifiche. Da un punto di vista di fatti concreti realizzati, non si può dire che non abbia realizzato nulla».


«Poi si può non condividere il suo metodo. Io non sono fascista, non sono mai stato fascista e non condivido il suo pensiero politico però se bisogna essere onesti, ha fatto strade, ponti, edifici, impianti sportivi, ha bonificato tante parti della nostra Italia, l’istituto per la ricostruzione industriale. Quando uno dà un giudizio storico deve essere obiettivo. Poi, non condivido le leggi razziali che sono folli. La dichiarazione di guerra è stata un suicidio».


«Qualcosa, dunque, va salvato del fascismo?«, chiedono i conduttori. «Certamente sì, certamente non era un campione della democrazia. Alcune cose sono state fatte, bisogna sempre dire la verità. Non bisogna essere faziosi nel giudizio. Complessivamente non giudico positiva la sua azione di governo, però alcune cose sono state fatte. Le cose sbagliate sono gravissime: Matteotti, leggi razziali, guerra. Sono tutte cose inaccettabili».

Siamo ancora qui, 75 anni dopo, «cose giuste e sbagliate, buone e cattive», come una pagella a luci e ombre, come se ci fosse qualcosa che potesse controbilanciare la soppressione delle libertà, la messa al bando di partiti e sindacati che non fossero quelli fascisti, la cancellazione dei diritti, compreso quello elettorale, il confino degli oppositori, il tribunale speciale, senza nemmeno parlare degli orrori in tempo di pace e di guerra.

Non esiste in generale che un eletto dica queste cose, figuriamoci il presidente italiano della assemblea elettiva dell’Unione Europea. E non sono paranoie di un giornalista antifascista: mettiamo a confronto le parole del presidente Tajani con quelle pronunciate da un altro presidente, quello della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, nella celebrazione del giorno della Memoria il 26 gennaio 2018: «Sorprende sentir dire, ancora oggi, da qualche parte, che il Fascismo ebbe alcuni meriti, ma fece due gravi errori: le leggi razziali e l’entrata in guerra. Si tratta di un’affermazione gravemente sbagliata e inaccettabile, da respingere con determinazione».

«Perché razzismo e guerra non furono deviazioni o episodi rispetto al suo modo di pensare, ma diretta e inevitabile conseguenza. Volontà di dominio e di conquista, esaltazione della violenza, retorica bellicistica, sopraffazione e autoritarismo, supremazia razziale, intervento in guerra contro uno schieramento che sembrava prossimo alla sconfitta, furono diverse facce dello stesso prisma».

Se si può dirlo in uno stato laico: sante parole.

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