La sentenza della Cassazione che “sdogana” la masturbazione in treno: «Non è reato»

Il caso di un uomo che si stava masturbando in una carrozza: denunciato per atti osceni, i giudici lo assolvono

Una sentenza della Sesta sezione penale della Corte di Cassazione stabilisce che masturbarsi in treno davanti a una donna non costituisce reato di atti osceni in luogo pubblico, punito con la reclusione fino a 4 mesi secondo il Codice Penale. E questo perché «l’interno di un vagone ferroviario non può essere ritenuto un luogo abitualmente frequentato da minori». La vicenda risale al giugno del 2019, quando la passeggera di un treno segnalò agli agenti della Polizia Ferroviaria che un uomo si stava masturbando davanti a lei. Il Fatto Quotidiano racconta oggi che l’uomo viene arrestato con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale perché dà in escandescenza quando vede gli uomini in divisa. Ma gli contestano anche il reato di atti osceni, compiuti «con il chiaro intento di molestare la donna». In Tribunale regge solo l’imputazione di resistenza a pubblico ufficiale, per la quale l’uomo viene condannato. Assoluzione, invece, per l’altra accusa in quanto non sussiste «il pericolo che i minori assistessero alla condotta».


A quel punto il caso finisce davanti al Palazzaccio. Il procuratore chiede la condanna, ma la Corte è di tutt’altro avviso: «Questa Corte ha più volte affermato che “… per “luogo abitualmente frequentato da minori” non si intende un sito semplicemente aperto o esposto al pubblico dove si possa trovare un minore, bensì un luogo nel quale, sulla base di una attendibile valutazione statistica, la presenza di più soggetti minori di età ha carattere elettivo e sistematico “Sez. 3 -, Sentenza n. 26080 del 22/07/2020, Rv. 279914 – 01”. Inoltre, proprio con riferimento ad un caso analogo, è stato affermato che l’interno di un vagone ferroviario in movimento per l’ordinario servizio viaggiatori non può essere ritenuto un luogo abitualmente frequentato da minori (Sez. 3, Sentenza n. 24108 del 21/7/2016, dep. 2017, Sibilla). Da tale precedente, in termini, non vi è ragione per discostarsi per cui, anche nel caso di specie, va escluso che il dato luogo in cui il ricorrente ha tenuto la condotta comporti la integrazione del reato in questione».


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