Siamo in recessione? E cosa significa? La spiegazione di Francesco Daveri

Secondo dati Istat nell’ultimo trimestre del 2018 il Pil italiano ha registrato un calo dello 0,2% rispetto al trimestre precedente. In Italia si torna a parlare di «recessione tecnica». Per spiegare cosa significa vi riproponiamo l’intervista al direttore del master in Business administration dell’Università Bocconi di Milano

«Essere in recessione, molto semplicemente, vuol dire che l’economia va male». Francesco Daveri, economista e direttore del master in Business administration dell’Università Bocconi di Milano, ha spiegato a Open in quale situazione economica ci troviamo, le sue cause e gli scenari futuri. «Ma i giovani non devono preoccuparsi: sono i più attrezzati per reinventarsi in questa società digitale», ci dice subito. E se qualche termine risultasse troppo complicato, trovate le spiegazioni nel glossario a fine pagina.


Professore, quando inizia la recessione e perché?


In pratica, c’è un modo principale, complessivo, di misurare l’economia: bisogna guardare al Prodotto interno lordo. Il Pil misura la quantità di nuovi redditi generati nel sistema economico. Quando i nuovi redditi sono più alti del passato si dice che l’economia va bene. Se sono più bassi, inizia la recessione.

Non ci sono indicatori più vicini alle persone?

Certo, ci sono altri metodi più rilevanti socialmente. Per esempio guardando al mercato del lavoro, se aumenta il numero di disoccupati. Se aumenta il numero dei fallimenti aziendali. Queste, però, sono cose correlate all’andamento del Pil. La cosa più comoda, quella che normalmente facciamo noi economisti, non per cinismo, è quindi osservare il Pil. Quando cala, aumentano i disoccupati, falliscono le imprese, i crediti non vengono rimborsati, i cosiddetti Npl (Non Performing Loans). Anche quella è una variabile sociale forte, il fatto che ci sia credito nell’economia e che non venga rimborsato. Per riassumere: quando c’è una recessione vuol dire che l’economia va male e il modo per capirlo è studiare il Pil. Le variabili sociali che ci interessano come cittadini vengono dopo il Pil. Non dopo perché sono meno importanti, ma perché dal punto di vista temporale arrivano dopo l’effetto sul Pil.

Abbiamo sentito parlare di calo della produzione industriale e spesso è stata paventata la recessione.

Una variabile strettamente correlata al Pil è la produzione industriale. E questo vale stranamente un po’ in tutti i Paesi, ma soprattutto per gli stati come l’Italia che, dopotutto, continua ad avere una natura industriale rispetto ad altri.

C’entra qualcosa il nostro altissimo debito pubblico?

Il debito pubblico è una cosa differente. Quando un Paese va male, è vero, peggiora la sostenibilità del debito pubblico. In un certo senso anche il debito pubblico va considerato a posteriori rispetto al Pil. Per dirlo semplicemente, come in una famiglia, se cala il reddito ci sono meno soldi per rimborsare i debiti, che si aggravano. Se va male il Pil peggiora la sostenibilità del debito del Paese.

Stiamo per assistere a una nuova crisi, come quella iniziata nel 2008?

Non sono ancora sicuro che sia una recessione di quelle che durano nel tempo. Da un lato sono ottimista, dall’altro ci sono fattori che fanno pensare non sia una recessione come quella avvenuta con la crisi dell’euro o quella successiva al fallimento di Lehman Brothers.

Se dovesse individuare una causa per questi dati negativi?

Per un certo verso l’economia rallenta e stiamo ancora cercando di capire in maniera definitiva il perché. Probabilmente la causa principale è la fine del ciclo dell’automobile. I vari prodotti hanno dei cicli di vita più o meno durevoli. C’è stata una fase in cui tutti hanno cominciato a comprare auto, come sul finire del 2014. E se guardiamo i dati, questo settore ha costituito il grosso della ripresa in Italia. Poi però, dopo un po’ di anni, è normale che la spinta si esaurisca: non è che gli italiani sono una popolazione che deve comprare vetture dal nulla. Le compra, le usa, le cambia. Quando si è conclusa la ripresa dell’automobile, e abbiamo ragione di credere che sia successo anche in Germania, in Francia e in altre parti di Europa, c’è stato un rallentamento forte dell’economia. I dati della produzione industriale di novembre, ma si vedeva già da prima, mostravano un calo diffuso. E ovviamente anche l’andamento del Pil era in discesa.

E la politica non ha responsabilità?

