Il prezzo del cacao continua a crescere. Dal clima alle speculazioni, le ragioni dell’aumento

A pesare moltissimo sui prezzi sono anche le nuove regole europee relative alla deforestazione

Continua l’inarrestabile ascesa del ​prezzo del cacao. Una cattiva notizia per i produttori locali – gli ultimi nella catena di produzione del cioccolato – ma anche per l’Europa, in particolare per la Germania e per la Svizzera, famose per produrre barrette di alta qualità ma anche, come mostra il grafico di Bloomberg qui sotto, per mangiarne molto più che altrove. Il 9 aprile 2024 il cacao ha superato i 10mila dollari a tonnellata (un valore triplicato nel giro di un anno) e vale oggi più del rame, materia prima chiave per i semiconduttori. Le ragioni del rialzo sono molteplici: dai cambiamenti climatici, che portano al crollo della produzione, alle politiche anti-deforestazione europee e alla speculazione dei mercati.


BLOOMBERG | Il consumo pro-capite di cioccolato

Il ruolo di El Niño nel calo della produzione

​La prima​ causa dell’ascesa del prezzo del cacao è il calo della produzione dei Paesi dell’Africa occidentale, soprattutto la Costa d’Avorio e il Ghana, che sono rispettivamente il primo e il secondo produttore mondiale. Ma una produzione ridotta la si nota anche in Nigeria e Camerun, per via della siccità dovuta a El Niño, quel fenomeno climatico che si presenta in media ogni cinque anni e che provoca un forte riscaldamento delle acque superficiali dell’Oceano Pacifico. «In questi mesi abbiamo assistito a un’alternanza di piogge torrenziali e periodi di forte siccità. È quello che in genere viene chiamato colpo di frusta climatico», spiega a Open Giorgio Vacchiano, ricercatore dell’Università degli Studi di Milano ed esperto di Gestione e pianificazione forestale. Il primo Paese a lanciare l’allarme è stato il Ghana, che quest’anno non avrà abbastanza semi di cacao per assicurarsi il raccolto. L’ente regolatore Ghana Cocoa Board fa affidamento su finanziamenti esteri per pagare i coltivatori di semi di cacao, ma se non ​ne produce abbastanza quei quattrini non li ottiene​. Un’altra importante ragione è la presenza di alcune fitopatie che gli agricoltori africani non sono riusciti a contrastare per via della scarsa disponibilità a quelle latitudini di fungicidi e antiparassitari.


Le norme Ue contro la deforestazione

Secondo chi segue questo mercato, a pesare moltissimo sono anche le nuove regole europee relative alla deforestazione. A giugno del 2023 l’Unione europea ha approvato un nuovo regolamento che vieta di importare e distribuire prodotti ottenuti da coltivazioni o allevamenti che abbiano provocato interventi di deforestazione. Un intento nobile, non c’è dubbio, ma che rischia di avere conseguenze non sempre positive, soprattutto per chi, guardando all’intera catena di fornitura di cacao, sta in fondo. In Costa d’Avorio, per esempio, ci sono già zone in cui il cacao viene prodotto senza deforestare anche prima delle regole europee, ma non tutti possono permettersi di coltivare in modo sostenibile. «Effettivamente c’è un po’ di preoccupazione», ammette Vacchiano. «Chi pagherà – si chiede l’esperto – il carico amministrativo supplementare che le aziende dovranno sostenere per garantire la tracciabilità dei prodotti?». Al momento, le opzioni sono tre. Primo: il costo viene scaricato sui consumatori, che riconoscono il valore della conservazione delle foreste e sono disposti a pagare di più per il cioccolato che comprano. Secondo: le aziende produttrici si accollano i costi aggiuntivi e accettano di ridurre il proprio margine di profitto. E infine, l’ultima opzione: scaricare tutto il peso su contadini e produttori locali.

