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Lo street artist di Torino che sceglie l’anonimato: «Mi piace la satira ma non chiamatemi Banksy»

02 Marzo 2019 - 12:57 Giulia Marchina
Si autoproduce, non è così in incognito come tutti credono e pensa che Di Maio verrà scalzato da Di Battista

È di Torino, fa lo street artist e non gli piace essere chiamato il Banksy torinese – perché, dice, «io e Banksy facciamo cose diverse, non siamo assimilabili». È molto giovane il ragazzo dei «manifesti fake», lo si capisce dalla sua voce, al telefono: «anche sull’età devo essere vago, diciamo che spazio tra i 20 e i 30 anni». Altro indizio: non si chiama Andrea Villa – sui social e in città è conosciuto così – , ma il suo nome non lo farà mai. Dice che deve questo pseudonimo a Vittorio Feltri, lo storico direttore di Libero.

Lo street artist di Torino che sceglie l'anonimato: «Mi piace la satira ma non chiamatemi Banksy» foto 1

 

«Un passante aveva fotografato un mio lavoro e aveva inviato la foto al blogger dell’Espresso, Nonleggerlo». Nonleggerlo l’aveva postato su Twitter. Il tweet era stato ripreso dal quotidiano Libero, che aveva erroneamente scritto che il manifesto era stato creato dal performer Andrea Villa, quando Villa era la persona che aveva solo scattato la foto. «Da lì ho deciso di prendere la paternità del nome, poiché sono i media che definiscono il vero significato del mio lavoro, nel mondo contemporaneo».

Lo street artist di Torino che sceglie l'anonimato: «Mi piace la satira ma non chiamatemi Banksy» foto 2

 

Ha iniziato a rielaborare l’idea dei manifesti, perché, racconta, «quando tornavo da scuola ogni santo giorno, a pranzo, dovevo sorbirmi le cazzate dei politici sparate dal telegiornale. Ad un certo punto non ci ho visto più e ho voluto fare qualcosa».  

Sei molto giovane, nella vita cosa fai: studi o lavori?

«Ho studiato per un po’, andavo all’università, poi ho lasciato. Ora lavoro, ma, ovviamente, non vi dirò mai in che campo (ride)».

Come nasce l’idea per i tuoi manifesti?

«L’idea cerco di farla viaggiare su più livelli: ci deve essere quello del “colpo d’occhio”, e con questo intendo le citazioni popolari che potete trovare raffigurate nei mie manifesti. Siccome però non vivo solo di citazioni, nella stessa idea cerco di incorporare anche il lato satirico della faccenda, ciò significa non necessariamente portare la gente a ridere con il tuo lavoro, ma veicolare un pensiero, una critica verso il potere, che è poi l’obiettivo primario della satira». 

Lo street artist di Torino che sceglie l'anonimato: «Mi piace la satira ma non chiamatemi Banksy» foto 3

 

Quindi tu realizzi la grafica, ma per la stampa, la rifinitura chi ci pensa? Ti appoggi a qualcuno o ti autoproduci?

«Faccio tutto io, per esigenze di copione. Nel tempo mi sono procurato tutta l’attrezzatura e ho creato la mia catena di montaggio».

La domanda, però, sorge spontanea. Come fai ad affiggere manifesti clandestinamente, specie quando si tratta di farlo in quegli spazi chiusi ermeticamente da vetrate?

«Esiste un movimento, si chiama Brandalism. È una specie di collettivo anti-pubblicitario fondato a luglio 2012, a Londra. Ne fanno parte ventisei artisti britannici che hanno condotto una campagna di sovvertimento del mondo della pubblicità. Hanno coperto cartelloni pubblicitari in cinque città inglesi con opere d’arte. Sul loro sito è disponibile una guida – che tutti possono scaricare – in cui sono spiegati i trucchi del mestiere. Da quella guida io ho imparato a scardinare anche le vetrate, ma senza fare danni, e ad aggirare tutti quei meccanismi per cui poi vi ritrovate la città tappezzata con le mie opere».

Lo street artist di Torino che sceglie l'anonimato: «Mi piace la satira ma non chiamatemi Banksy» foto 4

 

In quali momenti esci a fare le tue «bravate»? Ti si immagina di notte, incappucciato, che ti aggiri per Torino senza voler essere visto…

«In realtà non mi capita solo di notte, ho “colpito” anche in pieno giorno. Addirittura c’è chi – ancora non ho capito come faccia – conosce i miei giri. Ci sono fotografi che mi aspettano quando sanno che uscirò di casa».

Un bandito un po’ sbadato.

«Umano!»

C’è un ritorno nel tuo lavoro? C’è chi ti scrive per complimentarsi o mandarti a quel paese?

«In tantissimi mi scrivono, o ripostano i miei lavori. Ormai non conto neanche più quelli che fotografano le mie opere in giro per le città, perché sono arrivato a piazzare manifesti anche a Roma o a Napoli. Addirittura Ferzan Ozpetek, una volta, ha ripubblicato uno dei miei lavori. La sindaca Appendino si è comprata uno dei miei quadri (Andrea, oltre a fare lo street artist, espone – sempre sotto pseudonimo – nelle gallerie torinesi i suoi lavori). Anche il mondo della politica ha attenzionato il mio lavoro». 

Lo street artist di Torino che sceglie l'anonimato: «Mi piace la satira ma non chiamatemi Banksy» foto 6

 

Cioè?

«Non posso dire di chi stia parlando, ma sono stato contattato per curare le campagne pubblicitarie di qualche partito».

Ci hai fatto un pensierino?

«Per ora non mi interessa, meglio rimanere indipendente. Mi diverte di più. E poi dovessi darmi al marketing, non lo farei mai come street artist, ma come tecnico del settore. Quindi l’estro creativo, a quel punto, potrebbe anche sfumare».

La tua famiglia lo sa come ti guadagni la fama?

«Lo sanno, lo sanno. Mi appoggiano e mi aiutano pure». 

Prima o poi ti fermerai, smetterai di manifestare il tuo dissenso così platealmente?

«Assolutamente no».

Qual è lo scenario politico futuro di Andrea Villa?

«Di Maio verrà fatto fuori, sarà il capro espiatorio del fallimento del Movimento e allora subentrerà Di Battista. Su Salvini non sono sicuro. Certo è che è il nuovo Berlusconi, ma non so dire se continuerà a crescere o si farà male con le sue mani. Per quanto riguarda il Pd, quasi sicuramente Zingaretti vincerà le primarie, ma, parliamoci chiaro: cosa c’è di nuovo in lui?»

Lo street artist di Torino che sceglie l'anonimato: «Mi piace la satira ma non chiamatemi Banksy» foto 5

 

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