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«Il corpo delle donne come strumento di propaganda»: le città anti-aborto in Italia

16 Febbraio 2019 - 10:31 Angela Gennaro
Il modello Verona ha già molti tentativi di imitazione. Milano, Ladispoli, Ferrara, Roma, Alessandria, Imperia. E un'intera regione come la Liguria. Foto di copertina: Non una di meno Verona

In principio fu Verona. Oggi è Treviso. Ma in mezzo ci sono Milano, Ladispoli, Ferrara, Roma, Alessandria, Imperia. E un’intera regione come la Liguria. Quello che i movimenti femministi chiamano «attacco alla legge 194 sull’aborto» si espande sulla cartina dell’Italia a macchia d’olio. Soprattutto al Nord. A Verona la mozione 434 a firma del consigliere Alberto Zelger è stata approvata dal Consiglio comunale a inizio ottobre: un documento che impegna il sindaco e la giunta a destinare fondi per progetti a sostegno delle donne in difficoltà, con figli o in gravidanza.

«Il problema della mozione sono le motivazioni – spiega Elisa La Paglia, consigliera del Partito democratico – le donne vengono viste come esseri che non sono in grado di scegliere e che sono la causa di tutti i problemi demografici del paese». Il XIII Congresso Mondiale delle famiglie, che quest’anno si terrà proprio a Verona dal 29 al 31 marzo, «va nella stessa direzione – dice ancora la consigliera – e si basa su un concetto di famiglia irreale. Il matrimonio è volto alla procreazione e non può essere interrotto», dice La Paglia.

Non solo Verona: Zevio

Il modello Verona ha già molti tentativi di imitazione. Anche in provincia: accade al consiglio comunale di Zevio, dove il 24 ottobre scorso Alberto Todeschini, consigliere di maggioranza, capogruppo della Lega e rappresentante dei Giovani Padani Veronesi, ha presentato una mozione simile alla 434. Il provvedimento, approvato il 30 ottobre, prevede che Zevio sia proclamata «città a favore della vita» e «promuove le iniziative a sostegno della maternità attraverso l’informazione sulle possibili alternative all’interruzione volontaria di gravidanza».

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Roma e dintorni

Il secondo comune italiano a proclamarsi «città a favore della vita» è a due passi da Roma. Il 27 novembre scorso, a Ladispoli, il consiglio comunale approva la mozione dei consiglieri Giovanni Ardita e Raffaele Cavaliere, entrambi di Fratelli d’Italia. Nella Capitale, invece, l’esito è diverso: la mozione presentata da Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia sul tema dell’aborto e della 194 viene respinta dall’Aula Giulio Cesare. Ispirati dalla mozione di Verona, i consiglieri di Fratelli d’Italia volevano far «proclamare ufficialmente» la Capitale «città a favore della vita». Ma l’Assemblea capitolina, presieduta dal 5 Stelle Marcello De Vito, ha respinto il documento con 33 voti contrari e 6 favorevoli.

Milano

A Milano le attiviste di Non una di meno, vestite con un mantello rosso e un copricapo bianco come le protagoniste della serie Handmaid’s Tale, si sono alzate in piedi mentre in Aula cominciava la discussione sulla mozione anti legge 194, presentata dal consigliere di Forza Italia Luigi Amicone. Tre giorni dopo la mozione è stata ritirata. Amicone «conosceva benissimo i rapporti di forza in consiglio, ma a lui interessava proseguire la strategia in atto a livello nazionale: moltiplicare le mozioni fotocopia, attirare l’attenzione e spostare le opinioni» sulla 194, ha scritto su Facebook Simona Sforza del Pd di Milano. «Un lento e costante lavoro per confondere la popolazione, per demolire piano piano il sostegno al diritto all’autodeterminazione delle donne». Uscita dalla porta, la questione è rientrata dalla finestra: quella nel municipio 5, dove a gennaio la consigliera di Forza Nuova Roberta Perrone ha presentato un’altra mozione pro life sottoscritta da alcuni consiglieri di Lega e Forza Italia.

