Comunità Lgbt, il caso Meloni spacca la galassia Arci: tutti contro la presidentessa di Arcilesbica

Cristina Gramolini è finita al centro delle polemiche per essersi detta d’accordo con la posizione della premier sull’identità di genere

Arcilesbica contro tutti. Dopo le affermazioni fatte due giorni fa dalla presidente Cristina Gramolini, che sull’identità di genere si è detta d’accordo con la premier Meloni, Arci e Arcigay chiedono di aprire un confronto. Il riferimento è alle parole della presidente del Consiglio, che in un’intervista con la direttrice di Grazia aveva dichiarato: «La rivendicazione del diritto unilaterale di proclamarsi donna oppure uomo al di là di qualsiasi percorso, chirurgico, farmacologico e anche amministrativo andrà a discapito delle donne». Adesso l’intenzione di Arci e Arcigay è quella di «capire dalla diretta interessata quali siano le pratiche politiche dell’ArciLesbica di Cristina Gramolini e per verificare se esiste ancora un minimo comune denominatore per camminare assieme».


«Dichiarazioni insopportabili»

Il tema dell’identità di genere, sostengono, è «delicato e complesso», ma sarebbe stato «brutalizzato» tanto da Meloni che da Gramolini, a loro avviso colpevoli di aver trasformato «le persone con disforia di genere in persone capricciose, che per vezzo o provocazione decidono al mattino a quale genere appartenere. O, ancora peggio, come uomini furbi e subdoli (si rivolgono alle persone in transizione dal genere maschile al femminile, quelle dal femminile al maschile vengono metodicamente invisibilizzate) che si travestono da donne per vincere una gara sportiva. Incredibile, insopportabile». «Nelle parole di Meloni – prosegue il duro attacco di Arci e Arcigay – troviamo l’antico refrain delle destre, che da sempre descrivono le persone lgbtqi+ come freak, strane, persone alle quali attribuire pratiche e abitudini incomprensibili. Ma trovare lo stesso refrain nelle parole di Cristina Gramolini, che è a capo e parla a nome di un’associazione nata e cresciuta assieme a noi, è gravissimo».


Secondo loro non sarebbe la prima volta che Gramolini ricorre ad «un linguaggio violento che sistematicamente colpisce le persone gay (accusate di “comprare figli” e “affittare uteri'”, attraverso la gestazione per altr*) e le persone trans*». Ma adesso, aggiungono, «la misura è colma». «Se Gramolini non riesce a sostenere una discussione pacata, civile e rispettosa su un tema delicato come la depatologizzazione dei percorsi di transizione, se non riesce a contenere la violenza delle sue espressioni, allora le chiediamo – puntualizzano – di aprire una riflessione sul senso della sua permanenza nella rete Arci, dove invece ogni violenza è respinta e rispetto e ascolto sono premesse ineludibili, anche quando a confrontarsi sono due posizioni molto distanti, come spesso capita». Concludono infine, duramente: «Su tanti temi, nella nostra amplissima comunità, si discute e ci si confronta, anche duramente, ma l’utilizzo di parole cariche di violenza come quelle che abbiamo potuto leggere non possono appartenere alla nostra comunità. Crediamo sia necessario, a questo punto, aprire un confronto».

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