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Matteo Falcinelli, altri due video inchiodano la polizia di Miami: la lite fuori dal locale, il ginocchio sul collo, poi le torture in cella

«Ridatemi i miei due cellulari», chiede a più riprese il giovane, alterato. Gli agenti glieli negano, poi passano alle maniere forti. Aperta un’indagine interna

La polizia di Miami ha avviato un’indagine interna in merito alla vicenda di Matteo Falcinelli, il giovane italiano fermato dagli agenti a fine febbraio dopo un diverbio in un locale notturno e sottoposto a trattamenti degradanti durante e dopo l’arresto. Il caso è esploso soltanto ieri, dopo che i video delle bodycam degli agenti che hanno ammanettato, picchiato e poi «incaprettato» Falcinelli sono stati messi a disposizione del legale e pubblicati in anteprima dal quotidiano La Nazione. Lo scandalo mediatico e diplomatico – con il ministro degli Esteri Antonio Tajani che ha assicurato la «massima attenzione» del governo sulla vicenda – sembra ora aver spinto, secondo «fonti informate» citate da Ansa, la polizia di Miami ad aprire una indagine interna. La ragione della mossa sta anche con ogni probabilità nella distanza che pare siderale tra quanto riportato dagli agenti nel rapporto di servizio e la cruda realtà che emerge dai filmati del fermo del giovane. Secondo quanto scrive oggi La Repubblica, infatti, ci sarebbero almeno altri due video di quanto accaduto a Miami in quella notte tra il 24 e il 25 febbraio. Il quotidiano li ha potuti visionare e può testimoniare di come Falcinelli venga immobilizzato e maltrattato a più riprese dai poliziotti a freddo, senza alcuna ragione apparente, se non l’agitazione del giovane.


Il film dell’orrore

Camicia bianca e jeans, nel primo filmato visionato Falcinelli è fuori dal Dean’s Gold, un locale con spogliarelliste a nord di Miami. Ha due macchie di sangue e chiede ripetutamente agli agenti di riavere i suoi due cellulari. È visibilmente alterato, forse – ipotizza Repubblica – sotto effetto di Ghb, la “droga del sesso” che a Miami si trova ovunque. Non ricorda come sia finito fuori dal locale, ma a quanto pare ha avuto un alterco con un buttafuori del locale, ed è rimasto senza i suoi due telefoni, su cui ha tutto. Chiede a più riprese di averli. Ma al contrario di quanto scritto nel rapporto di polizia, non risulta chieda mai di riavere indietro 500 dollari, il prezzo di una prestazione di mezz’ora con una escort, offerta che l’italiano sostiene di aver subito respinto. Al contrario nel rapporto di polizia non c’è alcun riferimento ai due telefonini “scomparsi”. Che a un certo punto ricompaiono, consegnati dal buttafuori a un agente. Ma a quel punto gli agenti sono già passati all’azione: immobilizzato Falcinelli, lo stendono a terra e lo ammanettano. Un poliziotto gli mette il ginocchio sul collo, nella tristemente celebre mossa che portò anni fa alla morte a Minneapolis di George Floyd. Il giovane italiano in effetti fatica a respirare, protesta, dice «non sto facendo resistenza». Ma i poliziotti non si fermano.


I cellulari sequestrati e la versione «ritoccata» della polizia

I due cellulari reclamati da Falcinelli sono nel frattempo ricomparsi, come detto. Presi in carico da un agente, che li riceve dal buttafuori senz’alcuna sorpresa. Dice semplicemente «grazie» e lo appoggia all’interno della macchina di servizio, insieme agli altri effetti personali già requisiti allo studente italiano: documenti, portafoglio, chiavi, carta di credito e documenti di Falcinelli, come se avessero fatto parte del sequestro iniziale e non fossero spuntati in un secondo momento. Un agente li appoggia vicino allo studente, che intanto è steso a terra, con le mani legate dietro la schiena. Sull’auto alla fine viene caricato pure Falcinelli, mentre sul posto arrivano altre macchine della polizia. In tutto sono nove, secondo Repubblica, «come se si trattasse di un pericoloso criminale». Secondo i familiari del ragazzo, è in questo momento che i diversi agenti sul posto decidono una versione comune con cui giustificare l’arresto. Uno dei poliziotti, probabilmente il capo, fa segno di spegnere l’audio delle bodycam. «Lui ha continuato a toccarci tutti, non è così?», è l’ultima frase sibillina che si sente pronunciare, come a “costruire” una giustificazione per il fermo. Sempre secondo i familiari, in realtà Falcinelli avrebbe appena sfiorato uno di loro, dopo essere stato spintonato. Nelle immagini si vede in effetti lo studente indicare il nome di riconoscimento sulla targhetta di uno di loro, e minacciare di denunciare lui e il suo collega.

L’aggressione a freddo in cella

Possibile sia bastato tanto a scatenare le furie degli agenti? Quel che è certo è che la «vendetta» della polizia di Miami non si è fermata lì. In un altro video, che precede di pochi istanti il primo già diffuso dello scioccante «incaprettamento», si vede il momento in cui gli agenti decidono di passare per la seconda volta all’azione. Falcinelli è nella cella della centrale di polizia. Camminare avanti e indietro, in silenzio, mentre gli agenti discutono tra loro. All’improvviso, come rispondendo a un’indicazione, tre agenti si girano e si dirigono verso la cella, seguiti da un quarto, quello che ha la bodycam, che si infila i guanti. Aprono la porta, mettono a terra lo studente e danno il via al trattamento degradante destinato a lasciare ferite profonde su Falcinellli: fisiche e non solo.

La battaglia della madre

La madre del giovane, Vlasta Studenicova, ora a Miami a fianco del figlio, intende andare fino in fondo a questa storia. Gli avvocati della famiglia hanno chiesto di poter visionare tutte le immagini disponibili di quanto accaduto, delle bodycam e delle telecamere interne alla cella. Non hanno avuto ancora risposta. Chissà se arriveranno ora dall’indagine interna della polizia o tramite altre strade. Nell’attesa, la donna ha parlato oggi in tv, ospite di Monica Maggioni al programma In Mezz’Ora. «Matteo voleva andare a riprendere i suoi due telefoni rimasti nel bar e li chiedeva, ma gli agenti invece che assisterlo lo invitavano ad andare via. Poi lui ha cominciato a rivolgersi agli agenti chiedendogli perché non facessero il proprio lavoro al servizio dei cittadini, ma proprio in quel momento con un dito ha toccato il badge di uno degli agenti e da lì è partita l’aggressione e l’arresto», ha ribadito la ricostruzione Studenivova. «L’arresto non si consuma solo nell’ammanettamento, gli agenti mettono il ginocchio sul collo di Matteo impedendogli di respirare come nel triste caso di George Floyd. Quando il poliziotto si alza, mentre lui è in stato di incoscienza, dietro arriva la guardia di sicurezza che porta in mano i telefoni di Matteo: questa è la prova che mio figlio non stava mentendo e aveva il diritto di chiedere quei telefoni», ha aggiunto la donna, facendo sapere che suo figlio ora «si trova ora al campus universitario, dove giorno e notte sono lì a sorvegliarlo perché lui ha paura di tutti e tutta la sua voglia di vivere si è trasformata in un incubo di vivere».

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