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La direttrice del Covax: «Solo l’accesso globale ai vaccini frenerà il virus. La sospensione dei brevetti? Non basta» – L’intervista

Aurélia Nguyen, numero uno dell'iniziativa nata per garantire anche ai Paesi più poveri l'accesso ai vaccini, spiega a Open come la sospensione della proprietà intellettuale non sia sufficiente per aumentare la produzione di dosi

Per la Francia il problema risiede nelle restrizioni imposte dagli Stati Uniti all’export. La Germania continua invece a dirsi completamente contraria, e la posizione del premier italiano Mario Draghi sembra essere quella del compromesso. L’apertura da parte del presidente americano Joe Biden – che si è detto pronto ad appoggiare un negoziato tra i membri dell’organizzazione internazionale del commercio sulla liberalizzazione dei brevetti – ha avviato un acceso dibattito tra i Paesi dove risiedono le più importanti case farmaceutiche dietro allo sviluppo dei vaccini contro il Coronavirus. «Accolgo con grande soddisfazione l’intenzione» degli Stati Uniti «di coinvolgere i sostenitori di una rinuncia temporanea del trattato internazionale sulla proprietà intellettuale per aiutare a combattere la pandemia», aveva dichiarato la direttrice generale dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), Ngozi Okonjo-Iweala, esprimendo soddisfazione per l’annuncio americano.

Una sospensione temporanea dei brevetti, incoraggiata da molte organizzazioni internazionali, economisti, ed esperti sanitari, potrebbe favorire una maggiore produzione di vaccini e accelerare l’export nei Paesi più poveri. Le pressioni sul presidente americano sono cresciuto soprattutto nelle ultime settimane a seguito dell’aggravarsi della crisi in India. Nuova Deli, il maggior fornitore di vaccini ai Paesi più poveri, ha dovuto limitare l’export di dosi. E il programma Covax, nato per favorire una distribuzione equa dei vaccini, continua a essere in seria difficoltà. A oggi, solo 54 milioni di dosi, delle 2 miliardi previste per la fine del 2021, sono state consegnate.

«Mentre l’India sta affrontando un’ondata davvero spaventosa, è chiaro che la produzione indiana di vaccini – almeno per il prossimo mese – sarà volta a proteggere i propri cittadini», chiarisce a Open la direttrice generale del programma Covax, Aurélia Nguyen. «Stiamo offrendo al governo indiano il nostro pieno sostegno nei loro sforzi per tenere il virus sotto controllo e siamo pronti ad aiutare in ogni modo possibile».

La decisione degli Stati Uniti di appoggiare la liberalizzazione dei brevetti può aiutare ad affrontare questa situazione?

«Certamente accogliamo con favore la decisione del governo degli Stati Uniti di utilizzare tutti i meccanismi per aumentare l’accesso equo globale ai vaccini COVID-19. Riconosciamo anche l’importanza dell’impegno dell’amministrazione di lavorare per aumentare la produzione di materie prime che avrà un impatto immediato sull’alleviare gli attuali vincoli di fornitura globale. Tuttavia, la sospensione o addirittura la cessione della proprietà intellettuale potrebbe non portare ad avere più dosi, poiché la produzione di vaccini comporta processi di produzione incredibilmente complessi, che richiedono una profonda conoscenza ed esperienza. Pertanto, chiediamo anche ora, nell’interesse di un accesso equo a livello globale, che vi sia sostegno ai produttori per trasferire non solo la proprietà intellettuale ma anche il know-how nel tentativo di aumentare urgentemente la produzione globale».

L’alleanza Gavi, tra le sostenitrici del programma Covax, è finanziata anche dalla Fondazione Gates. Tuttavia, Bill Gates ha dichiarato di non essere favorevole alla sospensione dei brevetti sui vaccini contro il Covid. Non è un una posizione in contraddizione con il vostro obiettivo di favorire un accesso equo ai vaccini?

«È innegabile che siamo molto lontani dall’equità nella distribuzione dei vaccini e la realtà è che, finché non inizieranno ad arrivare più dosi nei Paesi più poveri, il divario globale nelle vaccinazioni non farà che aumentare. Questa è una cattiva notizia da una parte per coloro che non sono in grado di accedere alle dosi abbastanza velocemente e dall’altra per i Paesi che ne hanno accesso, perché significa semplicemente che il virus continuerà a mutare e a diffondersi».

