Il consorzio Valleverde, il villino mai finito, il figlio morto: cosa c’è dietro la strage di Claudio Campiti alla riunione di condominio

In un blog raccoglieva le lamentele e raccontava di minacce. Nel 2012 la morte di Romano in un incidente. I presunti “sabotaggi” denunciati prima di aprire il fuoco

«Benvenuti all’inferno». È la prima frase che accoglie i visitatori del blog che Claudio Campiti aveva aperto sul Consorzio Valleverde. In provincia di Rieti, 25 ettari tra i comuni di Ascrea e Rocca Sinibalda. E oggetto delle lamentele del 57enne che ieri ha aperto il fuoco nel bar di via Monte Giberto a Fidene dove andava in scena la riunione “condominiale”. Uccidendo Sabina SperandioElisabetta Silenzi e Nicoletta Golisano. Gli inquirenti contestano a Campiti la premeditazione: gli inquirenti gli hanno trovato addosso 170 proiettili e un secondo caricatore oltre alla pistola rubata al poligono di tiro di Tor di Quinto. E al passaporto con seimila euro in contanti trovato nello zaino, che forse dovevano servire per la fuga. Ma la storia di Campiti comincia prima della guerra che aveva dichiarato al consorzio. E parte da una tragedia familiare.


La morte del figlio

Campiti di mestiere faceva l’assicuratore. E viveva a Roma insieme alla moglie e a tre figli. Nel 2008 si separa e lascia la sua professione. Va a vivere proprio nel consorzio. Nel 2012 muore il suo unico figlio maschio Romano in un incidente con uno slittino sulla pista di Croda Rossa a Sesto Pusteria in provincia di Bolzano. Per la tragedia vengono condannati tra 2016 e 2017 un maestro di sci e due responsabili dell’impianto. La famiglia riceve 240 mila euro di risarcimento danni. Campiti non ha altre entrate in denaro, non lavora e ottiene fondi comunali. Nel marzo 2020 i carabinieri gli rifiutano il permesso per il porto d’armi. Il sindaco di Ascrea Riccardo Nini invece dice: «Non sono certo se avesse un lavoro o no. Gli era rimasta la proprietà di questo scantinato. Era molto legato a questa abitazione e credo che per lui fosse l’unica cosa che aveva».


«Benvenuti all’inferno»

Già, il consorzio. Duecento appartamenti su 25 ettari tra i due comuni in provincia di Rieti. «Un feudo concesso dallo Stato», secondo Campiti sul suo blog. Ma in realtà la storia che c’è dietro somiglia a tante altre. Lui aveva deciso di viverci tutto l’anno. Ma la costruzione che abitava era soltanto uno scheletro. Al piano terra aveva costruito una parte abitabile ma senza acqua, rete fognaria e riscaldamento. Con una sorta di garage. Voleva completare la costruzione ma non pagava le quote del consorzio. Ha denunciato 30 condomini per abusi edilizi senza risultati. Per questo aveva affisso lo striscione «Consorzio Raus». «Benvenuti all’inferno», scriveva in un lunghissimo post del 2 novembre 2021. «Qui con il Codice penale lo Stato ci va al cesso, denunciare è tempo perso, so’ tutti ladri», aggiungeva. Peggio, «mafiosi»: un’«associazione a delinquere» di cui facevano parte persino i Comuni, la prefettura e la procura di Rieti. Che «hanno legalizzato il pagamento del pizzo esigendo le quote consortili. Al presente non vedono più un euro da me». Ma« se non paghi ti fanno scrivere dall’avvocato per avvertirti che hanno cominciato le pratiche per espropriarti della tua proprietà». E« a loro, più che i soldi, interessa la tua complicità ricattandoti. Già dicono: al Campiti la casa gliela leviamo».

Il profilo Facebook

I membri del Consorzio hanno raccontato di averlo denunciato più volte per minacce. Sul suo profilo Facebook, tra gli scatti di vacanze, ci sono foto di soldatini di Hitler e Mussolini. E una medaglia col fascio littorio e il motto “Molti nemici molto onore”. Raccontava che il consorzio gli sembrava «un campo di concentramento». Scriveva anche di aver subito danni alla scatola dell’elettricità, alla cassetta della posta. Persino minacce di “schioppettate” per chi non rispetta le regole del Consorzio. Si sentiva sotto tiro: «Mi stanno tenendo senza pubblica illuminazione, si sa, al buio si vede meno e si può sparare in tranquillità». Alla fine ha sparato lui.

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