Robot Mano di Fata, quando la protesi suona il pianoforte

Una mano meccanica, protesi stampata in 3D messa a punto da un team di Cambridge, è in grado di suonare brani pianistici. Quando si passerà dall’arte alla gestione di casa?

La tecnologia permette già di esplorare mondi lontani, un giorno potrebbe farci scoprire le prime forme di vita non terrestri nello Spazio profondo. Esistono robot che stanno imparando a camminare come noi e persino intelligenze artificiali in grado di sostituire il lavoro umano, ma è ancora difficile trovare un androide che ci rifaccia il letto o prepari un caffè con la moka.


A cosa serve stampare una mano robotica?

Vedere la mano robotica che suona al piano un motivetto natalizio potrebbe sembrare quasi banale, ormai in rete le abbiamo viste davvero tutte. Invece si tratta di una tecnologia di frontiera che cerca di imitare la precisione del tocco umano. Le applicazioni andranno così molto oltre il semplice intrattenimento musicale.


Quanto messo a punto nello studio pubblicato questo mese su Science Robotic è ​​​interessante anche per lo sviluppo di protesi più efficienti, aiutando chi ha subito gravi mutilazioni a sentirsi persone “normali”, come spiega a Open Eliana Streppa, Ingegnera elettronica specializzata in ingegneria biomedica presso l’universita degli Studi di Roma Tre, oltre che divulgatrice scientifica nella community italiana di YouTube:

«Considera che, tra tutte le protesi, possiamo tranquillamente dire che la mobilità della protesi di mano è quella più complicata da replicare. Ad oggi esistono tante protesi che riescono a riprodurre bene i movimenti della mano, ma il punto è che costano troppo e non se le può permettere praticamente nessuno.»

«A quanto vedo, questo studio ha di nuovo il fatto che vuole creare una mano mobile, stampata in 3D. Una mano prostetica normale ha tipo 5 motori, uno per ogni dito, pesa ed è leggermente più grande di una mano normale. A quanto vedo, quello che vogliono fare loro è una figata, vogliono replicare i movimenti dello scheletro per dimostrarne la complessità. Ovviamente ogni studio di questo genere “fa brodo”, nel senso che potrà essere usato per diversi tipi di studi.»

La mano robotica, prodotta mediante la stampa in 3D, ci dà una misura di quanto l’industria del futuro potrà essere personalizzata secondo le esigenze dei singoli utenti: potremo noi stessi fornire il progetto del prodotto desiderato, ottenendolo a casa, come se l’oggetto ci venisse teletrasportato.

Lo studio dei manipolatori robotici

Tecnicamente si chiamano “manipolatori robotici”. Quello in video all’orecchio dei più esperti sembra pure un po’ goffo. Ci dà un’idea di quanto sia difficile replicare quel che il nostro cervello riesce a fare senza grossi problemi; esistono bambini prodigio che suonano il piano infinitamente meglio.

Non di meno, si tratta di uno stimolo importante per sviluppare in futuro macchine sempre più precise, magari in grado di sostituire o assistere i chirurghi durante operazioni che oggi presentano margini di rischio ancora rilevanti.

L’articolo di Science esamina la dinamica di questo genere di sistemi complessi, al fine di migliorarne l’approccio e l’adattabilità a schemi di lavoro tra i più svariati, in modo da permettere ad una protesi di rifare il letto o lavare i denti del paziente a cui è stata innestata.

Cos’è un modello condizionale?

Gli scienziati chiamano “modello condizionale” ciò che permette a questo genere di macchine – un po’ rigide e un po’ “soft” – di operare con efficienza in determinati ambienti. L’approccio del modello condizionale ha permesso in questo caso di modificare la configurazione fisica e la gestualità, consentendo allo scheletro meccanico di eseguire dei brani musicali al pianoforte, con stili e forme diverse. Domani potrebbe invece salvare vite nelle corsie degli ospedali o eseguire lavori pericolosi che i nostri nipoti non vorranno più fare.

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