«Siamo la nuova terra dei fuochi»: ad Aprilia da una settimana brucia l’ennesimo impianto di rifiuti e gli abitanti chiedono aiuto

«Zingaretti non si è fatto vivo e anche i media hanno deciso di ignorarci», la popolazione non sa a chi rivolgersi. L’incendio dell’impianto Loas ha emesso nell’aria diossine, benzopirene e bpc con livelli fino a sei volte superiori rispetto agli incendi precedenti

Sono le 19.30 di domenica 9 agosto e una colonna di fumo inizia a salire in via dei Giardini ad Aprilia, in provincia di Latina. È la Loas che brucia, l’azienda di rifiuti speciali non pericolosi, situata nella zona industriale della città. Tre capannoni e un piazzale. 140mila tonnellate di stoccaggio, 1900, di plastica, carta e vetro, consentite nello spazio esterno.


La gente si tappa in casa, la gola comincia a bruciare, l’odore diventa insopportabile. I dati dell’Arpa Lazio (Agenzia Regionale Protezione ambientale del Lazio) presto parleranno di valori mai registrati in nessun altro incendio di quelle zone. Dalla sera di domenica scorsa le squadre di vigili del fuoco e protezione civile non riescono a spegnere del tutto le fiamme, che a causa dei venti e dello smistamento dei materiali da parte degli operatori, continuano a divampare.


I valori della nube tossica intanto cominciano a circolare. Quattro bollettini dell’Arpa, l’ultimo quello del 14 agosto, cinque giorni dall’inizio del disastro. «I valori riscontrati sono leggermente in crescita rispetto a quelli emersi dal campione precedente e quindi ancora sopra gli standard di riferimento» si legge nel rapporto. Ormai quasi una settimana di rilevamenti, con dati iniziali che hanno sconvolto centinaia di cittadini.

Pericolo diossina

Diossine pari a 303 pg/mc, un valore quattro volte superiore rispetto al più recente rogo dell’azienda Eco-X avvenuto a Pomezia nel 2017, quando il dato era di 77,5 pg/mc. Una quantità di Benzoapirene, sostanza altamente cancerogena, 216 volte superiore rispetto al limite annuale previsto dalla normativa. I BPC (policlorobifenili), altamente tossici, sono stati rilevanti in una presenza di 6 volte superiore a quella dell’incendio Eco-X, 2361 pg/m3 contro 394 pg/m3.

Mentre la nube nera continua ad essere visibile dai comuni limitrofi, Anzio, Nettuno, Ardea e Pomezia, l’ordinanza del sindaco Antonio Terra invita tutti i residenti, nella zona fino a 2km di distanza dal disastro, a stare dentro casa. Finestre chiuse e divieto di raccolta dei prodotti agricoli mentre il Comune di Aprilia chiede lo stato di calamità e di emergenza per i danni ambientali causati.

La nuova terra dei fuochi

«Siamo la nuova terra dei fuochi», Emanuela vive a meno di un 1 km e mezzo dall’impianto. Il figlio, 13 anni, affetto da una malattia cronica ai polmoni, «da giorni va avanti a bomboletta e cortisone». Non smette di definirsi una madre disperata che da anni nutre il desiderio di andarsene «da una terra malata». Chiusa in casa da una settimana h24, si sente abbandonata da istituzioni e amministrazione a cui chiede aiuto da giorni per poter almeno momentaneamente portare via suo figlio, lontano dalla nube tossica che non lo fa respirare.

Asciugamani intorno alle finestre, tutto sigillato da giorni, insieme ai filtri dei condizionatori, fino a quel momento puliti, «diventati completamente neri. Dopo la paura del Covid questa non ci voleva» racconta, «”chi può si allontani dalla zona” ci hanno detto, ma sono sola insieme a mio figlio, dove vado allo sbaraglio?», conclude.

Allontanandosi di qualche chilometro dalla Loas, la situazione non migliora. Sonia Picozzi, presidente del Consorzio cittadino Colle dei Pini Casello 45, da giorni ormai ha imparato gli orari in cui la nube tossica inizia ad entrare dentro casa, portata dai venti. «I valori sono sconvolgenti, ormai mettiamo una sveglia intorno alle cinque del mattino, orario in cui il fumo comincia a vedersi e a sentirsi, per poter chiudere tutto. Siamo a 4km di distanza, il bruciore alla gola non smette ormai da giorni. Quando tra un po’ di anni cominceremo a parlare di tumori, con chi ce la prenderemo?».

Anche Sonia racconta di una terra ammalata, con discariche a cielo aperto «molte non autorizzate, in ogni capannone abbandonato. Vicino alla Loas c’è una casa colonica piena di rifiuti, troviamo amianto per le nostre campagne. Dov’è il presidente della Regione Zingaretti? Perché non lo abbiamo visto in questi giorni, perché non si è espresso?» si chiede Sonia, «qui si muore mentre l’amministrazione ha già cominciato il solito scarica barile» conclude.

