I numeri in chiaro. Il fisico Sestili: «Il contagio rallenta? Effetto del Dpcm del 24 ottobre»

di Felice Florio

Per il fisico, che studia l’andamento dell’epidemia dallo scorso febbraio, i dati di oggi rivelano «più notizie positive che negative». Anche per i decessi «dovremmo iniziare presto a vedere una flessione del dato»

Guardando i numeri assoluti, il bollettino della Protezione Civile dell’11 novembre è particolarmente indicativo della situazione epidemiologica in Italia. Sfondato il tetto del milione di casi di positività al Coronavirus, superata la soglia del 3 mila terapie intensive occupate e 613 mila cittadini hanno un’infezione al Sars-CoV-2 attiva: l’1% dell’intera popolazione. Eppure, il fisico e divulgatore scientifico Giorgio Sestili, che da febbraio analizza i trend dell’epidemia, legge «più notizie positive che negative» nei dati odierni.


Partiamo dalle notizie positive.


«Per la prima volta, dopo tanto tempo, i nuovi casi positivi diminuiscono all’aumentare dei tamponi. Questa è la vera novità di oggi. Nei bollettini dell’ultimo periodo, le nuove infezioni scendevano solo quando calavano i tamponi, tipicamente la domenica e il lunedì. I contagi dell’11 novembre, rispetto a ieri, sono circa 2 mila in meno. Infatti, anche il rapporto positivi/tamponi è sceso al 14,6%, mentre ieri eravamo al 16,1%».

Da quanto tempo il rapporto non scendeva sotto il 15%?

«14,6% è un valore che non registravamo da circa due settimane. Questo è uno degli aspetti migliori della giornata».

Vero, però è più indicativo il rapporto positivi/casi testati.

«Se invece del rapporto tra positivi e tamponi consideriamo i casi testati, abbiamo lo stesso una diminuzione del rapporto: oggi è sceso al 26,1%, ieri eravamo al 27%».

Oggi, però, il numero dei pazienti ricoverati supera la soglia dei 30mila. Non la preoccupa?

«Rispetto a questo dato, la mia chiave di lettura è altrettanto positiva. Certo, i ricoveri continuano ad aumentare, ma questo è inevitabile: succederà ancora al lungo. Ciò che fa ben sperare è la velocità dell’incremento e oggi cogliamo i primi segnali di rallentamento, frutto probabilmente del primo vero Dpcm, quello del 24 ottobre. Sono passate ormai tre settimane e i risultati sui ricoveri iniziano a essere visibili».

Prima dei ricoveri, però, il Dpcm avrebbe dovuto abbassare il numero dei contagi.

«Infatti: oggi abbiamo visto gli effetti del Dpcm sui casi positivi, ma già dalla scorsa settimana il tempo di raddoppio era aumentato, scostandosi dai 7 giorni. E ancora: la scorsa settimana, l’incremento percentuale dei casi positivi, rispetto alla settimana precedente, è stato soltanto del 23%. Nella settimana 2-8 novembre abbiamo registrato complessivamente 226 mila casi. Nella settimana dal 26 ottobre al primo novembre ne avevamo registrati 184 mila. E l’incremento è del 23% è da considerarsi un ottimo dato in questa fase».

Parliamo comunque di 40mila contagi più, in numeri assoluti.

«Si ma a noi ciò che interessa è il trend. Se consideriamo la penultima settimana di ottobre, l’incremento era stato del 65%. In quelle ancora precedenti eravamo all’88%, al 100% e al 92%».

Possiamo dire con certezza che il Dpcm del 24 ottobre ha sortito degli effetti positivi sulla situazione epidemiologica?

«Considerato che il Dpcm è stato approvato il 24 ottobre e per vedere gli effetti di una misura di contenimento del contagio servono almeno una decina di giorni, la settimana che ci ha dato una prima idea dell’efficacia è quella del 2-8 novembre: effettivamente, in quei sette giorni c’è stato un incremento percentuale di nuovi casi esiguo rispetto a quello delle settimane precedenti».

Molti ospedali sono allo stremo, nonostante gli andamenti positivi che lei sottolinea.

«Il rallentamento nei nuovi casi si deve trasferire sui ricoveri, poi sulle terapie intensive e infine sui decessi. In quest’ordine, gli effetti delle misure hanno bisogno di tempo per manifestarsi. Comunque, il dato dei nuovi ricoverati di oggi, 811 in più rispetto a ieri, è un buon dato se pensiamo che nel corso della settimana precedente eravamo spesso sopra ai mille ricoveri giornalieri».

Qual è il trend delle terapie intensive?

«Nelle terapie intensive, purtroppo, non c’è un rallentamento evidente. Ma hanno smesso di aumentare: sembrano seguire un andamento abbastanza lineare e costante nel tempo, non più esponenziale. Da una settimana a questa parte sono sempre cresciute della stessa quantità, 100115. Nel corso del mese di ottobre, invece, siamo partiti da poche unità giornaliere, fino a sfondare 50 unità a metà mese e poi centinaia verso la fine del mese. L’aumento è stato esponenziale fino alla stabilizzazione di questi ultimi giorni. Ci aspettiamo una diminuzione nelle prossime settimane».

All’inizio dell’intervista aveva parlato di notizie negative. Si riferiva ai decessi?

«Il dato negativo non può che essere quello dei decessi: sono 623, record europeo anche oggi come ieri. In Italia non registravamo così tanti morti dal 6 aprile scorso, quando le vittime giornaliere furono 636. L’andamento dei decessi, la scorsa settimana, ha seguito fedelmente quello dei nuovi casi positivi. Abbiamo notato un lieve rallentamento, che non significa che hanno smesso di crescere, ma che sono aumentati con meno velocità rispetto alle settimane precedenti».

Aumenteranno ancora le vittime?

«Quello che ci aspettiamo è che, anche questa settimana, ci sia un rallentamento. La quota di 500 morti giornalieri era prevista, visto che abbiamo circa 1 un morto ogni 80 nuovi positivi, ed è un rapporto costante che abbiamo da sette settimane. Quindi un tasso di letalità intorno all’1,25%. La scorsa settimana siamo arrivati a quasi 40 mila contagi, che diviso 80 fa 500. È chiaro che 623 è una valore molto alto, ma non mi sento di trarre delle conclusioni. È un dato negativo, senz’altro, ma è troppo presto per definirlo allarmante. Se rimarremo su questo numero di decessi a fine settimana, allora si avvererà lo scenario peggiore, ovvero che al sistema di monitoraggio sta sfuggendo un numero molto elevato dei reali contagiati. Al contrario, se il rallentamento nell’incremento dei nuovi casi deriva dal funzionamento delle misure di contenimento, quella di oggi potrebbe essere soltanto una fluttuazione verso l’alto dei decessi».

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