Fave di cacao (Dreamstime/Narong Khueankaew)

L’impatto sui piccoli produttori

Al momento, ciò a cui stiamo assistendo è proprio questo terzo e ultimo scenario. «La filiera del cacao è molto articolata. Tendiamo a pensare che siano solo le multinazionali a deforestare, ma spesso anche i piccoli proprietari lo fanno. Per loro è una questione di sicurezza economica», osserva Giorgio Vacchiano. A penalizzare i contadini non sono solo le nuove norme Ue contro la deforestazione, ma anche le politiche di prezzo applicate dai Paesi produttori. Sia in Ghana che in Costa d’Avorio il cacao viene venduto a prezzi fissati a livello nazionale. Questo significa che anche quando la produzione cala i contadini non possono aumentare il prezzo di vendita dei propri prodotti. Chi ci guadagna sono gli intermediari, ossia tutti quei soggetti che comprano dai contadini locali, radunano grandi quantità di merce e sono in grado di stabilire i prezzi con cui viene venduta sui mercati esteri. È notizia di pochi giorni fa che i governi dei due Paesi africani hanno deciso di aumentare del 50% i prezzi alla produzione per i coltivatori di cacao. Una mossa pensata per andare incontro ai piccoli produttori e per incoraggiarli ad aumentare la produzione.

Il colpo di grazia: la speculazione dei mercati

Dulcis in fundo, c’è un ultimo elemento che contribuisce a far lievitare il prezzo del cacao: sono i mercati finanziari che, con il loro cinismo, quando fiutano che un bene diventa raro e inizia a salire, scommettono sul suo rialzo, gonfiando ulteriormente il valore di quell’asset. I rialzi recenti, che hanno portato il prezzo del cacao sopra i 10mila dollari, saranno percepiti dal consumatore nella seconda metà di quest’anno, quando le attuali scorte di prodotti di cioccolato saranno esaurite. Bisogna ricordare, infatti, che la legge dell’Unione europea contro la deforestazione entrerà in vigore solo a partire dal 2025, anche se già stiamo assistendo ai primi effetti.

Le possibili vie d’uscita

In assenza di misure correttive, il rischio è che ciò che sta accadendo con il cacao si ripeta anche con altri prodotti interessati dal nuovo regolamento europeo. È il caso dell’olio di palma ma anche del caffè, che già sta facendo registrare i primi rialzi di prezzo. «L’Europa potrebbe avere un ruolo di assistenza ai produttori, incentivando le pratiche virtuose oppure offrendo strumenti per mettersi in regola. A questo aspetto credo sia stata data poca attenzione», avverte Vacchiano. Alcune realtà, come Fair Trade e Rainforest Alliance, si sono già dette disponibile a offrire assistenza gratuita ai piccoli produttori per adeguarsi ai nuovi standard di sostenibilità. Un altro esempio virtuoso lo si trova in Costa Rica, dove è il governo a incentivare pratiche meno impattanti sull’ambiente. Da un paio di decenni, il paese centramericano paga i piccoli contadini con fondi pubblici in cambio dell’impegno a non deforestare.

Il rischio di un “doppio mercato”

Le politiche europee contro la deforestazione portano a una crescente domanda sui mercati occidentali, in primis dell’Europa, di cacao prodotto secondo i cosiddetti voluntary sustainability standards (VSS), che rende alcune produzioni non acquistabili da alcuni grossi compratori. A questo proposito, per esempio, basti guardare la regolamentazione della Swiss Platform for Sustainable Cocoa, che influenza gli acquisti di un colosso del cioccolato come Nestlé. «La legge contro la deforestazione è fondamentale, ma rischia di creare un doppio mercato», conferma Vacchiano. Se ai contadini non saranno dati abbastanza strumenti per mettersi in regola, i produttori potrebbero dividersi in due. Da un lato, chi riesce a garantire tutti gli standard di sostenibilità e tracciabilità richiesti dal mercato europeo. Dall’altro, chi non riesce a tenere il passo con la nuova legislazione e finisce per vendere i propri prodotti a Cina, Indonesia e Paesi che hanno requisiti di legge meno stringenti.

Un coltivatore di cacao in Costa d’Avorio (EPA/Legnan Koula)

In copertina: Un dipendente di una fabbrica di cioccolato a Miami, in Florida (EPA/Cristobal Herrera-Ulashkevich)

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