La denuncia del sindaco

Mentre la popolazione chiede aiuto alle autorità e anche ai mezzi di comunicazione «che a differenza di quanto è successo con altri incendi accaduti in precedenza hanno deciso di non parlare della tragedia che si consuma nelle nostre terre», il sindaco di Aprilia fa sapere ad Open quali sono a suo parere le effettive responsabilità del caso.

«La zona artigianale della nostra città è gestita dal Consorzio per lo sviluppo industriale Roma- Latina, quindi un organo sovracomunale» dice prima di tutto Antonio Terra. «In questa materia i sindaci sono esautorati dall’avere la potestà di poter decidere se l’azienda può essere autorizzata o meno. Entriamo nelle conferenze certo ma i nostri pareri contano molto poco». Il sindaco parla di crisi totale degli ingranaggi della filiera dei rifiuti, «in questo momento in apnea», di stoccaggi al massimo della capienza, «con tutte le problematiche che ne conseguono». Riguardo all’eventuale surplus di stoccaggio presente nel piazzale della Loas, Terra sembra non considerarne la centralità:« Anche se lo stoccaggio dell’azienda, autorizzata attualmente con 140 mila tonnellate di rifiuti, fosse stato in eccesso, questo risulterebbe un dato irrilevante laddove le indagini individuassero una natura dolosa».

La giungla amministrativa

Il calvario delle procedure di autorizzazione della Loas dipingono uno scenario di gravi mancanze amministrative. Nel 2009 l’impianto viene autorizzato per la prima volta con uno stoccaggio annuo di 36mila tonnellate. Cifra che nel 2013 sale a 140mila tonnellate di rifiuti. Due anni dopo, attraverso la Provincia, Arpa Lazio diffida l’azienda a seguito di un sopralluogo e dell’individuazione di elementi non conformi alla gestione dei rifiuti. Dopo un collaudo definitivo nel 2017, il nullaosta viene concesso. Pochi mesi dopo il proprietario della Loas viene arrestato. Coinvolto nell’inchiesta Dark Side, viene ritenuto colpevole di interramenti abusivi presso la cava di via Corta ad Aprilia. A luglio del 2019, e a scadenza dei dieci anni di autorizzazione prevista dalla normativa, si comincia a parlare di rinnovo dell’impianto Loas.

Ma ecco che arriva la proroga per ben due volte. Una, a detta del sindaco, per Coronavirus, l’altra per problemi tecnici della Provincia. A parlarne è il consulente tecnico del Tribunale di Latina per le questioni ambientali, Giorgio Librarato:«Le due proroghe, quella di dicembre 2019 e quella di giugno 2019, vengono date dalla provincia di Latina dal settore di ecologia ed ambiente perché non ha, così si legge, «la capacità tecnica e amministrativa per esaminare la pratica», spiega, «per cui si rilasciano questi due rimandi senza esaminare la pratica. Prassi che potrebbe andar bene per una questione di scarsa importanza, ma non per un’azienda di una mole del genere» commenta Librarato.

Nel frattempo un nuovo rogo

Intanto il 14 agosto la notizia di un nuovo rogo verso Pomezia si diffonde tra la popolazione. Giampiero Bazzucchi, alla guida del consorzio cittadino Campo di Carne, il quartiere interessato all’incendio Loas, ad avvistare la nuova colonna di fumo:«Stamattina un altro fuoco verso Pomezia, è sicuramente plastica perché vedo fumo nero». Di lì a poche ore si saprà di un incendio nella zona Camilleri di Fossignano, una frazione di Aprilia. «La Loas è una piccola parte», continua Bazzucchi,«nell’arco di 3 km in questa zona, tra biogas, discariche di plastica e dell’umido, realtà abusive e non, stiamo facendo denunce da almeno dieci anni».

I fumi tossici continuano a salire anche a distanza di giorni dall’impianto Loas

Alla lamentela di Bazzucchi sulla totale assenza di controlli, anche delle ordinanze comunali emesse, il sindaco Terra risponde: «Nel caso della Loas stiamo parlando di 1900 tonnellate permesse nel piazzale. Dovremmo mettere un vigile urbano tutti i giorni a misurare base per altezza e peso specifico di movimentazioni che vengono fatte in continuazione: il problema di fondo è un altro, possiamo autorizzare ancora impianti del genere e in quali aree?».

Alla ricerca del protocollo antincendio

Nello scaricabarile generale spunta anche un altro rilevante dettaglio, quello del protocollo antincendio, a quanto pare risalente all’autorizzazione del 2009 e quindi attualmente scaduto. L’intervento dei vigili del fuoco è stato dichiarato a seguito dell’atto di richiesta da parte dell’azienda di un ampliamento del piazzale nel 2019, che quindi non riguardava l’autorizzazione complessiva dell’impianto.

