Abbiamo ascoltato anche noi il nuovo album di cover di Achille Lauro: vince “Sweet Dreams” degli Eurythmics

Non è solo il brano del 1982 a essere finito nelle grazie del cantante: ci sono anche gli Eiffel 65 e Alexia. Ma il rifacimento della hit cantata da Annie Lennox batte tutti

Il mondo aveva bisogno di altre cover delle cover di altre cover? Evidentemente sì, visto che Achille Lauro ci ha fatto un disco intero. Ha infatti voluto rendere omaggio al suo anno di nascita, il 1990 – che è anche il titolo dell’album -, con un viaggio tra le hit di quell’epoca. I 7 brani includono Be My Lover dei La Bouche, Scatman’s World’ di Scatman John, Sweet Dreams (Are Made of This) degli Eurythmics (riportata al successo proprio negli anni Novanta da Marylin Manson), Me and You di Alexia, The Summer Is Magic di Playahitty, Blue (Da ba dee) degli Eiffel 65 e Illusion di Benny Benassi. Ma è certamente il successo che fu di Annie Lennox e della sua band ad essere uno dei rifacimenti più curiosi di tutto l’album.


Sweet Dreams, pezzo iconico della cultura anni ’80 – era il 1982 -, non ha bisogno di spiegazioni. Bastano le prime note per cominciare a ballare, è riconoscibile da tutti, grandi e piccini. Pure dalle generazioni che non ti aspetti lo conoscano. Ed è uno dei brani con più cover all’attivo che si siano mai viste: come quella del 1995 di Marylin Manson che, forse, è riuscito a donarle un’ulteriore consacrazione.


E anche Lauro ci è arrivato. Ha preso la melodia portante, ha estratto i giri di note del ritornello e li ha messi nella sua Sweet Dreams. Però l’intera struttura l’ha rigenerata, a suo modo. Piaccia o non piaccia – i puristi potrebbero pure gridare allo scandalo – il cantante dall’aria malinconica ha stravolto un must della cultura pop. Con Achille, il celebre successo degli Eurythmics diventa qualcosa di molto vicino a un inno d’amore. Attento come sempre, nella scrittura piazza strizzate d’occhio ai miti popolari come la Ferrari, la serie cult Breaking Bad, e Beverly Hills 90210.

Ora si attende il giudizio di chi non ama l’intrusione dei nuovi divi della cultura musicale nelle opere del passato. Di chi pensa che alcuni prodotti, resi immortali da chi li ha intonati e dall’epoca in cui sono stati creati, non possano essere nemmeno sfiorati. E ad “Achille Lauro, il profanatore”, il passo è breve. O forse ci siamo già arrivati.

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