La straordinaria prima pagina del «The Guardian» sul voto per la Brexit

La Camera dei Comuni ha bocciato le 8 proposte alternative per l’uscita del Regno Unito dalla Ue: 8 “No” che sono finiti in prima pagina

Su Twitter ci hanno scherzato su, citando l'intro di Rehab, una famosa canzone di Amy Winehouse: «They tried to make me go to rehab, I said, no, no, no» («Hanno provato a mandarmi in riabilitazione, ma ho detto no, no, no»). La risposta del Parlamento britannico alle 8 proposte alternative all'accordo sulla Brexit, firmato da Theresa May e dal Consiglio Europeo, è stata su per giù la stessa. Con l'unica differenza che i "No" sono stati otto, anziché 3. Le proposte non erano vincolanti: servivano solo a capire se in Parlamento si fosse formata una maggioranza su una o più alternative.


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Col voto di ieri, 27 marzo, la situazione si è fatta ancora più ingarbugliata. E il Parlamento ha dimostrato di non avere le idee più chiare del governo. Tra le 8 proposte messe ai voti, una prevedeva l'uscita senza accordo, il No deal; un'altra la revoca della Brexit, qualora il Parlamento si fosse opposto a tutte le soluzioni prima del 12 aprile; un'altra ancora, quella che ha ricevuto più "Sì", prevede un secondo referendum per ratificare un eventuale accordo raggiunto dal Parlamento. Le altre proposte sono più tecniche e riguardano i rapporti di collaborazione economica con l'Ue.

Lo stallo a cui si è arrivati ieri nasce da due fatti: la bocciatura dell'accordo che Theresa May ha raggiunto col Consiglio Europeo, che per la premier resta la soluzione migliore per attuare il voto espresso col referendum del 2016; e la profonda diversità di vedute tra le varie forze che compongono il Parlamento. Per far approvare il suo accordo, May è arrivata a giocare una carta disperata: quella delle sue dimissioni.

Durante il Question Time, la premier aveva annunciato di essere «disposta a lasciare l'incarico pur di assicurare una Brexit ordinata» e allontanare lo spettro del No deal, che secondo molti esperti danneggerebbe l'economia del Regno Unito.

In teoria, il Regno Unito avrebbe dovuto formalizzare l'uscita dal Unione Europea entro il 29 marzo, ma la scadenza è stata prorogata proprio per permettere a May di trovare un accordo. La prima data era stata fissata al 22 maggio ma solo se la premier avesse raggiunto un accordo entro la settimana appena passata, accordo che non è mai arrivato. May ora avrà tempo fino al 12 aprile per far sapere alla Ue cosa intende fare: scegliere il No Deal o partecipare alle elezioni europee e chiedere un'ulteriore proroga.