La strumentalizzazione della paura: Erdogan mostra il video dell’attentato in Nuova Zelanda a un comizio

Il presidente turco ha mostrato il video dell’attacco terroristico a un comizio politico. Collegandolo al partito d’opposizione

Pur di far cassa alle elezioni amministrative del 31 marzo, il Presidente turco Recep Erdogan soffia sul fuoco delle divisioni religiose, mostrando a un comizio elettorale il video girato in diretta dall’attentatore che in Nuova Zelanda ha ucciso 49 persone di fede musulmana. La strategia è vecchia quanto la politica: far leva sulle paure, in questo caso di persecuzione ai danni dei musulmani, per rafforzare il senso di appartenenza a una comunità religiosa e, quindi, anche al partito islamista e conservatore di Erdogan. Il tentativo di Erdogan di legare in qualche modo l’attacco ai partiti di opposizione non è passato inosservato, come dimostrano i tweet di diversi giornalisti. Mentre il filmato della diretta Facebook dell’attentato -rimosso dal social network sull’indicazione della polizia neozelandese – veniva proiettato sul maxi schermo, alcune persone intonavano canti religiosi. Nella platea erano presenti anche bambini. L’attentatore


BrentonTarrant, 28 anni,australiano, oltre ad aver mostrato l’attentato su Facebook ha anche pubblicato un manifesto di 48 pagine in cui non mancavano i riferimenti alla Turchia. Alcuni di questi passaggi sono presenti del video di fianco alle immagini dell’attentato. Frasi che riprendono le teorie paranoiche di Tarrant, per cui sarebbe in atto in Occidente una sostituzione della«razza bianca» da parte degli immigrati. Prima un avvertimento ai turchi di rimanere «nelle loro terre, lontani dall’Europa», poi la minaccia di morte nel caso dovessero fare altrimenti. Recep Erdogan è in carica come presidente della Turchia dall’agosto del 2014, dopo essere stato Primo ministro per undici anni e aver sopravvissuto a un colpo di Stato nel 2016. Si è distinto anche per aver allontanato il Paese dalle origini laiche della sua fondazione da parte di Mustafa Kemal Atatürk.


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