Ecco perché il sostituto pg di Milano Tarfusser crede innocenti Rosa e Olindo

E chiede di riaprire il processo sulla strage di Erba del 2006

Il sostituto procuratore generale di Milano, Cuno J. Tarfusser, ha chiesto alla Corte di appello di Brescia la revisione del processo che ha condannato all’ergastolo Olindo Romano e Rosa Bazzi per la strage di Erba (Co) dell’11 dicembre 2006. Quella sera vennero uccise una dopo l’altra tre donne e un bambino e ferito gravemente il marito di una delle donne. In 58 pagine Tarfusser smonta i capisaldi di quella sentenza e le tre prove regine per la condanna (una macchia di sangue di una delle donne uccise, trovata nell’auto di Olindo; la testimonianza del sopravvissuto, Mario Frigerio, deceduto poi anni fa e la confessione degli stessi Olindo e Rosa del 10 gennaio 2007) ed elenca tre nuove prove raccolte dalla difesa degli imputati con la consulenza tecnica di 17 luminari della medicina e della psichiatria.


Le incongruenze nella sentenza di condanna

Tarfusser inizia ricordando le incongruenze non citate nella sentenza di condanna. La prima è che i delitti vennero «commessi con armi da punta e corpi contundenti che mai verranno ritrovati». La seconda è quella della testimonianza di Frigerio che al primo interrogatorio non accusò né Rosa né Olindo, sostenendo di essere stato aggredito da uno sconosciuto dalla pelle olivastra. Versione ripetuta in successivi incontri e poi cambiata dopo settimane solo su «imbeccata» di un luogotenente dei carabinieri che continua a insistere su Olindo. La terza incongruenza è proprio quella della confessione del 10 gennaio di Rosa e Olindo. I due si erano infatti sempre proclamati innocenti, perfino nell’interrogatorio di due giorni prima, l’8 gennaio. Gli inquirenti li avevano fatti incontrare in carcere intercettandoli, così come prima del fermo avevano fatto sia in casa che nella loro auto. Mai da quelle intercettazioni erano emersi indizi di colpevolezza, e anzi i due si interrogavano su chi potesse essere stato l’autore della strage. Tarfusser sottolinea in proposito come nelle sentenze: «Nessuno spazio viene dato agli interrogatori dell’8 gennaio 2007, solo due giorni prima di quelli in cui rendono le “confessioni”. Nessuna delle due sentenze ne tratta, non hanno alcun valore, sono tamquam non essent. Eppure sono, a mio avviso e per quanto dirò, di grande, di fondamentale importanza perché sono propedeutici alle confessioni».


Le confessioni

Il sostituto procuratore generale di Milano ha voluto ascoltare anche la registrazione della loro confessione del 10 gennaio 2007, non fidandosi delle trascrizioni. E annota: «Il semplice ascolto lascia esterrefatti. Innanzitutto il contesto ambientale. Questo è caratterizzato da un enorme squilibrio numerico, culturale, emozionale, giuridico. All’interrogatorio dei due fermati, una semianalfabeta e un netturbino, procedono addirittura quattro (!) Pubblici Ministeri e (almeno) un ufficiale di polizia giudiziaria, l’onnipresente Lgt. GALLORINI. A difenderli è un difensore d’ufficio che, stando ai verbali e all’audio, è una presenza meramente fisica, di regolarità formale dell’ interrogatorio, non certo di effettività che il suo ruolo e la sua funzione imporrebbero. La pressione, soprattutto psicologico-emotiva, cui i due fermati sono stati assoggettati è enorme». I consulenti poi hanno interrogato in carcere entrambi i coniugi, certificando come siano disposti sotto pressione a confessare fatti del tutto inventati anche a loro danno. Non solo, continua il magistrato, «Resta anche da capire – materia anche questa poco esplorata dalle sentenze delle Corti di merito – cosa accadde nelle circa 48 ore tra gli interrogatori dell’8 gennaio e quelli del 10 gennaio 2007. Certo è che i due sono soggetti a qualche “manipolazione” da parte dei Carabinieri che la mattina del 10 gennaio sono entrati in carcere, apparentemente per prendere le impronte ai fermati, cosa che, per esperienza, viene fatto all’atto dell’esecuzione di un fermo o di un arresto e prima della conduzione in carcere, Attività che comunque non necessita di tre ore».

La perizia

Oltre ai dubbi sulla inchiesta, arrivano le perizie dei 17 consulenti. La prima è sulla testimonianza di Frigerio, che giudicano non attendibile ed acquisibile agli atti. «Frigerio sviluppò», spiegano, «a seguito dell’aggressione, una disfunzione cognitiva provocata da intossicazione da monossido di carbonio, arresto cardiaco, shock emorragico e lesioni cerebrali focali. Stante la gravità dei singoli eventi neurolesivi, la loro concomitanza in un soggetto anziano e iperteso ha sicuramente determinato un complessivo scadimento delle funzioni cognitive necessarie a rendere valida testimonianza». Il magistrato milanese aggiunge poi che «il testimone fu progressivamente indotto ad aderire a suggerimenti che determinarono l’installazione di una falsa memoria circa la corrispondenza tra l’aggressore sconosciuto e Olindo Romano». La procura generale di Milano ha poi proceduto alla «decodifica e trascrizione integrale delle intercettazioni ambientali dal 20 dicembre 2006 al 3gennaio 2007 compresi, mai effettuate prima, dalle quali si evince che il testimone fu esposto ad alterazione del ricordo da parte dei figli e del suo avvocato. Queste stesse trascrizioni sono inoltre prova ulteriore del decadimento cognitivo di Frigerio, che lo rendeva inidoneo a rendere testimonianza». Infine la macchia di sangue che sarebbe stata trovata in auto. Per tutti i consulenti tutta la documentazione non dimostra la sua esistenza, che per altro era sfuggita anche alla perquisizione immediata. Ma salta fuori- non citata nelle sentenze- un ripetuto esame da parte dei Ris della scena del delitto e dell’abitazione di Rosa e Olindo in cui non si trova alcuna traccia genetica loro sulla scena del delitto e nessuna traccia genetica delle vittime nella casa della coppia condannata per la strage. Ora il processo può davvero essere riaperto.

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