Oggi il nonnismo è contro le donne, l’allarme dei magistrati: «Non possono denunciare»

di OPEN

Il presidente e il pg del tribunale militare: «Senza denunce e senza una vera legge siamo costretti a procedere per semplice diffamazione»

L’arrivo delle donne all’interno dell’esercito ha il suo lato oscuro. E alle pratiche di “nonnismo” in lento calo (almeno quelle effettivamente scoperte) si affiancano vere e proprie violenze sessuali e molestie, in una nebulosa fatta di omertà e paura dalla quale poche sono le voci capaci di emergere e denunciare. A parlarne sono, all’unisono, i vertici della magistratura militare, nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario.


Il procuratore generale, Marco De Paolis, spiega che sarebbe importante fare una legge: «Gli atti di prevaricazione e di violenza che costituiscono il  “nonnismo” spesso si connettono e si associano con una finalità di carattere sessuale. Tale circostanza, evidenzia l'urgente necessità per il legislatore di provvedere alla regolamentazione di un settore nuovo».


Il problema, tra l’altro, aggiunge il presidente della Corte d'appello militare, Giuseppe Mazzi è che molte vicende non vengono qualificate come “nonnismo” o lesioni personali e tantomeno come violenze sessuali: «Ben più frequenti sono stati i fatti di diffamazione, di ingiuria e violenza legati ai rapporti uomo-donna". Il problema è che le cadette, dice il codice militare, non possono denunciare e «non potendosi configurare l'ipotesi di violenza sessuale per mancanza della querela, la procedibilità è risultata condizionata all'esercizio o meno del potere di richiesta di procedimento da parte del Comandante di Corpo, facendo così prevalere, allo stato attuale della normativa, l'offesa generica alla persona rispetto a quella della sfera sessuale della stessa persona offesa».

I dati allegati alle relazioni dei due magistrati non sono allarmanti, ma i numeri di reati che possono nascondere casi di violenza sono in crescita: nel complesso i procedimenti per “diffamazione” sono passati complessivamente da 72 a 85, nel 2018. Nel distretto Nord Est, in particolare, da 22 a 38, quasi raddoppiati. Quasi stabili i casi di ingiuria, da 45 a 43  -anche se sempre a Verona sono in aumento – le lesioni personali sono state 22, più un caso gravissimo con danni permanenti.

Non è l’unico aspetto allarmante. Il procuratore militare De Paolis, che per anni prima a La Spezia e poi a Roma si è occupato dei processi per i crimini nazifascisti, ha sottolineato che anche quando i processi si concludono con  qualche condanna, questa non viene eseguita: «Dal gennaio del 2008 (ossia da undici anni a questa parte) ben 31 mandati di arresto europei emessi dai tribunali militari italiani" nei confronti di criminali di guerra nazisti "non sono stati eseguiti", ha detto. Immediato il parallelo con il caso Thyssen Krupp, anche lì la sentenza non è stata eseguita: “Le mancate esecuzioni di pene per i reati militari sono ben più gravi, almeno in termini di numeri».

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