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Il testimone ucciso a Pesaro, fratello del boss che parlava di politica

26 Dicembre 2018 - 12:56 Sara Menafra
Marcello Bruzzese è stato ammazzato nel tardo pomeriggio di Natale, sotto casa. Era parte del programma di protezione testimoni dopo che suo fratello, braccio destro di Teodoro Crea, ha iniziato a collaborare

I magistrati della procura di Pesaro e della Dda di Ancona fanno capire che la ricerca sarà lunga. Nella notte è partita la caccia ai due killer che il pomeriggio di Natale, attorno alle 18, hanno ucciso Marcello Bruzzese, cinquantuno anni, calabrese, è stato ammazzato nel garage sotto casa, in una stradina nel pieno centro storico di Pesaro. Dopo le prime verifiche, in procura sono arrivati il capo, Cristina Tedeschini, i sostituti procuratori Fabrizio Narbone e Maria Letizia Fucci e Daniele Paci, della Direzione antimafia di Ancona.

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Le parole di Girolamo

Bruzzese, descritto dai vicini di casa al Corriere Adriatico come un tipo cordiale, piuttosto silenzioso, non lavorava perché faceva parte di un programma di protezione testimoni che non gli garantiva una identità protetta e da cui aveva recentemente chiesto di uscire. Il fratello, Girolamo Biagio Bruzzese, decise di pentirsi nel 2003, dopo aver tentato di uccidere il capo della cosca di Rizziconi, in provincia di Reggio Calabria, il potentissimo Teodoro Crea. La famiglia di Marcello Bruzzese era sotto protezione dello Stato dal 2008. Una protezione che di fatto prevedeva solo un sostegno economico, ovvero  casa e stipendio pagati dal ministero degli Interni a Marcello, ucciso ieri, e al fratello Girolamo Biagio Bruzzese, pentito di  'ndrangheta che cercò di uccidere il boss Teodoro Crea. Marcello lasciò Pesaro per tornarvi recentemente, ma senza una vera protezione: il suo cognome appare anche sulla buca delle lettere dello stabile in cui abitava.

Girolamo Bruzzese era il suo luogotenente, ma gli sparò a bruciapelo un colpo di pistola in testa mandandolo sulla sedia a rotelle. Bruzzese aveva provato a far fuori il capo, perché Crea aveva progettato di uccidere uno dei figli di Saverio Mammoliti, uno dei più importanti pentiti della 'ndrangheta reggina che collabora nel 1992. Grazie alle parole di Girolamo Bruzzese, nel 2006 sono finiti in carcere il boss Domenico Rugolo e il genero, esponente dell’Udc, Pasquale Inzitari. Nel 2006 è stato arrestato anche Teodoro Crea e i suoi beni noti sono stati sequestrati: anni dopo, nel 2011, la nazionale italiana, con un gesto di solidarietà a tutte le vittime della malavita, andò ad allenarsi per un giorno proprio a Rizziconi, in uno dei terreni confiscati al clan Crea.

 

 

La dinamica

"Sembravano dei petardi", hanno raccontato i vicini di casa a carabinieri e polizia, intervenuti subito dopo il delitto: in realtà erano una trentina di proiettili sparati dai due killer,  a volto coperto e con un piano ben studiato. Via Bovio è una strada stretta del centro storico, percorribile a senso unico e solo dalle vetture autorizzate. Nel giorno di Natale, pomeriggio, all’ora dell’agguato, era praticamente deserta: nessuno per strada, chiusi i negozi e come pure l’unico ristorante della via, Da Sante, molto noto e frequentato. I due assassini hanno aspettato Marcello Bruzzese davanti al garage, il cui ingresso è attiguo a quello del condominio dove viveva. Appena ha iniziato la manovra di parcheggio gli hanno sparato da distanza ravvicinata, senza lasciargli scampo. 15 colpi calibro 9 che non hanno lasciato speranze.

 

 

L'altro tentativo 

Marcello Bruzzese era già scampato una volta alla morte: nel luglio del 1995, in provincia di Reggio Calabria, allora ventottenne rimase gravemente ferito allo stomaco in un agguato che costò la vita al padre Domenico, braccio destro di Teodoro Crea prima che lo divenisse il fratello.

Nel 2008 aveva già vissuto a Pesaro per un breve periodo della sua vita lontano dalla Piana di Gioia Tauro, prima di trasferirsi in Francia. Da tre anni si era nuovamente trasferito nella cittadina marchigiana e viveva sotto protezione con la famiglia, moglie e figli, nell’appartamento di Via Bovio 28. Un programma soft, visto che non aveva modificato il suo cognome, un particolare che lo rendeva facilmente rintracciabile.

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