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Chi è il Gran Giurì, cosa rischia Donald Trump, gli effetti sulla corsa alla Casa Bianca. Tutto quel che c’è da sapere sull’incriminazione dell’ex presidente

Domande e risposte per capire come funziona l'incriminazione dell'ex presidente americano (la prima della Storia)

Donald Trump può spuntare un’altra casellina nella personale lista dei record (negativi). Primo presidente in carica a non essere stato rieletto dai tempi di Bush Sr.; primo repubblicano tornato alla Casa Bianca dopo una presidenza democratica a non essere confermato per un secondo mandato da quelli di Harrison (1892). Primo, ancora una volta, presidente nella storia americana ad affrontare due procedure di impeachment. Last but not least: da ieri sera The Donald è anche il primo ex presidente statunitense a essere sottoposto a un processo penale. Il gran giurì del tribunale di Manhattan, a New York, ha votato per incriminare il tycoon. I capi di imputazione non sono ancora noti, ma la Cnn parla di almeno 30 reati legati a frode commerciale. Al centro dell’indagine ci sarebbe il pagamento illecito di 130mila dollari alla pornostar Stormy Daniels, avvenuto – secondo l’accusa – falsificandone la natura nei libri contabili e utilizzando i finanziamenti della campagna per la Casa Bianca del 2016. Il procuratore distrettuale di Manhattan Alvin Bragg che guida l’indagine, definito dallo stesso Trump «burattino di Soros», ha fatto sapere di aver contattato i legali dell’ex presidente per la sua apparizione in tribunale che – secondo l’avvocato del tycoon, Susan R. Necheles – dovrebbe essere prevista per martedì 4 aprile. Lì, verranno letti i suoi diritti, prese le impronte digitali e, infine, gli verrà scattata la foto segnaletica. Condotto, poi, davanti al giudice – probabilmente «senza manette» – quest’ultimo lo accuserà formalmente, dandogli la possibilità di dichiararsi colpevole o innocente. Infine, verrà rilasciato in attesa dell’inizio del processo, che potrebbe slittare anche all’anno successivo. Spoiler: è del tutto improbabile finisca in prigione. Ma come funziona il sistema giudiziario statunitense? Che ruolo ha il procuratore? Cos’è un Grand Jury e, soprattutto, perché si parla di estradizione?

Che ruolo ha il procuratore negli Stati Uniti e quali sono le differenze con l’Italia?

Nel sistema di giustizia penale Usa, in cui vige il common law, il district attorney – ovvero, il procuratore che rappresenta “l’accusa” – fa parte del “ramo esecutivo” del Dipartimento di giustizia. Possono essere rappresentanti dello Stato, sotto la vigilanza del procuratore generale (attorney general), che dirige il dipartimento di Giustizia, o di altri enti territoriali, quali la contea o la città (district attorney). Ma perché il procuratore che ha incriminato Trump è accusato di essere pagato da Soros? Di fatto, la posizione di tale carica negli Stati Uniti è, in senso formale, politica. I procuratori, a differenza dell’Italia, sono una carica elettiva: possono venire nominati dal governatore dello Stato o dall’organo di governo dell’ente di appartenenza, ma in molti Stati sono eletti direttamente dai cittadini. Una volta designati, dovrebbero però aderire alla cosiddetta “neutralità dell’accusa” e quindi staccarsi dalla propria appartenenza, per così dire, politica. Di qui, la (sentita) questione, spesso avanzata nei dibattiti Usa, sulla cosiddetta imparzialità del sistema giuridico. Altra critica, oltre alla politicizzazione dell’incarico, riguarda l’accentramento di potere: questi funzionari sono, infatti, i più potenti del sistema di giustizia penale statunitense, poiché controllano la direzione, nonché l’esito di tutti i procedimenti penali, in particolare con le loro decisioni di accusa e patteggiamento. E su quest’ultima possibilità, un degli avvocati di Trump è certo: «Zero, zero. Il presidente Trump non accetterà alcun patteggiamento. Non succederà. Non c’è alcun crimine», ha detto Tacopina in un’intervista a NBC News.

