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La folla è un fluido: la matematica spiega come gestire il panico

05 Gennaio 2019 - 10:41 Redazione
Uno studio condotto dalle Università di Lione e di Stanford spiega che i movimenti delle masse possono essere compresi e previsti grazie alle leggi dei fluidi

Le leggi della matematica come strumento per gestire il panico collettivo? Secondo i ricercatori delle Università di Lione e Stanford, sì. Lo studio pubblicato sulla rivista Science News riporta che non solo è possibile studiare i movimenti delle folle, ma anche predirli. Analizzandole come se fossero dei corpi fluidi, si possono ricavare le precise regole matematiche che le governano.

Osservando le migliaia di partecipanti alla maratona di Chicago, i ricercatori si sono accorti che i movimenti dei maratoneti confermavano l’ipotesi: verso la linea di partenza seguivano un andamento a ondate regolari e, all’interno della folla, si spostavano a velocità costanti. Un atteggiamento tipico dello scorrere dei corpi fluidi. Gli studiosi hanno riproposto i modelli matematici elaborati con le immagini di Chicago su altre maratone, come quelle di Parigi o di Atlanta, riuscendo a prevederne effettivamente i movimenti.

L’utilità sociale dell’esperimento è cruciale: come spiega il matematico dell’Istituto per le applicazioni del calcolo del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Iac-Cnr) di Roma, Emiliano Cristiani, questo studio permette di “capire i meccanismi delle onde che si creano quando la folla è compressa, come durante un’evacuazione forzata, e spinge in avanti trovando l’ostacolo di altre persone creando un effetto tappo”. “La folla è come se fosse un tutt’uno, come un fluido appunto, un’unica massa elastica”, continua Cristiani. La comprensione di queste dinamiche, quindi, potrebbe consentirci di mettere a punto modelli di prevenzione per le situazioni di panico.

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Prima di questo studio, diverse simulazioni avevano studiato il comportamento dei singoli individui all’interno delle folle, molto spesso imprevedibile. Ma, come si legge dal rapporto di Nicolas Bain e Denis Bartolo dell’Università di Lione, per capire “come fa il vino a roteare in un calice”, non c’è bisogno di studiare i comportamenti di ogni singola molecola: si può guardare direttamente all’insieme.

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