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La ragazza che ha accusato il bidello della palpata da 10 secondi: «Mi ha preso alle spalle, è violenza»

12 Luglio 2023 - 07:10 Redazione
bidello assolto stupro 10 secondi
bidello assolto stupro 10 secondi
Per i giudici mancava l'elemento soggettivo. Ma lei non ci sta e si sfoga

Qualche giorno fa si è parlato della storia del bidello romano assolto dall’accusa di violenza sessuale. Secondo i giudici quella del collaboratore scolastico nei confronti della studentessa dell’istituto cine-tv Rossellini non è stato stupro. Perché si è trattato di un fatto episodico e della durata di meno di dieci secondi.  I giudici hanno assolto il bidello «perché il fatto non costituisce reato». Il 12 aprile del 2022 il toccamento è avvenuto «senza l’elemento soggettivo». Ovvero la volontà di palpeggiare. Ma oggi la studentessa parla con il Corriere della Sera. E dice che per lei non è stato uno scherzo. «Per i giudici c’è stato un intento scherzoso? Il bidello mi ha preso alle spalle senza dire nulla. Poi mi ha infilato le mani nei pantaloni e sotto gli slip. Mi ha palpeggiato il sedere. Poi mi ha tirato su tanto da farmi male alle parti intime. Questo, almeno per me, non è uno scherzo».

«Non è uno scherzo»

 Il pm aveva chiesto una condanna a tre anni e mezzo di reclusione.  «Amo’, lo sai che scherzavo», aveva detto nell’immediato lui a lei. La giovane, assistita dall’avvocato Andrea Buitoni, dice che «si scherza in due e qui il bidello ha fatto tutto da solo». E ancora: «Non è questo il modo con cui un anziano scherza con una ragazzina di 17 anni. Almeno secondo me». Ora è molto arrabbiata: «Questa non è giustizia. Inizio a pensare di aver sbagliato a fidarmi delle istituzioni perché mi sono sentita tradita due volte. Prima a scuola, dove è successo quello che è successo. Poi dal tribunale». Ma secondo lei: «quella manciata di secondi è bastata al bidello per farmi sentire le sue mani addosso, come hanno riconosciuto i giudici. Allora mi chiedo: se fosse durato di più, cosa avrebbero detto? Che ero consenziente?».

La speranza nell’appello

La scuola almeno le è stata vicino: «I miei amici e le mie amiche, insieme a qualche professore, mi hanno espresso solidarietà, e so che pure un’associazione di studenti ha fatto lo stesso. Mi tira su sapere che molti pensino che sia una vergogna che lo Stato non riconosca certe azioni come atto di violenza». Mentre la sentenza, secondo lei, potrebbe avere un effetto dissuasivo: «Dopo questa decisione, se una ragazza viene palpeggiata, finirà per pensare che non vale la pena denunciare una violenza. Nel mio caso la denuncia l’ha presentata la scuola, che mi ha sostenuta. Le denunce vanno fatte per avere giustizia. Il silenzio, in generale, protegge gli aggressori». Tuttavia ha la speranza «che la Procura faccia appello, perché se non lo facesse, lo vivrei come un altro tradimento». Il ricordo di quel giorno «non svanisce». Perché «ora mi sento giudicata come una poveretta che ha subito due torti».

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