Messina Denaro, gli anni nascosto in Calabria protetto dalla ‘Ndrangheta: gli affari su droga e parchi eolici

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, lo stragista di Cosa nostra si sarebbe nascosto in casolari fatiscenti, costretto a cambiare frequentemente i nascondigli

A proteggere la latitanza trentennale di Matteo Messina Denaro è stata anche la ‘Ndrangheta. Ne sono certi gli inquirenti, secondo i quali prima del trasferimento dello stragista di Cosa nostra a Campobello di Mazara, a otto chilometri da Castelvetrano dove ha trascorso gli ultimi anni, ha vissuto a lungo in Calabria. Come riporta il Corriere della Sera, il riparo calabrese del boss non è stato comodo quanto quello trapanese, dove è riuscito a vivere apparentemente senza timori di essere ritrovato usando un falso nome e con una quotidianità defilata. Messina Denaro avrebbe trovato rifugio grazie alle ‘ndrine locali tra Lamezia Terme e Cosenza. Un periodo durato alcuni anni e trascorso lontano dagli agi che si poi concesso, più simile invece alla latitanza di Bernando Provenzano, che si è nascosto con continui spostamenti spesso in casolari fatiscenti. Ed è stato qui che il boss avrebbe portato a termine alcuni affari, a partire dai traffici di droga sfruttando l’egemonia dei clan locali, passando per un progetto per mettere in piedi un villaggio turistico. E poi ci sarebbero stati piani su nuovi impianti eolici, un settore in cui Messina Denaro aveva già investito in Sicilia attraverso l’imprenditore Vito Nicastri. Il periodo calabrese durante la latitanza di Messina Denaro compare anche in alcune intercettazioni di due suoi fedelissimi. Il 3 settembre 2016, due mafiosi di Partano, nel Trapanese, Nicola Accardo e Antonino Triolo, dicevano in una conversazione intercettata: «Dice che Matteo era in Calabria ed è tornato…».


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