Open Arms, la Giunta salva Salvini e rinfiamma la maggioranza. M5S: Italia Viva? «Vogliono solo dimostrare di esistere»

Pesano, sull’esito di oggi, l’astensione dei renziani e i voti di una senatrice dissidente del M5s e di un ex, Giarrusso

In fondo, nel voto di oggi della Giunta per le immunità del Senato che salva, per il momento, Matteo Salvini da processo per sequestro di persona sul caso Open Arms, ci sono tutte le contraddizioni della maggioranza di governo. Che è e che fu. E ci sono le fragilità che potrebbero farla cadere. Ma non ora, un’altra volta, più in là: i renziani contro, e i dissidenti di ieri e di oggi dei 5 Stelle. Con Giuseppe Conte oggi alla guida di una – un tempo – assai improbabile alleanza tra il Pd, il Movimento 5 Stelle e la nuova creatura a un certo punto creata dalla scissione di Matteo Renzi dal Pd, Italia Viva. E già a capo di una (per alcuni meno improbabile) maggioranza altra, quella che vedeva insieme Lega e Movimento 5 Stelle, accartocciatasi su se stessa proprio dopo il caso Open Arms. In mezzo, come già successo, il destino di 163 persone salvate dalla Ong nel Mediterraneo centrale durante tre diverse operazioni di salvataggio e che hanno trascorso 21 giorni in mare, 7 dei quali di fronte alle coste di Lampedusa, prima di toccare terra.


La richiesta di autorizzazione a procedere

Il leader della Lega – che deve anche rispondere, il prossimo 3 ottobre, davanti al Giudice dell’udienza preliminare di Catania, per la vicenda della nave Gregoretti – per il caso Open Arms è accusato di plurimo sequestro di persona e rifiuto ed omissione di atti d’ufficio per il blocco della nave spagnola nel periodo di Ferragosto 2019 al largo di Lampedusa. «Atto amministrativo e non politico» secondo i giudici di Palermo, preso da Salvini, allora agli Interni, in autonomia, senza coinvolgimento del governo, e «ignorando l’emergenza sanitaria a bordo di cui il Viminale era a conoscenza». Il presidente della giunta, l’azzurro Maurizio Gasparri, ha proposto che la richiesta di autorizzazione a procedere venga respinta.


Di equilibri e bluff

Il voto di oggi, in teoria, doveva rispecchiare nei 23 componenti l’equilibrio di forze di maggioranza e opposizione. E in fondo alla fine è così: racconta di un partito, quello di Matteo Renzi, che non raggiunge neppure il 3% secondo gli ultimi sondaggi ma che ancora una volta – come già accaduto per le mozioni di sfiducia al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede – riesce a far parlare di sè, almeno per qualche ora, e a provare a far pesare la sua presenza sugli alleati.

Ma anche di un Movimento 5 Stelle in cui – scava scava – il/la dissidente esce sempre fuori. Perché non basta Italia Viva. «Faccio notare che 13 senatori hanno votato a favore della mia relazione, 7 contro», dice il presidente della Giunta Maurizio Gasparri. «L’esito sarebbe stato comunque favorevole alla mia relazione anche a prescindere dai tre senatori di Italia Viva che hanno deciso di non partecipare al voto». E infatti alla decisione dei renziani si sono aggiunti i voti decisivi – contrari all’autorizzazione al rinvio a giudizio di Salvini – di una attuale senatrice 5 Stelle e di un ex.

«Non so se per me ci saranno conseguenze», dice Alessandra Riccardi, la senatrice M5s che ha votato in dissenso con il suo partito. «Io ho votato secondo coscienza. Quindi, nel caso, sono pronta a prendermi le mie responsabilità». Assicura che per lei non sarebbero pronti cambi di gruppo. Così come smentisce seccamente e «una volta per tutte» un presunto passaggio alla Lega l’altro portatore del voto decisivo, Mario Giarrusso, ex 5 Stelle passato al Misto. «Sono loro che hanno cambiato idea, io sono coerente», dice. E “loro” sono i suoi ex compagni di Movimento, «l’unico partito che io abbia conosciuto».

La parola all’aula

Non solo. In tutta evidenza, l’effetto del voto di oggi è temporaneo e reversibile: questa è la giunta, ma la decisione decisiva arriverà entro un mese con il voto dell’aula del Senato. E su questo, dice Italia Viva, nulla è scritto. D’altro canto le ragioni della non partecipazione al voto vengono spiegate con una necessità di approfondimento degli elementi su cui basare la propria decisione.

Ma soprattutto «la motivazione principale per cui Italia Viva decide di non partecipare al voto risiede però nel fatto che, dal complesso della documentazione prodotta, non sembrerebbe emergere l’esclusiva riferibilità all’ex Ministro dell’Interno dei fatti contestati», dice il capogruppo di Iv in Giunta, Francesco Bonifazi, in una nota.

I renziani chiamano in causa gli alleati 5 Stelle (all’epoca dei fatti alleati invece della Lega) e il capo del governo, di allora e di ora. Italia Viva? «Vuole solo dimostrare di esistere», dice a caldo la senatrice 5 Stelle Elvira Evangelista. «Esistiamo, trattiamo, ragioniamo». E per ottenere cosa? «Questo dovete chiederlo a loro».

«La nostra non è una scelta politica ed è noto il giudizio che abbiamo delle politiche migratorie di Salvini», dice Nadia Ginetti, componente di giunta in quota Italia Viva. «E sul risultato finale di oggi il nostro voto è stato ininfluente. La decisione vera sarà in aula: su quella non c’è nulla di scontato», spiega.

Di certo, a bocce ferme, i grillini non sembrano, questa volta, volerci cascare.

Lo stesso Pd minimizza, con l’unica dem rimasta in giunta, Anna Rossomando, che si limita a ribadire la sua posizione («Dovevamo decidere se si possono trattenere oltre 150 persone in mare in precarie condizioni di salute per mera convenienza politica. Per noi questo non è un interesse pubblico a cui sacrificare la libertà e la salute delle persone») e a rimandare all’esito dell’aula.

Troppo recente, forse, è il tira e molla sulla questione Bonafede (e che nulla sarebbe successo, già allora, era evidente ai più), preceduto dalla battaglia – di contenuto – sulla regolarizzazione dei lavoratori stranieri portata avanti (e vinta) dalla ministra renziana Teresa Bellanova.

All’orizzonte c’è ora la riforma Giustizia. E prima ancora i destini della Rai, con un amministratore delegato, Fabrizio Salini, fortemente sponsorizzato dai 5 Stelle e ora dato sulla via delle dimissioni anticipate, e un suo successore che potrebbe essere scelto da un inedito asse Franceschini-Renzi. Sono questi i terreni di gioco?

Sullo sfondo, una crisi sanitaria che dura da mesi, un virus con cui di fatto l’Italia deve e dovrà convivere. E una gestione che deve passare, questa la spinta di parti della maggioranza, dal one man show di Conte e dei suoi dpcm della prima fase dell’epidemia a una collegialità in cui i protagonisti cercano la loro voce.

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