Svolta su Regeni, a un passo dalla verità. Uno dei 5 indagati ha ammesso: «Lo uccidemmo noi»

«Ci convincemmo che era una spia e scoprimmo che il 25 gennaio doveva incontrare una persona che ritenevamo sospetta. Per questo entrammo in azione»

Siamo nel 2017. Al tavolo di un ristorante di un Paese africano non ancora reso noto sono seduti gli uomini dell'intelligence. Parlano dellasicurezza interna dell'Egitto con un ufficiale ai vertici della National Agency Security egiziana che confessa, sia pur indirettamente, la sua partecipazione al sequestro di Giulio Regeni.«Caricammo il ragazzo in macchina e io stesso lo colpii più volte duramente al volto. Credevamo fosse una spia inglese». Alla conversazione assiste un "supertestimone" – la cui identità non è ancora stata rivelata -che ha raccontato tutto alla procura di Roma, facendo luce per la prima volta sui fatti di quel25 gennaio 2016, quando si persero le tracce di Giulio.


A raccontare gli ultimi sviluppi sul caso del ricercatore friulano, trovato morto al Cairo il 3 febbraio 2016, sono La Repubblica e ilCorriere della Sera. Ora laprocura di Roma ha trasmesso una rogatoria ai colleghi del Cairo: le autorità egiziane sono le uniche in grado di confermare conesattezza gli spostamenti e i colloqui intrattenuti dallo 007 del loro Paese durante l'estate del 2017.È l'atto di cui ha parlato il premier Giuseppe Conte nel colloquio intrattenuto in Cina col presidente egiziano Al-Sisi.Il funzionario di cui parla il supertestimone è uno dei cinque indagati dai magistrati romani: a gennaio, Open vi aveva mostrato in esclusiva i loro nomi e i loro volti.


Il pranzo tra 007 africani

Al ristorante, gli 007 parlano di come l'Egitto stia affrontando l'opposizione interna. Al tavolo accanto, un funzionario staascoltando tutto ciò che l'ufficiale al servizio di al-Sisiracconta sul«ragazzo italiano». La testimonianza dell'uomo è ritenuta attendibile perché i dettagli sulla vicenda sono corretti e, inoltre, ci sono evidenze che quel pranzo sia realmente avvenuto, con quei commensali che lui stesso cita.

Il supertestimone è certo che la confessione arrivi daun ufficiale della National agency security egiziana. L'identificazione dell'uomo di al-Sisi avviene in modo semplice: a fine pranzo i due si scambiano i propri biglietti da visita. Ma l'ufficiale dell'Egitto non si era reso conto che chi gli aveva chiesto i riferimenti l'aveva ascoltato durante tutta la durata del pranzo. Seduto al tavolo accanto, aveva parlato liberamente deipedinamenti, delleintercettazioni telefoniche fatte a Regeni fino al 24 gennaio del 2016: tutte le prove del coinvolgimento della sicurezza di al-Sisi insomma. Adesso i magistrati italiani attendono la risposta della procura del Cairo: è necessaria la loro collaborazione per confermare le accuse contro l'ufficiale, già tra i 5 uomini di rilievo iscritti al registro degli indagati della procura di piazzale Clodio.

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Le tappe della vicenda

25 gennaio 2016: tra le 19:30 e le20:00 Giulio Regeni scompare al Cairo dove viveva dal settembre 2015 per svolgere la sua ricerca di dottorato per l'Università di Cambridge. Quella sera,da casa sua nel quartiere di Dokki, si sta dirigendo alla fermata Naguib: doveva incontrare un suo amico che però non l'ha mai visto arrivare;

3 febbraio 2016: il ministro delle Attività produttive, Federica Guidi, è in visita istituzionale in Egitto. Nel pomeriggio esce la notizia del ritrovamento del corpo di Regeni sul ciglio di una superstrada alla periferia del Cairo. Mentre la stampa nazionale già scrive di evidenti segni di tortura, parte il primo depistaggio: il capo della polizia di Giza, Khaled Shalaby, sostiene che si è trattato di un incidente stradale;

4 febbraio 2016: le autorità italiane smascherano il primo tentativo di depistaggio. Il corpo di Regeni racconta di violenze inaudite, fratture e segni di tortura. Il Governo italiano e il presidente della Repubblica Mattarella intervengono immediatamente per chiedere risposte dall'Egitto;

6 febbraio 2016: archiviato l'incidente stradale, le autorità egiziane provano a sviare le indagini e ad ammortizzarele pressioni dell'estero. Omicidio a sfondo sessuale, rapina, droga. Le provano tutte, ma escludono che«Regeni sia stato ucciso per motivi politici»;

12febbraio 2016: cresce la mobilitazione internazionale. Il New York Times pubblica un articolo in cui si parla di partecipazione delle autorità egiziane e, il giorno dopo, sulla prima pagina del cartaceo un editoriale accusa direttamente le più alte cariche dei servizi egiziani;

24 marzo 2016: al-Sisi ha promesso massimo impegno.La polizia egiziana, in uno scontro a fuoco, uccide cinque presunti criminali. Nella loro abitazione vengono trovati i documenti di Giulio Regeni.«Sono gli assassini del ragazzo italiano», afferma la polizia;

26 marzo 2016: non passano nemmeno 48 ore e si scopre che si è trattato dell'ennesimo depistaggio. I famigliari delle vittime dello scontro a fuoco dichiarano che era stata la stessa polizia a introdurre quei documenti (in parte falsi) a casa loro;

8 aprile 2016: l'Italia richiamal'ambasciatore Maurizio Massari dall'Egitto.«C'è scarsa collaborazione da parte delle autorità egiziane»;

25 gennaio 2017: "365 giorni senza Giulio". Migliaia di persone in 24 città italiane scendono in piazza per ricordare la scomparsa di Giulio Regeni, grazie alla mobilitazione diAmnesty International Italia;

13 ottobre 2017: nasce la scorta mediatica per Giulio Regeni. La Federazione nazionale della stampa italiana presenta la scorta mediatica con il compito di proteggere il ricercatore da attacchi e offese alla sua storia, alla sua dignità, alla sua limpidezza di comportamento e d’intenti. La scorta ha anche lo scopodi tutelare i suoi difensori da attacchi alla loro sicurezza e incolumità;

25 gennaio 2018: «Venticinque gennaio 2018, due anni senza Giulio. Un tempo enorme per avere risposte sul sequestro, tortura ed uccisione del nostro caro Giulio». Inizia così il videomessaggio lanciato dai genitori del ragazzo;

11 maggio 2018: la polizia egiziana arresta Amal Fathy, attivista e sostenitrice della famiglia Regeni al Cairo. Le forze dell'ordine irrompono in casa sua e l'arrestano con l'accusa di terrorismo e di utilizzo di internetper diffondere false ideologie e false notizie danneggiando la sicurezza del Paese;

29 maggio 2018: il pm della procura di Roma, Sergio Colaiocco, ha ricevuto dalla Procura Generale egiziana le immagini registrate dalle telecamere di sorveglianza della metropolitana la sera del 25 gennaio 2016. Ma ai pm italiani viene consegnato solo il 5% del filmato totale, tra l'altro consegnato con enorme ritardo rispetto alla richiesta dei giudici;

25 gennaio 2019: tre anni senza Giulio. Tre anni senza verità.

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