Rosarno, bracciante della Costa D’Avorio trovato morto in un agrumeto. La denuncia dei sindacati: ucciso con forbici da lavoro

A colpire particolarmente è stata la natura cruenta del decesso

Ancora una morte nelle campagne calabre. Ancora un decesso legato alle condizioni di vita dei braccianti che lavorano nella raccolta agricola. È arrivata oggi, 7 novembre, la notizia della morte di Ousmane Keita, un ragazzo di 22 anni originario della Costa d’Avorio.


Il corpo del giovane è stato ritrovato con un paio di cesoie conficcate tra il collo e la testa in un agrumeto nelle campagne di Rosarno, contrada “Bosco”, in provincia di Reggio Calabria. Il corpo di Ousmane era poco distante dalla baraccopoli di San Ferdinando dove risiedeva.


Il ghetto era stato sgomberato a marzo di quest’anno, ma molti dei migranti che l’abitavano non hanno trovato una soluzione alternativa e sono rimasti a vivere nella tendopoli sorta nella stessa zona.

Ora i carabinieri della Compagnia di Gioia Tauro, diretti dalla Procura della Repubblica di Palmi, indagano sulle circostante della morte, valutando l’ipotesi dell’omicidio. Le forbici sono del tipo usato per tagliare i rami delle clementine, un tipo di mandarino coltivato nell’agrumeto. Per accertare le cause del decesso, è stata disposta l’autopsia.

Gli appelli dei sindacati

«Il corpo senza vita di Ousmane Keita – scrive su Facebook l’ex bracciante e sindacalista USB ivoriano Aboubakar Soumahoro – un bracciante 22enne originario della Costa d’Avorio, è stato ritrovato con un paio di cesoie conficcate in gola nelle campagne di Rosarno. Condoglianze e vicinanza ai famigliari. Chiediamo piena luce su questa vicenda».

Anche Davide Fiatti, segretario nazionale della Flai-Cgil, è intervenuto in merito alla natura cruenta del decesso. «La morte di un lavoratore ivoriano, impegnato nel lavoro nei campi nella zona di Rosarno – ha detto – ci lascia profondamente addolorati e preoccupati, anche per la natura cruenta del decesso. Keita Ousmane, infatti, è stato trovato con un paio di forbici da lavoro conficcate nel collo».

«Siamo fiduciosi – ha aggiunto – che dalle indagini emergano con chiarezza le cause della morte e confidiamo nel serio lavoro degli organi inquirenti, delle forze dell’ordine e delle autorità tutte. Una chiarezza necessaria soprattutto in un contesto come quello della Piana di Gioia Tauro, dove sono impegnati nella stagione di raccolta tanti lavoratori, che già vivono quotidiane situazioni di difficoltà e precarietà».

«In questo momento – ha concluso Fiatti – ci stringiamo nel dolore ai familiari e agli amici di Keita e siamo loro vicini nella ricerca della verità».

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