La salute dei fiumi e laghi italiani: storie di mala gestione e virtuosismo

Secondo l’ultimo rapporto di Legambiente solo il 43 per cento dei fiumi italiani è in buono stato ecologico. Dalle falde venete inquinate a causa di agenti chimici, alle buone pratiche di pulizie delle sponde del Po in Piemonte: lo stato delle acque in Italia nel bene e nel male

Siccità, acque inquinate e poco tutelate. Fiumi e laghi italiani che non godono di buona salute, minacciati da inquinamento chimico, da uno sfruttamento eccessivo delle attività agricole, e dalla “maladepurazione” che si ripercuote sui corpi idrici.


Secondo la direttiva Quadro Acque lo stato attuale dei corpi idrici italiani vede solo il 43 per cento dei 7.494 fiumi in «buono o elevato stato ecologico», mentre il 41 per cento è al di sotto dell’obiettivo di qualità previsto. Ancora più grave è la situazione dei laghi, di cui solo il 20 per cento è in regola con la normativa europea.


È proprio l’Unione europea a stabilire, a livello comunitario, i parametri e criteri per classificare i corpi idrici in classi di qualità attraverso la Direttiva Quadro sulle Acque e che chiede il raggiungimento o mantenimento del buono stato ecologico entro il 2027, un termine già prorogato rispetto alla data del 2015.

Ma qual è lo stato delle acque italiane? Buone e cattive acque è il report di Legambiente che raccoglie gli esempi virtuosi di una corretta e concreta gestione di questo bene prezioso e della sua tutela. Secondo i dati Ispra recentemente pubblicati le principale cause che ostacolano il raggiungimento degli standard ambientali sarebbero l’agricoltura e l’incontrollato sviluppo urbano. Acque superficiali e sotterranee sono inoltre contaminate da attività industriali.

Cattive abitudini

È il caso dell’Emilia Romagna, dove l’elevato uso di pesticidi a causa delle attività agricole ha colpito diversi bacini idrici che hanno superato i limite cautelativo. Nel 2017 il 64 per cento dei valori presentava almeno un pesticida con l’84 per cento di stazioni inquinate.

La salute dei fiumi e laghi italiani: storie di mala gestione e virtuosismo foto 1

Shutterstock | Lago D’Orta

Anche il Veneto è una delle regioni tra le più colpite, questa volta a causa dell’inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (pfas), nelle falde tra le provincie di Verona, Vicenza e Padova, che metterebbe a rischio la vita di 300mila cittadini. Un inquinamento che ha colpito anche la provincia di Alessandria in Piemonte e il Lago d’Orta contaminato da metalli pesanti e acidificazione della acque. Nel Lazio i ritardi nelle operazioni di bonifica del fiume Sacco stanno mettendo in ginocchio diversi territori.

«Oggi più che mai», chiarisce Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente, «risulta evidente come sia necessario un nuovo approccio gestionale sul tema dell’acqua, con piani strategici che puntano a eliminare gli scarichi inquinanti e a ridurre i prelievi, una misura necessaria per far fronte ai cambiamenti climatici e all’emergenza siccità».

Buone abitudini

Nella giornata mondiale delle acque si raccontano anche storie di buone pratiche e di un’attenta gestione della salute delle acque. Sono le storie delle “acque salvate” che mettono al centro la tutela di questa preziosa risorsa. Come quella del sottobacino Lambro Settentrionale attraverso Volontari per Natura, il grande progetto nazionale di citizen scienze che coinvolge volontari in tutta Italia in attività di pulizia delle sponde del fiume Po e dei suoi affluenti nel territorio piemontese.

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Shutterstock | Lago D’Orta

Tra questi anche il progetto BrianzaStream, in fase di sperimentazione, che attraverso l’utilizzo di droni dà la “caccia” agli scarichi inquinanti che si riversano nel fiume Seveso e nel suo affluente Certesa.

«Il nostro Paese non riesce a uscire da questa persistente emergenza che ha portato all’Italia ad avere quattro procedure di infrazione di cui le prime due già sfociate in condanna, la terza in fase di Commissione europea e l’ultima in fase di messa in mora», ha chiarito Andrea Minutolo, coordinatore dell’ufficio scientifico di Legambiente. Ritardi che: «indicano la necessità di riqualificare o costruire impianti, e investire sulla ricerca e lo sviluppo di sistemi innovativi».

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