Benvenuti Usa nel club del «super debito»: vicini al 100% del Pil. Sulle teste degli americani un peso più che doppio rispetto agli italiani

Un rapporto dell’ufficio di bilancio del Congresso manda in fibrillazione Washington. E Bloomberg rincara la dose: «Andrà anche peggio»

34.589 miliardi di dollari. È il valore aggiornato a inizio aprile del debito pubblico americano. Cifre vertiginose, difficili da soppesare a «occhio nudo». Tanto o poco, considerato il peso specifico dell’economia Usa? Perimetrato sulla popolazione del Paese, come ricorda minuto per minuto la Peterson Foundation, il debito pubblico pesa per circa 102mila dollari su ciascun cittadino americano. Più del doppio del peso pro capite dell’indebitamento per gli italiani (poco più di 46 mila euro a testa). Ma sono soprattutto le proiezioni per il prossimo futuro a inquietare una fetta sempre più rilevante di osservatori delle finanze pubbliche Usa. A far correre qualche brivido «storico» sulle schiene dei decisori politici e degli investitori di Washington è infatti da qualche giorno un rapporto dell’ufficio di bilancio del Congresso (Cbo) che ha inquadrato due traguardi in vista per il Paese tutt’altro che rassicuranti. Primo, gli Usa sono a un passo dal superare la soglia psicologica del 100% nel rapporto debito/Pil. Poco più che bruscolini a un orecchio italiano (il nostro debito pubblico viaggia oltre il 137% del Pil); serio campanello d’allarme per chi a quei livelli non si avvicina da decenni. Perché qui sta il secondo traguardo in vista: entro il 2029 al più tardi sarà toccato il livello d’indebitamento pubblico più alto mai registrato nella storia del Paese. Un macigno sul Pil più pesante perfino di quello che la Casa Bianca si ritrovò a dover gestire all’uscita dalla Seconda guerra mondiale: nel 1946, complici le spese pubbliche colossali per sostenere lo sforzo bellico in Europa, il debito pubblico toccò quota 106% del Pil. Entro il prossimo quinquennio il rapporto salirà almeno al 107%, prevedono gli analisti del Congresso. E negli anni e decenni seguenti, se gli ingredienti chiave di politica economica e monetaria non cambieranno, il livello d’indebitamento è destinato a esplodere ulteriormente.


L’andamento storico del debito pubblico Usa e le proiezioni per i prossimi 30 anni (Congressional Budget Office Usa – “The Long-Term Budget Outlook: 2024 to 2054”)

Storia di un disastro annunciato

Di qui a 20 anni, avverte il Cbo, il rapporto debito/Pil è destinato ad attestarsi a quota 139%. Dieci anni dopo, cioè nel 2054, addirittura al 166%. Grosso modo il livello d’indebitamento attuale della Grecia, per capirci. Non esattamente la miglior business card da presentare agli investitori – grandi e piccoli, interni o esteri che siano – chiamati a sostenere sui mercati le finanze pubbliche della prima potenza globale. «Tale debito profondo e crescente rallenterebbe la crescita economica, spingerebbe in alto gli interessi sulle cedole per i detentori stranieri del debito Usa, e porrebbe rischi significativi per l’orizzonte fiscale ed economico», avverte l’ufficio del Congresso. Ma come si spiega un andamento verticale così inarrestabile dell’indebitamento Usa? Il debito pubblico non è altro come noto che lo stock di tutti i passivi di bilancio accumulati dalle casse pubbliche anno dopo anno. La risposta va cercata quindi nel ritmo di crescita del deficit. E qui la «responsabilità» si sdoppia, chiariscono gli analisti di Washington: in parte c’entrano gli investimenti pubblici in deficit delle successive amministrazioni Usa. Colossali quelli fatti nell’ultimo triennio dall’amministrazione di Joe Biden: prima per tenere in piedi l’economia del Paese travolta dalla pandemia e dai conseguenti lockdown, poi per tentare di dare una scossa storica all’economia nazionale, soprattutto nel campo delle infrastrutture e della transizione energetica, tramite l’Inflation Reduction Act. Una sommatoria di interventi e sostegni dal valore ancora incerto, ma che potrebbe oscillare secondo le stime tra i 780 e i 1.200 miliardi di dollari nell’arco di un decennio. Con il risultato forse di cambiare volto alle infrastrutture del Paese, sostenere i redditi di migliaia di famiglie e rafforzare la leadership tecnologica americana in molti settori d’avanguardia. Ma anche di spingere strutturalmente in rosso i bilanci annuali Usa. Il panorama va poi completato – ed è la seconda parte del ragionamento/conteggio – con l’incidenza previsti dei tassi d’interesse fissati dalla Fed. Che inizieranno forse nel corso dell’anno un graduale assestamento verso il basso, ma sono oggi ai massimi da 23 anni, al 5,5%. Risultato: secondo il Cbo i deficit pubblici continueranno a salire strutturalmente anno dopo anno, sino a un previsto 8,5% di passivo sul Pil nel 2054. E c’è chi come Bloomberg ritiene che le previsioni dell’ufficio di bilancio del Congresso siano perfino troppo ottimistiche.


L’andamento storico del deficit pubblico Usa e le proiezioni per i prossimi 30 anni (Congressional Budget Office Usa – “The Long-Term Budget Outlook: 2024 to 2054”)

Gli allarmi di Wall Street

Quanto basta per mandare in fibrillazione una serie di osservatori interessati. Come Ken Griffin, fondatore di uno dei più noti hedge fund americani, Citadel, che ha preso carta e penna e nella lettera annuale agli investitori ha scolpito parole durissime: l’«irresponsabile» indebitamento del governo federale rappresenta una preoccupazione crescente che non può essere trascurata; di più, minaccia la prosperità futura degli americani. «Dobbiamo smetterla di prendere a prestito a spese delle prossime generazioni» ha attaccato Griffin nella lettera, come riporta The Telegraph. Sulla stessa lunghezza d’onda gli analisti di Bloomberg Economics, che dopo aver condotto ben «un milione di simulazioni» per verificare le proiezioni del Cbo, e bollarle come detto come ingenuamente ottimistiche, evoca l’ipotesi che solo una nuova crisi finanziaria possa spingere il governo federale – quale che sia nel futuro, considerato che lo stesso Donald Trump darebbe fondo al deficit con nuovi tagli alle tasse – a cambiare andazzo. Un bel pezzo di Wall Street vede nero, insomma. Ma c’è davvero da tremare così tanto? Altri analisti finanziari mantengono il sangue ben più freddo, ricordando come gli Usa godano sui mercati di amplissima credibilità e soprattuto sulla forza del dollaro, moneta “globale” che possono stampare a piacimento. «Sono vent’anni che s’annuncia una crisi del debito americana» e ciò non accade mai, invita alla prudenza parlando con Le Figaro il direttore degli investimenti di ABN Amro Christophe Boucher. Trump e Biden oseranno affrontare il tema nella durissima campagna elettorale appena cominciata per Usa 2024?

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