Che cos’è il Grand Jury?

Formata da 23 cittadini sorteggiati, la “grande giuria” rappresenta un organismo dell’ordinamento americano che è chiamato a stabilire se le prove raccolte dalla procura siano sufficienti per iniziare un processo penale nei confronti di una persona. In sintesi, il gran giurì esamina – a porte chiuse – le prove presentate. Se le ritiene sufficienti, accusa formalmente l’imputato di aver commesso il reato. Per arrivare a questa conclusione, alla giuria sono conferiti anche poteri investigativi. Può emettere citazioni in giudizio per obbligare le persone a testimoniare o consegnare la documentazione relativa al caso. Non solo: i membri hanno anche il potere di interrogare i testimoni, ai quali non è consentito avere avvocati presenti. Tale istituto sopravvive negli Usa per i reati più gravi di competenza federale, essendo stabilito da una norma costituzionale. Il quinto emendamento recita, infatti, «Nessuno sarà tenuto a rispondere di un reato che comporti la pena capitale, o comunque infamante, se non per denuncia o accusa fatta da un Grand Jury (…)». A differenza della giuria del processo vero e proprio, definita “piccola giuria” o “petit jury” per il numero inferiore di cittadini sorteggiati, il gran giurì non determina se una persona è colpevole o meno di un crimine.

Perché si parla di estradizione?

La decisione del Grand Jury è arrivata a sorpresa, visto che i giurati avrebbero dovuto valutare nella giornata odierna altri casi e poi prendersi una pausa fino alla fine di aprile. Neanche lo staff di Trump si aspettava una decisione e probabilmente neanche l’ex presidente che in queste ore a Mar-a-Lago sta valutando le sue prossime mosse nonostante abbia già fatto sapere che quella presa dalla “grande giuria” nei suoi confronti rappresenti «una persecuzione politica e un’interferenza elettorale al più alto livello della storia». E se non dovesse presentarsi al processo? In questo (ipotetico) caso, si potrebbe chiedere l’estradizione di Trump dalla sua residenza in Florida per il trasferimento a New York. Questo perché, quello che è considerato un reato all’interno di uno Stato federato, può non esserlo in un altro. In questo senso, serve una procedura di estradizione, ovvero una forma di cooperazione giudiziaria tra Stati che consiste nella consegna da parte di uno Stato di un individuo, che si sia rifugiato nel suo territorio, a un altro Stato, affinché venga sottoposto al giudizio penale (in questo caso si ha estradizione processuale) o alle sanzioni penali se già condannato (in questo caso si ha estradizione esecutiva). Ma sull’estradizione di Trump si è già opposto il governatore Ron DeSantis, potenziale rivale del tycoon per la nomina alla corsa presidenziale del 2024, che ha già ribadito che non la concederà. «La Florida non risponderà alla richiesta di estradizione», ha detto DeSantis, schierandosi di fatto al fianco del suo (probabile) sfidante.

Le accuse possono escludere Trump dalla corsa presidenziale?

Donald Trump potrà presentarsi alla corsa presidenziale per il 2024. La Costituzione degli Stati Uniti, infatti, non prevede tra i requisiti l’assenza di precedenti penale e anche una condanna non lo escluderebbe dalla più alta carica della nazione. Anzi. Meno di un’ora dopo la diffusione della notizia della decisione del gran giurì di Manhattan di votare a favore della sua incriminazione, la campagna per la rielezione dell’ex presidente alla Casa Bianca ha lanciato una raccolta fondi, affermando, in una mail ai suoi sostenitori, che «la sinistra pensava di poterci spezzare con l’ennesima caccia alle streghe». E poi ancora: «Pensavano che minacciando il mio possibile arresto e denuncia ci avrebbero costretti a porre fine alla nostra campagna del 2024. Si sbagliavano di grosso, amico…», si legge nella mail, come riferisce il New York Post. L’e-mail chiede donazioni a sostegno della campagna presidenziale di Trump del 2024 ed è stata ricevuta dai sostenitori dell’ex presidente.

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