Il programma Covax è in crisi. E con l’India, prima produttrice al mondo di vaccini, impegnata ad affrontare l’emergenza interna la distribuzione di dosi nei Paesi poveri è a rischio. Come state gestendo la situazione?

«In questo momento, mentre stiamo continuando a mantenere un dialogo attivo con il governo indiano, stiamo cercando di compiere passi avanti per diversificare il nostro portfolio di vaccini. Stiamo monitorando quei Paesi che potrebbero essere influenzati dai ritardi dell’istituto indiano Serum per sostenerli, ove possibile, e assicurare che le seconde dosi vengano somministrata entro il periodo di tempo richiesto».

Più a lungo dura la situazione in India, più a lungo potremmo vedere devastanti conseguenze per il resto del mondo: dalla diffusione di varianti alla carenza di vaccini. Come pensate di affrontare questa emergenza?

Con i finanziamenti in corso riteniamo che sarà possibile garantire 1,8 miliardi di dosi entro la fine del 2021 a quelle 92 economie a basso reddito che fanno parte del programma Covax. Per fare ciò, abbiamo bisogno del supporto continuo da parte di governi e produttori per dare priorità agli obiettivi del programma. Se queste malattie continueranno a circolare, il mondo, anche per coloro che vivono nelle Nazioni più ricche, non tornerà alla normalità. La conclusione è che finché il virus non sarà tenuto sotto controllo ovunque, non saremo al sicuro da nessuna parte. Il nostro obiettivo iniziale era quello di raggiungere almeno il 20% della popolazione dei 92 Paesi a basso reddito che fanno parte del programma Gavi Covax. A oggi, siamo riusciti a chiudere accordi per un numero di dosi che garantisce una copertura superiore a quella percentuale. Tuttavia, durante questa prima parte dell’anno abbiamo sicuramente avuto ritardi nella consegna di dosi».

Come pensate di superarli?

«Covax sta adottando una serie di misure per affrontare i suoi vincoli di approvvigionamento. Cepi (Coalition for Epidemic Preparedness Innovations) e Gavi stanno cercando modi per espandere qualsiasi capacità produttiva esistente al mondo. Tenendo presente che stiamo cercando di triplicare, quadruplicare, la normale produzione annuale di vaccini del mondo, che è di 3-5 miliardi. Stiamo anche lavorando per diversificare ulteriormente la disponibilità di vaccini – il nostro obiettivo sarebbe quello di avere almeno 10-15 candidati – e ci si possono aspettare ulteriori annunci nel prossimo futuro. Inoltre, nella seconda metà dell’anno, saremo anche in grado di beneficiare di una maggiore capacità di produzione presso i produttori da cui stiamo già ricevendo dosi».

Qual è quindi la vostra priorità?

«Anche in questo momento ciò che conta è che le dosi continuino a essere consegnate. Per questo abbiamo di recente chiuso due accordi con Moderna e Novavax, seguiti da altri che annunceremo nei prossimi giorni, per dimostrare l’ampiezza dei nostri sforzi e del numero di dosi che arriverà nella seconda metà dell’anno. Nel frattempo, la decisione della Svezia di donare dosi a Covax, cosi come della Francia e della Nuova Zelanda, ci aiuterà a soddisfare tempestivamente le nostre esigenze di approvvigionamento nel breve periodo. In questo momento, se vogliamo evitare di prolungare la crisi e permettere l’emergere di ulteriori mutazioni, abbiamo assolutamente bisogno di ogni dose di riserva da dedicare a un accesso equo. Per questo stiamo lavorando anche per trovare ulteriori 2 miliardi per assicurarci entro la fine dell’anno più dosi per i paesi a basso reddito».

Non c’è una corsa sproporzionata da parte dei Paesi più ricchi all’acquisto di dosi?

«Sicuramente, molti dei Paesi che sono più avanti nella vaccinazione della popolazione hanno fatto accordi bilaterali per l’acquisto di dosi superiori alle loro reali necessità, e questo è avvenuto quando nessuno sapeva ancora quale vaccino avrebbe funzionato. Questi Paesi hanno ora una disponibilità di dosi chiaramente in eccesso e stiamo cercando di garantire che le dosi siano condivise tramite COVAX. Il programma può distribuirle in modo efficiente ed equo, al contrario di quanto avviene tramite un accordo bilaterale».

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