Coronavirus, accusato di aver contagiato il paesino, parla «l’untore» di Castelverde: «Le calunnie? Un colpo al cuore»

Riccardo Frosi, 20 anni, è accusato di aver partecipato a una festa segreta che ha causato poi quasi 50 positivi. Suo nonno è da poco deceduto per Covid

Riccardo Frosi ha 20 anni, vive a Castelverde, un piccolo paese in provincia di Cremona dove tutti sanno tutto e basta mettere in giro una voce per distruggere la vita di una persona. É capitato proprio a lui, giovane perito chimico che ha da poco perso il nonno per Covid. «In paese dicono che sono andato a una festa privata il 29 dicembre e che, così, avrei portato il virus nella mia famiglia (diversi membri sono poi risultati positivi, ndr). Queste accuse mi feriscono, sono un colpo al cuore soprattutto dopo la perdita di mio nonno. Non voglio fare la vittima ma non posso accettare che vengano dette cose false», ci spiega.


La festa il 29 dicembre

Altro che festa, Frosi quella sera dice di essere stato «a casa con i genitori»: «Ho rispettato le regole. Certo, sono sempre andato a lavoro ma ho fatto diversi test e non sono mai risultato positivo al Covid». Eppure l’etichetta affibbiata dai compaesani è chiara: “untore”. «Sono amareggiato e arrabbiato. Devono pensarci prima di mettere in giro queste voci: quando mi sono state riferite dagli amici, ero a casa in quarantena e non potevo nemmeno difendermi, non potevo replicare», ci dice. Adesso Frosi sta cercando di tornare alla vita di sempre ma ha un obiettivo: «Voglio guardare in faccia chi ha detto quelle cose su di me».


Da 2 positivi a quasi 50

Certo, non si può nascondere che passare da 2 positivi a quasi 50 in così poco tempo – in un paesino di poco più di 5mila abitanti – vuol dire che qualcosa deve essere andato storto; che qualcuno deve aver trasgredito le regole. Secondo l’ultimo bollettino, citato dalla sindaca di Castelverde, Graziella Locci, allo stato attuale ci sarebbero «37 casi di persone positive al virus, dopo un lungo periodo Covid free». «Considero questo dato preoccupante», dice a Open.

All’origine di tutto ci sarebbe davvero una festa, organizzata nella vicina Marzalengo (frazione di Castelverde). Un veglione di Capodanno anticipato al 29 dicembre che ha causato 43 contagiati e 1 persona in terapia intensiva. «Abbiamo visto tante immagini pubblicate su Instagram e poi rimosse», ci confida la sindaca. «Molti mi hanno telefonato per denunciare persone che avrebbero partecipato alla festa e che starebbe violando la quarantena. E così io le ho contattate una per una. Alcuni hanno negato, altri hanno parlato di fughe sporadiche», spiega la sindaca a Open che ha incontrato Riccardo Frosi e, proprio oggi, «un altro ragazzo additato ancora una volta come untore». Anche lui, come Frosi, non avrebbe però partecipato alla famigerata festa.

La caccia alle streghe

In merito a quanto accaduto durante le festività, Graziella Locci lancia un appello: «Non trarre conclusioni insensate su persone che possono risultare estranee ai contagi». Parla chiaramente di Frosi. «La caccia alle streghe – continua – crea solo aggressività che preoccupa quanto il virus», dice. Una preoccupazione dimostrata anche dai fatti: la caccia all’untore specialmente nella prima fase della pandemia, come documentato da Open, ha scatenato diverse reazioni deplorevoli: aggressioni con tanto di bottigliate in faccia a cittadini cinesi, paura per gli asiatici additati come “untori”, e accuse ai fuorisede che chiedevano semplicemente di tornare a casa dalle loro famiglie.

Foto in copertina da Facebook

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