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Poco preparati, troppo ansiosi e spesso rassegnati. Come viviamo i colloqui di lavoro – Lo studio

01 Febbraio 2020 - 19:58 Redazione
L'82% degli intervistati ha ammesso di non raccogliere informazioni sul potenziale datore di lavoro prima di un colloquio

Trovare un lavoro, e poi un altro e un altro ancora. I colloqui sono una costante nella vita, soprattutto vista la precarietà degli impieghi e la velocità con cui si è spesso costretti a cercare un lavoro nuovo. Eppure, come rivela uno studio realizzato dall’Osservatorio Jobiri su un campione di circa mille giovani (953) tra 18-29 anni, la maggior parte di loro si affacciano ai colloqui con ansia e, nei peggiori di casi, con rassegnazione.

Ansia, confusione e rassegnazione. Ma anche scarsa preparazione

Preparazione insufficiente e molta ansia da prestazione, tanto che il 73% degli intervistati dice di vivere in modo stressante ogni colloquio. Due terzi invece – circa il 68% – entrano in uno stato confusionale, mentre in un terzo dei casi il sentimento predominante è la rassegnazione.

Complice però anche una scarsa preparazione. La maggior parte dei candidati infatti non arriva adeguatamente informata ai colloqui. L’82% non raccoglie neppure informazioni sul potenziale datore di lavoro. A questo si aggiunge una cattiva prestazione durante il colloquio: il 57% dei candidati dice di non interagire efficacemente con chi dovrebbe reclutarli.

«Osservatorio Jobiri sugli ostacoli alla ricerca del lavoro online e offline 2020 
– Focus Giovani»

Carenza di personale dedicato alla preparazione dei candidati?

Tre quarti degli intervistati dicono di non aver ricevuto adeguata formazione su come affrontare la ricerca del lavoro e il 69% evidenzia una carenza di personale formato in tal senso. Una percezione che trova una conferma nei dati poco rassicuranti sull’Italia.

Nel nostro Paese ogni operatore di un centro per l’impiego deve gestire circa 254 disoccupati. In Francia invece il rapporto è molto inferiore: si parla di un solo impiegato per ogni 54 disoccupati. Ancora meglio la Germania, dove il rapporto è di un impiegato per ogni 30 disoccupati. Lo stesso problema vale per i Career Service in Italia, dove per ogni dipendente ci sono circa 500 laureati.

Foto di copertina: Tim Gouw su Unsplash

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