In una vecchia intervista la traccia del mistero della morte di Imane Fadil

Riproponiamo il servizio andato in onda sette anni fa a “Servizio Pubblico” sulla modella, testimone chiave del processo Ruby Ter, deceduta il 1 marzo per presunto avvelenamento 

Nella giornata di ieri, venerdì 15 marzo, si è improvvisamente diffusa la notizia della morte della modella 34enne Imane Fadil, coinvolta nel caso Ruby. La giovane, secondo quanto si è appreso, è deceduto il primo marzo scorso dopo un lungo ricovero in ospedale. Era arrivata alla Clinica Humanitas di Rozzano alla fine di gennaio con i sintomi di un avvelenamento e lì è rimasta per oltre un mese, ed è deceduta per un presunto collasso degli organi.


Imane Fadil era assurta agli onori delle cronache dapprima per aver partecipato ad alcune “cene eleganti” a casa Berlusconi e poi per aver chiesto di diventare parte civile nell’ambito del processo Ruby Ter contro l’ex presidente del Consiglio.


La modella, poco prima della morte, avrebbe più volte dichiarato all’avvocato e al fratello che temeva di essere stata avvelenata e secondo quanto rivelato ieri dal procuratore di Milano Francesco Greco le analisi condotte sulla trentaquattrenne poco prima del decesso confermerebbero un avvelenamento provocato da un mix di sostanze radioattive.

Per ora, la morte della Fadil rimane avvolta nel mistero. La Procura ha disposto un’autopsia e ha aperto un’inchiesta per omicidio nel tentativo di fare luce sul decesso della giovane. Ma perché si teme che Imane Fadil possa essere stata uccisa? Nel corso di queste ore, le ipotesi si accavallano e in molti sostengono che una parziale spiegazione potrebbero fornirla le rare interviste che la ragazza ha rilasciato nel corso degli anni.

Nel 2011, per esempio, Imane Fadil concesse una lunga intervista video a Francesca Fagnani di Servizio Pubblico in cui spiegò come era arrivata alle cene eleganti di Arcore e le pressioni che aveva subito per incontrare, a processo in corso, l’ex presidente del Consiglio.

«Quel giorno c’era anche Lele Mora – racconta – e non mi chiese niente di sconvolgente, mi chiese se avessi voluto andare a bere un caffé ad Arcore. Magari avrei potuto avere un’opportunità lavorativa, disse. Allora andai, con altre ragazze e con Lele. Ci accolse Berlusconi, siamo scesi dove si fa festa, dove si balla e dove altre persone facevano anche altro».

«La famosa stanza del Bunga Bunga, tutti la chiamavano così. Certe performance le fecero solamente due persone, però – prosegue – dire che ballavano è riduttivo, erano un po’ performance da night club. Barbara Faggioli e Nicole Minetti erano vestite con una tunica nera lunga, un copricapo nero e una fascia bianca. Erano vestite da suore e ballavano, poi a un certo punto si sono spogliate».

Proseguendo, Fadil racconta ancora che in quella situazione vide Silvio Berlusconi tranquillo, seduto a guardare lo spettacolo: «Non mi fece un bell’effetto la scena, ma lui con me fu molto gentile perché lesse in me un certo disagio. Si è preoccupato, ha cercato di mettermi a mio agio e mi ha fatto dei regali».

«Quella sera, quando stavo per andar via, mi invitò a recarmi un attimo nella sua biblioteca e mi diede dei monili, niente di che, e una busta con dei soldi. Quella sera alcune ragazze rimasero a dormire, tra cui la Minetti e la Faggioli. Io, nonostante fossi turbata, tornai nuovamente ad Arcore altre dieci volte. Non mi portò più Mora ma Emilio Fede».

Fadil racconta poi a Francesca Fagnani che in quel periodo Fede le faceva delle avance e che a un certo punto iniziò a pensare di essere stata portata ad Arcore non tanto per Berlusconi ma per uno scopo personale, uno scopo che alla fine capì di non poter raggiungere: «Credo che probabilmente fu quello il motivo per cui a un certo punto tutto sfumò, dato che non partecipavo a quello che succedeva in quella sala».

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