«Nell’autorizzazione di ampliamento del piazzale del 2019 c’è il parere dei vigili del fuoco con delle piccole prescrizioni di adattamento», racconta il sindaco. «Ma le prescrizioni sono state fatte da un parere già esistente». Poco importa, o forse no, se quel parere risalga a dieci anni fa. «Su questo noi non c’entriamo», sottolinea il primo cittadino.

In quanto alla diffida fatta da Arpa Lazio, torna a dire Librarato, «è poi rientrata, ma di fatto non c’è traccia della asseverazione degli adempimenti che si fanno in questi casi per il rinnovo». Non ci sarebbe traccia dunque del certificato da parte della ditta riguardo alla conformità alle norme prescritte. In quanto ai pareri dei vari enti, l’ultima autorizzazione per l’ampliamento «è stata data con il silenzio-assenso di Regione Lazio, Area Via, Area rifiuti, così come quello di Arpa e Asl» continua Librarato.

A rispondere è l’Arpa Lazio che spiega attraverso il Direttore Tecnico Rossana Cintoli come molte autorizzazioni per diversi impianti «in realtà vengano rilasciate senza il parere dell’ente, che non risulta obbligatorio tranne che per impianti di certe dimensioni». Cintoli inoltre conferma, pur rimanendo sul vago, le inadempienze che Arpa segnalò all’impianto Loas anni fa: «Credo che ci sia stato un controllo ma non ho sottomano il verbale. È possibile che le non conformità fossero legate alla gestione dei rifiuti, ambito che rientra nelle nostre competenze di controllo».

Il raggio della nube tossica

I valori delle sostanze tossiche nell’aria di Aprilia e comuni limitrofi sono ancora alti. Mentre il sindaco di Anzio annuncia la possibilità di dichiararsi parte civile, i cittadini di Aprilia pregano che i valori comincino a rientrare nella norma. «L’ordinanza preventiva emessa dal sindaco comprende la zona che si estende non oltre i 2km dall’impianto, ma la nuvola di fumo è arrivata ben oltre», spiega preoccupata Sonia Picozzi.

A questo proposito l’Arpa spiega come il gap sia inevitabile:« Non possiamo purtroppo sapere con certezza il raggio di azione. Per captare la maggior parte dei dati e capire l’evoluzione della situazione normalmente mettiamo il nostro campionatore il più possibile vicino alla fonte degli inquinanti, non ci posizioniamo a diverse distanze». Le misurazioni sono state eseguite a circa un centinaio di metri dall’impianto della Loas la notte stessa dell’incendio.

Primo rapporto Arpa Lazio sulla nube tossica dell’impianto Loas

«Essendo un modello di previsione della probabilità è facile che ci siano anche delle altre zone in cui è stato sentito il fastidio, ma non possiamo stabilire con quale intensità al momento» continua Cintoli. Una verifica che potrà essere fatta soltanto a posteriori, quando attraverso le analisi delle acque, i campionamenti sullo strato superficiale del terreno e sui vegetali si potrà sapere qualcosa in più «sul modello di ricaduta degli inquinanti».

«La terra dei fuochi»

Intanto le aziende agricole sono ferme, vietato anche il consumo di verdure e ortaggi, fino a nuova ordinanza, mentre i cittadini cercano di unirsi in un destino comune di abbandono rivendicato da anni. «La situazione del basso Lazio, che comprende Aprilia e Latina, quarta e seconda città della regione, è descritta nella relazione contro le ecomafie del 2017 in modo esplicito», spiega Librarato.

Fanno da eco i due più grandi impianti di compostaggio della provincia, entrambe sequestrati dalla procura. Stessa sorte per la discarica di Borgo Montello, la seconda più grande del Lazio dopo Malagrotta, e attualmente affidata all’agenzia dei beni confiscati alla mafia. «Non dimentichiamo che le stesse società che hanno operato nella terra dei fuochi sono in molti casi le stesse che hanno operato in provincia di Latina, di cui Carmine Schiavone ha parlato in interviste e deposizioni» racconta Librarato.

Foto Arpa Lazio del piazzale dell’ impianto Loas ad Aprilia

Fatti non isolati, con dinamiche simili tra loro, che da anni avvelenano una delle terre più intossicate d’Italia. A parlare sono anche gli studi medico-scientifici: nel 2018 Aprilia ha registrato i tassi di mortalità per tumore più altri rispetto a tutta la provincia di Latina e alla media regionale. L’ eccesso di incidenza e mortalità rispetto alla regione Lazio è stato registrato per il tumore del polmone e allo stomaco.

Nessuna novità sulle indagini che potrebbero dire di più sulla natura dell’incendio Loas ad Aprilia. Intanto le finestre delle abitazioni rimangono serrate.

Foto in copertina: Arpa Lazio

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