Le nuove tecnologie contro il Coronavirus che sta studiando il Pentagono

Nessuna teoria del complotto: ecco quali sono le nuove tecnologie che la Difesa Usa sta studiando per arginare l’epidemia

Un idrogel sottocutaneo. Un sensore in grado di rivelare la presenza del Covid prima che la malattia esca alla scoperto. Prima che si manifestino i sintomi, prima che arrivi il risultato di un test molecolare e prima che in questo tempo di attese si generino nuovi contagi. È questo il progetto su cui sta lavorando Matt Hepburn, ex colonnello dell’esercito degli Stati Uniti e capo di uno dei team di ricerca del Pentagono che stanno studiando nuovi sistemi per arginare la pandemia. A spiegarlo è stato proprio lui, durante un programma di approfondimento della rete televisiva Cbs. Sul portale della Cbs si può trovare ancora la versione integrale dell’intervista. E no, questa volta non si tratta di una delle tante tesi complottiste che abbiamo smontato su Open in cui famigerati chip vengono impiantati sotto la nostra pelle al posto del vaccino.


Il sensore sotto la pelle per misurare il Covid nel sangue

Il progetto a cui lavora Hepburn e il suo team è stato finanziato dalla Defence Advanced Research Project Agency (Darpa). Di fatto questo idrogel, come spiega Hepburn, sarà un sensore in grado di rivelare la presenza del virus nell’organismo.


«Si mette sotto la pelle e ci dice quali sono le reazioni chimiche in corso. Funziona come una spia di controllo di un motore e quel segnale significa che domani avrai i sintomi. Possiamo avere queste informazioni in tre o cinque minuti. Se si abbrevia il tempo della diagnosi, si ferma l’infezione sul nascere».

Hepburn ha spiegato nel dettaglio come funzionerà questo idrogel: sarà incorporatto in un gel e quando sarà in funzione monitorerà in modo costante la presenza del virus nel sangue della persona che lo ospita. Una volta rilevata la presenza del Coronavirus invierà un avviso. A quel punto verrà chiesto al paziente di fare un esame del sangue che potrà anche essere realizzato in autonomia.

Il caso della portaerei Theodore Roosevelt

Non è ancora chiaro come verrà utilizzato questo idrogel. Dalle parole di Hepburn sembra che al momento il progetto sia dedicato solo alle forze militari, in particolare quelle delle marina. Nell’aprile dello scorso anno infatti un focolaio di Coronavirus scoppiato a bordo della portaerei Theodore Roosevelt ha provocatto oltre 1.300 contagi e la necessità di tenere l’intera nave in quarantena per due mesi. Con questo sistema invece sarà possibile isolare subito i casi: «I marinai ricevono il segnale, poi si auto-somministrano un prelievo di sangue e si sottopongono a test sul posto. Possiamo avere queste informazioni in 3-5 minuti».

La macchina per la dialisi del sangue che elimina il Covid

I progetti del Pentagono però non si fermano qui. Oltre l’idrogel per rilevare la presenza del virus, Hepburn ha spiegato alla Cbs che il suo team di ricerca sta sperimentando un filtro in grado di rimuovere il virus dal sangue attraverso la dialisi. Per spiegare l’efficacia di questo trattamento, Hepburn ha citato il caso della Paziente 16, una moglie di un militare positiva al virus che si trovava in gravi condizioni in terapia intensiva. In pochi giorni la paziente si è rimessa del tutto. Al momento, spiega la Cbs, questo trattemento sarebbe stato usato in via sperimentale per altre 300 persone.

Nota: Inizialmente l’articolo riportava erroneamente “chip” al posto di “idrogel”. Qui l’approfondimento a seguito delle spiegazioni del CEO di Profusa.

Foto di copertina: ANSA | Foto di repertorio

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