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Alessandria, Trieste e Modena

Anche ad Alessandria approda un’iniziativa dello stesso tenore, ma il primo consiglio comunale che aveva all’ordine del giorno la mozione Locci-Trifoglio viene rimandato «grazie alla determinazione di centinaia di donne e uomini che dal loggione hanno impedito la discussione», scrive su Facebook il 14 novembre scorso Non una di meno Alessandria. A Trieste, il 6 febbraio, viene ripresentata in commissione una mozione in precedenza ritirata e definita dalle femministe «antiabortista»: e «quando presenteranno la mozione in Consiglio saremo in piazza e saremo tantissime», promettono le militanti.

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A Modena la questione è balzata recentemente agli onori della cronaca: il 7 febbraio le attiviste vestite da ancelle presidiano il Consiglio mentre viene presentato e discusso un ordine del giorno della consigliera di minoranza della Lega Luigia Santoro per «iniziative per la prevenzione dell’aborto e a sostegno della maternità». Non passa.

Ferrara

Anche Ferrara ha la sua mozione contro l’aborto, depositata l’11 ottobre 2018 da un 26enne: il consigliere comunale di Fratelli d’Italia Alessandro Balboni. Un testo molto simile a quello approvato a Verona, che impegna sindaco e giunta a «inserire nel prossimo assestamento di bilancio un congruo finanziamento ad associazioni e progetti attivi sul territorio comunale che operino nell’ambito delle gravidanze difficili» e a «proclamare Ferrara “città che tutela gli indifesi”». «Se volessero il bene delle donne, accoglierebbero la mia proposta», dice il promotore a mezzo stampa rispondendo alle critiche. Una mozione anti-aborto viene messa – senza successo – all’ordine del giorno anche in provincia di Ferrara, a Vigarano Mainarda.

Liguria, mozione regionale

È il 5 febbraio quando il consiglio regionale della Liguria approva a maggioranza una mozione del capogruppo FdI Matteo Rosso, che impegna la Giunta di Giovanni Toti ad «attuare la parte a tutela della maternità della legge 194 per salvaguardare la vita». Contrario il Pd, astenuto il Movimento 5 Stelle. Nel frattempo a Sestri Levante, in provincia di Genova, il 23 ottobre era già stata presentata un’altra mozione-fotocopia di quella di Verona, per iniziativa di due consiglieri del gruppo Lega Liguria Salvini: anche qui si chiede all’amministrazione di proclamare Sestri «città a favore della vita» e finanziare progetti per evitare che le donne in gravidanza abortiscano. E ultima in ordine di tempo viene Imperia. Lo schema è sempre lo stesso: mozione in consiglio comunale – presentata da Orlando Baldassarre, consigliere di Area Aperta, gruppo di maggioranza che sostiene il sindaco Claudio Scajola – contro l’aborto che invita il consiglio comunale a dare il via libera a più finanziamenti per le associazioni pro life e a dichiarare Imperia «città a favore della vita». Verrà discussa venerdì prossimo, 22 febbraio.

«Il corpo delle donne come strumento di propaganda»: le città anti-aborto in Italia foto 1

Il governatore della Regione Liguria, Giovanni Toti. Ansa/Maurizio Brambatti

«Le mozioni vanno inquadrate in un disegno più ampio», spiega Maddalena Robustelli, attivista campana di Se Non Ora Quando. «Sono simili per argomentazioni e matrice ideologica»: i diritti delle donne «vengono usati per creare fronti ideologici: mancando, in questo periodo storico, quelle che erano le ideologie alla base di confronti e scontri politici del passato, le donne vengono usate per schieramenti aprioristicamente ideologici, come i migranti». Sono mozioni «da leggere a 360 gradi: queste forze politiche e le loro espressioni partitiche – alcune fanno riferimento al ministro della Famiglia Fontana, come ha dimostrato la recente trasmissione di Presa diretta – non hanno il coraggio di presentare un referendum contro la 194 o di modificarla sostanzialmente. Ma nel frattempo queste mozioni contro la 194 si inseriscono nel solco di una delegittimazione di questa legge, peraltro nei fatti depotenziata dall’aumento esponenziale dell’obiezione di coscienza».

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