Di fatto, da noi la situazione è peggiorata per lo sciagurato ciclo politico. Tornati dalle vacanze, è arrivato il governo che ha detto di voler fare una legge di Bilancio alquanto avventurosa. Già l’economia stava rallentando, se si agitano tutti gli investitori, con quelle esternazioni, succede quello che sta succedendo. Stesso ragionamento per il debito pubblico che stava diventando sempre meno sostenibile. Se poi hai anche un governo che lo vuole far aumentare, a quel punto tutti si preoccupano. Quello che stiamo vivendo adesso, a parer mio, è una specie di recessione che ci siamo inflitti da soli.

Non ci sono speranze che la situazione migliori nel breve termine?

La mia speranza per il futuro è data anche dal fatto che alla fine la legge di Bilancio è meno drastica di quello che ci si aspettava. Spero che nei prossimi mesi ci siano ulteriori aggiustamenti. Però, intanto, per un alcuni mesi dovremo tenerci questi dati in peggioramento sulla fiducia dei consumatori e delle famiglie. Sono i dati che riflettono l’andamento degli scorsi mesi, le follie di ottobre, novembre e dicembre.

Che effetto ha questo rallentamento sulle fasce più giovani della popolazione?

Il rischio per i giovani è che aumenti la disoccupazione, anche quella giovanile. Però secondo me le generazioni più giovani sono quelle meglio attrezzate per affrontare il rallentamento dell’economia. Sono più preoccupato per i cinquantenni come me. Non per egoismo generazionale, ma perché se una persona della mia età viene buttata fuori dal mercato del lavoro, fa molta fatica a rientrare. Nonostante l’esperienza, arrivati a una certa età non si impara più niente: se ci mettono a lavorare con il machine learning noi non sappiamo cosa fare. Invece un giovane ha più capacità per investire su se stesso e ha degli strumenti per riuscire a fare surfing sulle onde del ciclo economico. Nei prossimi anni arriveranno notizie decisamente migliori per i giovani rispetto a questi ultimi anni. Dopotutto, la rivoluzione tecnologica è una sfida per tutti, ma sono i ragazzi ad avere gli strumenti migliori per resistere. Sono ottimista per loro, e lo devo anche essere per amore della mia professione.

Glossario

Recessione: è una fase economica caratterizzata da un Pil più basso di quello che dovrebbe essere se i fattori produttivi fossero utilizzati in maniera completa ed efficiente.

Pil: è il valore di tutto ciò che un Paese produce. Può essere considerato il reddito di una nazione e si calcola sommando tutti gli stipendi, i compensi, i dividendi, la produzione, l’import, l’export e il valore aggiunto che, in estrema sintesi, è la differenza fra ciò che si compra dall’esterno, ad esempio energia elettrica, materie prime, e quello che si fattura a prodotto finito.

Npl o non-performing loan: sono i crediti deteriorati delle banche. Nello specifico, si tratta dei prestiti la cui riscossione è considerata a rischio sotto diversi profili. La Banca d’Italia suddivide gli Npl in tre categorie: esposizioni scadute, inadempienze probabili e sofferenze. Le esposizioni scadute sono dei crediti scaduti o che eccedono i limiti di affidamento da oltre 90 giorni e oltre una determinata soglia di rilevanza. Le inadempienze probabili sono il gradino successivo, quello in cui la banca ritiene improbabile che il debitore adempia interamente ai propri obblighi contrattuali, a meno di azioni dell’istituto di credito come l’escussione delle garanzie. Infine, le vere e proprie sofferenze, sono crediti verso soggetti in stato di insolvenza. Nel caso di Carige le sofferenze furono segnalate dagli ispettori di Bankitalia già nel 2013: sono state la causa degli aumenti di capitale che si sono succeduti durante la gestione dei Malacalza. Molti Npl della banca ligure sono ancorati a beni immobili da ipotecare: per questo restano i 3 miliardi di crediti deteriorati di Carige restano comunque appetibili.

Debito pubblico: è il debito di uno Stato accumulato nei confronti di soggetti privati o pubblici, nazionali o esteri. Per mantenere vive le proprie attività economiche lo Stato emette obbligazioni o titoli sottoscritti da terzi che, in cambio di un prestito monetario al Paese, ricevono cedole con tassi di interesse. Alla scadenza del titolo, al creditore viene restituita l’intera somma prestata.

Legge di Bilancio: è la legge che viene formulata ogni anno e che determina l’utilizzo dei fondi pubblici, la gestione dei conti dello Stato e gli obiettivi finanziari da perseguire per i tre anni successivi.