La giunta delle immunità parlamentari del Senato ha deciso a maggioranza di salvare dal processo che il tribunale dei ministri voleva fare partire Corrado Clini, che fu ministro dell’Ambiente durante il governo guidato da Mario Monti. Clini era accusato di molti reati gravi, come turbativa d’asta in associazione per delinquere e la corruzione per avere gestito un piano di finanziamento alla green economy del Montenegro forzando le procedure, favorendo le società che dovevano realizzare i lavori e avendone un tornaconto anche economico per se stesso e per la compagna Martina Hauser.
Le indagini
Nella richiesta del tribunale dei ministri mandata ancora la scorsa legislatura si sosteneva che «il Clini, abusando dapprima della sua funzione, disponeva ingenti risorse economiche del Dicastero di appartenenza, apparentemente finalizzate all’implementazione di progetti diretti all’efficientamento energetico e alla riduzione dell’impatto ambientale di attività antropiche, ma in realtà sin dall’inizio anche destinate a società riconducibili al Clini medesimo e alla sua compagna, Martina Hauser…». Secondo i magistrati infatti sarebbe dalle indagini «stata comprovata l’esistenza di un’associazione convergente sulla figura di Corrado Clini, creata al fine di poter attingere, grazie anche alle società riconducibili ai sodali dell’organizzazione, più fondi possibili da quelli destinati dal Ministero dell’Ambiente italiano alle varie attività di sviluppo ambientale avviate in Montenegro». Fra le utilità ricevute a titolo corruttivo i magistrati citano «l’affitto fittizio pagato per l’utilizzo dell’abitazione di proprietà di Martina Hauser, compagna di Corrado Clini, da parte della DFS Montenegro Engineering doo ed alla quale, dal 01/07/2008 al 02/07/20.13, sono stati certamente erogati euro 151.800, probabilmente da aumentare a euro 175.800. Nell’arco temporale (06/12/2011- 01/04/2013) in cui Corrado Clini era Ministro la Hauser he ricevuto euro 48.000 (…) Nell’arco temporale (05/12/2011-11/03/2013) in cui Corrado Clini era Ministro il medesimo e la compagna hanno ricevuto servizi per euro 115.000».
Il no del Senato
Il relatore della autorizzazione a procedere, il forzista Adriano Paroli, per motivare il suo no (poi approvato a maggioranza dalla giunta) ha sostenuto che «le attività del ministro Clini si pongono in senso coerente con quelli che erano i principi ispiratori della politica governativa dell’epoca, con particolare riguardo alla vocazione europeistica dell’Italia e alle politiche per lo sviluppo e la crescita, trasfondendoli nel settore di pertinenza del Ministero dell’ambiente. Nel caso di specie, appare evidente dagli elementi sopra richiamati come il perseguimento di un preminente interesse pubblico sia consistito, da un lato, nel tentativo di promuovere la conversione verde soprattutto dei paesi di nuova economia e in crescita, tra i quali rientra il Montenegro, dall’altro, nel promuovere progetti tesi a sostenere l’adesione del paese balcanico all’Unione europea». Secondo la tesi di Paroli, condivisa da molti altri senatori alcuni pure di opposizione, se anche si fosse turbata una gara d’appalto per perseguire finalità pubbliche coerenti con il programma del governo, il reato non potrebbe essere perseguito. Ma Paroli stesso si è reso conto che la “finalità pubblica” in caso di corruzione – e quindi di interesse chiaramente privato – diventava difficile da sostenere, e ha proposto di respingere la richiesta dei magistrati senza citare il reato di corruzione, in modo che il Tribunale dei ministri potesse inviare una seconda richiesta di autorizzazione a procedere solo per il reato corruttivo.
La proposta di Paroli però è stata ritenuta inammissibile dal presidente della giunta, Dario Franceschini, che ha sostenuto la mancanza di precedenti su “una doppia via”, imponendo di dire un sì o un no in blocco valido per tutti i reati di cui Clini era stato accusato. Per questo la scelta definitiva messa ai voti è stata quella di salvare Clini dal processo per tutte le imputazioni. La giunta ha votato a maggioranza e ora a settembre quel voto che salva l’ex ministro di Monti dovrà essere confermato o bocciato dall’aula dove la stessa maggioranza che ha detto no in giunta avrebbe i numeri per ripeterlo. Sarà interessante vedere se quel giorno sarà presente e prenderà la parola il capo del governo di allora, quel Monti che oggi è senatore a vita.
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