Cariche che non esistono, numeri ballerini, ennesimo benservito via stampa. Cosa non torna nella versione di Luciano Benetton sulla crisi del suo gruppo

Le ombre e i dubbi non chiariti dietro la denuncia di Luciano Benetton sulla crisi del gruppo

Un buco nei conti che dall’annuncio di sabato scorso di Luciano Benetton con una intervista al Corriere della Sera doveva essere di 100 milioni di euro e invece pochi giorni dopo è diventato di 230 milioni di euro dopo avere fatto svalutazioni per 150 milioni di euro. Cifre un po’ ballerine, il dito puntato contro i manager e non poca confusione stanno rendendo un giallo quello che è accaduto ancora una volta dentro il gruppo Benetton. Perché non tutto torna di quel che è emerso fino ad oggi su agenzie e giornali.


Il licenziamento del manager con una intervista al Corriere della Sera

Nella intervista concessa a Daniele Manca il capostipite della famiglia, Luciano, ha spiegato: «Mi sono fidato e ho sbagliato. Sono stato tradito nel vero senso della parola». E ha puntato senza mezzi termini il dito contro l’amministratore delegato del gruppo, Massimo Renon, che ha accusato di avere nascosto le perdite della società fino a quando non era più possibile farlo. Al giornalista che ne chiedeva l’ammontare Luciano ha risposto: «Saremo attorno ai 100 milioni». Martedì 28 maggio il Benetton group ha approvato un bilancio 2023 che è risultato in perdita di 230 milioni di euro, e la differenza non è poca, tanto più in una società il cui fatturato ufficiale del 2022 (ultimo bilancio noto nel dettaglio) ammontava a 741 milioni di euro. Il giorno dopo si è scritto che la perdita derivava anche da una svalutazione del magazzino per 150 milioni di euro, ma questo è impossibile anche avendo tutta carta straccia, perché il valore del magazzino era inferiore a quella somma avendolo già svalutato di 40 milioni di euro l’anno precedente. Fatto sta che Luciano Benetton ha emesso la sentenza su Renon e la sua squadra: «O sono impreparati al punto da non saper comprendere i fondamentali dell’azienda; quindi, in buona fede ma gravemente inadeguati agli incarichi che hanno ricoperto, oppure hanno deciso volontariamente di tenere nascosta la realtà dei fatti quindi omettendo informazioni preziose, fino al punto in cui non hanno più potuto nascondere la verità».


Massimo Renon, ex Ad del gruppo Benetton

Stesso schema usato da Luciano nel 2017 e nel 2019: manager cattivi e azionista ignaro

Non è la prima volta che un giudizio di questo tipo va in scena. In un’intervista che sembra la fotocopia di quella di questi giorni il capostipite dei Benetton il 30 novembre 2017 spiegava a Francesco Merlo su Repubblica il suo ritorno al comando della azienda in questo modo: «La gestione è stata malavitosa, ma non in senso criminale. Il bilancio è in rosso e gli errori sono incomprensibili. Come se chi governava l’azienda l’avesse fatto apposta». Luciano elencò anche gli errori scoperti sembrava solo quel giorno prima di tagliare la testa ai manager dell’epoca: «Mentre gli altri ci imitavano, la United Colors spegneva i suoi colori. Ci siamo sconfitti da soli. I negozi, che erano pozzi di luce, sono diventati bui e tristi come quelli della Polonia comunista. E parlo di Milano, Roma, Parigi… Abbiamo chiuso in Sudamerica e negli Usa». A un qualsiasi cliente della catena di negozi Benetton erano bastate poche settimane per capire che i capi non erano più colorati ma bianco-grigio-neri, al proprietario dell’impero c’era voluto un pizzico di più: qualche anno. Lo stesso identico schema (l’intervista) si è ripetuto due anni dopo, nel 2019, per segnare un confine fra l’irresponsabilità della famiglia ignara sempre di tutto e quella del management, allora guidato da Giovanni Castellucci, un anno dopo la terribile tragedia del ponte Morandi.

Una delle storiche pubblicità di Benetton

Le informazioni sui conti del gruppo fornite ora solo con il contagocce

In entrambi i casi un pizzico di scetticismo ha accompagnato le rivelazioni di Luciano Benetton che si accorgeva dei guai sempre e solo a cose fatte. Serpeggia anche in questo ultimo caso, dove le informazioni reali sono scarse quanto mai. Il gruppo Benetton non è più quotato in borsa e quindi non deve più rendere conto (per fortuna visti i numeri) a piccoli e grandi risparmiatori. Quindi notizie e numeri sono state veicolate ai media con particolari ogni tanto diversi dalla struttura di comunicazione del gruppo di Ponzano Veneto. È così accaduto che Luciano Benetton secondo le cronache avrebbe partecipato al cda del Benetton group alla fine dimettendosi. Cosa impossibile perché lì non aveva alcun incarico e nessun titolo per parteciparvi. Luciano era invece presidente di Benetton srl, che è una holding di partecipazioni che controlla il 100% del Benetton group. Di entrambe le società, controllante e controllata, era amministratore delegato Renon, manager che fu scelto proprio da Luciano oggi pentito con il capo cosparso di cenere. L’anno scorso entrambe le società avevano proceduto a svalutazioni: la capogruppo Benetton srl aveva svalutato la sua partecipazione in Benetton Group, che a sua volta aveva svalutato parzialmente il magazzino e pure i crediti verso clienti. È probabile che la stessa cosa sia avvenuta anche ora, ma informazioni di dettaglio non sono state fornite al pubblico.

La sede storica del gruppo Benetton a Ponzano Veneto, in provincia di Treviso

Quell’uomo di fiducia di Luciano che non si sarebbe accorto di 250 milioni di perdite

Come era piuttosto sorprendente che fino alla fine del 2017 Luciano Benetton non si fosse accorto che i maglioni in vendita con il suo marchio non fossero più multicolor, qualche scetticismo c’è anche sulla scoperta solo in questi giorni dei conti malandati di Benetton group. Alla presidenza di questa società non c’era appunto Luciano, contrariamente a quanto scritto, ma sedeva comunque uno dei manager di sua assoluta fiducia: Christian Coco, che dal 2015 è il direttore degli investimenti della holding dei Benetton, Edizione, e siede pure nei cda di molte società del gruppo fra cui Mundys, Telepass, Benetton srl e Cellnex Telecom. Il buco nei conti dovrebbe essere stato nascosto non solo al proprietario, ma anche al presidente della società in cui c’è massima fiducia, tanto è che verrà riconfermato anche dopo la fine del rapporto con Renon.

Il manager Christian Coco, dal 2015 direttore degli investimenti di Edizione, la holding dei Benetton

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