Strage di Avellino, ecco perché sono stati assolti i vertici di Autostrade

In 368 pagine di motivazioni, il giudice scrive che i vertici non erano vincolati al controllo di garanzia sulle decisioni dei singoli dirigenti

I dirigenti di Autostrade non sono colpevoli per la strage del viadotto diAvellino, perché non avevano nessun obbligo di garanzia rispetto a quello che facevano i dirigenti locali. È forse questo il passaggio più rilevante delle 368 pagine di motivazioni della sentenza che lo scorso 11 gennaio ha portato aotto condanne e sette assoluzioni per i fatti del 28 luglio 2013, quando sulla via del ritorno da Pietralcina un bus turistico precipitò dal viadotto dell’autostrada A16 Napoli Canosa, portando con sé40 vittime su 48 passeggeri. Una lettura che potrebbe avere conseguenze anche per un’altra tragedia: quella del crollo del ponte Morandi a Genova.


L’11 gennaio sono stati assolti l’amministratore delegato di Autostrade per l’Italia Giovanni Castellucci, l’ex direttore generale Riccardo Mollo, Marco Perna, Massimo Fornaci, Antonio Sorrentino e Michele Maietta, per i quali la Procura irpina aveva chiesto 10 anni di reclusione. Condannatiinvece, tra gli altri, a 6 anni i dirigenti di Aspi Nicola Spadavecchia e Gianluca De Franceschi, a 5 anni Paolo Berti, Michele Renzi, Bruno Gerardi e Gianni Marrone.


Strage di Avellino, ecco perché sono stati assolti i vertici di Autostrade foto 1

Ansa|Il luogo della strage del bus di Avellino

A proposito dei dirigenti di Autostrade, il giudice Luigi Buono scrive che è vero che se il viadotto fosse stato ben tenuto e manutenuto, il pullman guasto non sarebbe mai precipitato. Ma non spettava ai manager di Aspi controllare.

Non può affermarsi la sussistenza in capo ai soggetti indicati di una posizione di garanzia né di fonte legale o convenzionale, né derivante da comportamenti concludenti che si traduca nell’esercizio di fatto del potere dovere di gestione della fonte di pericolo, non risultando che gli stessi abbiano in concreto mai assunto, sostituendosi ai direttori di tronco e responsabile di esercizio, la concreta gestione del rischio derivante da un inadeguato svolgimento delle attività di monitoraggio delle Infrastrutture autostradali e in particolare delle barriere di sicurezza.

Questo non vuol dire che la manutenzione da parte di Autostrade sia stata sufficiente. Anzi:

L’affermazione dei consulenti tecnici di Autostrade per l’Italia secondo cui il problema non era conosciuto deve ritenersi, ad avviso del perito, grave efuorviante se si considera che lungo le strade con particolare riguardo a qualsiasi opera in calcestruzzo armato gli effetti dei sali disgelanti a base di cloro costituiscono un atavico problema, superato spesso solo con i rifacimenti fisici degli stessi manufatti.

Uno dei problemi è stata certamente «la scelta di non sostituire le barriere ubicate dal viadotto Acqualonga, adottata dal progettista, di concerto con la sua linea, in un momento successivo a quello dell’approvazione del piano di riqualifica”, che includeva gli interventi erano compresi.

All’individuazione e alla sostituzione delle barriere, scrive il giudice, «hanno sicuramente partecipato nelle loro rispettive qualità Fornaci e Perna», sotto la supervisione di Mollo, ma l’esclusione di quei new jersey dagli interventi, «non può rappresentare una violazione della norma».

Insomma, non è colpa dei vertici, scrive il giudice, se non sono state cambiate le barriere, perché non sono, «state violate regole precauzionali di diligenza, prudenza e perizia».

La decisione del giudice ha fatto molto discutere. Al momento della lettura della sentenza, i famigliari delle vittime avevano protestato accusando il giudice con parole pesanti.La sua decisione sarà rivalutata in appello.

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