In Evidenza ENISiriaUSA
LE NOSTRE STORIEDavosGiovaniIntervisteNicolàs MaduroSvizzeraWorld Economic Forum

L’intervista a Cristina Pozzi, l’unica italiana tra i giovani leader del World Economic Forum

17 Marzo 2019 - 07:35 Valerio Berra
Ha 37 anni, è un'imprenditrice e si occupa di organizzare attività di formazione sul futuro. Come fare ad arrivare pronti ai lavori di domani? «Non serve essere bravi programmatori, basta saper dialogare con le nuove tecnologie»

«Il futuro è la meta più selvaggia da visitare». Cristina Pozzi inizia così la sua introduzione a Benvenuti nel 2050, il suo ultimo libro. Non è “solo” un’imprenditrice, non è “solo” una scrittrice. Cristina Pozzi è l’unica italiana nel gruppo dei Young Global Leaders, la selezioni di 126 under 40 che secondo il World Economic Forum stanno cambiando il mondo.

Questo elenco viene pubblicato una volta all’anno ed è dal 2014 che non entrava un italiano. Accanto a lei ci sono attivisti, politici e giovani manager. C’è Juan Guaidò che guida l’opposizione contro NicolasMaduro,c’èKirsty Coventry, nuotratice olimpica e ministro nel governo dello Zimbawe, e Umra Omar che ha fondato i Safari Doctors per portare cure mediche in Kenya. Open ha incontrato Cristina Pozzi a Milano, nei giorni in cui la città si è proiettata nel futuro con tutti gli eventi organizzati in occasione della Milano Digital Week.

Chi sono i Young Global Leaders?
«È un gruppo di giovani che viene selezionato ogni anno dal World EconomicForum. Sono scelti tra persone che stanno avendo un impatto importante, nel proprio ambito di riferimento o nel proprio Paese. Lavorano nel settore pubblico, in quello della cooperazione o sono ai vertici delle più importanti società al mondo».

L'intervista a Cristina Pozzi, l'unica italiana tra i giovani leader del World Economic Forum foto 1

Crisitna Pozzi, il suo ultimo libro si intitola «Benvenuti nel 2050»

Cosa succede quando si entra in questo gruppo?
«A chi è stato selezionato vengono offerte diverse attività. Si parte da quelle più istituzionali, già organizzate dal World Economic Forum, fino a quelle più didattiche. Si possono seguire corsi nelle più importanti università del mondo, come Oxford o Harvard. C’è anche la possibilità di andare una settimana in Groenlandia per toccare con mano i cambiamenti climatici. L’idea è quella di fare un percorso per crescere e acquisire strumenti in grado di accrescere il bagaglio che chi è dentro nel gruppo può portare nel proprio ambito».

Perchései stata scelta anche tu?
«Credo che il motivo sia tutto nel mio percorso professionale. Io ho studiato economia, all’Università Bocconi. Per dieci anniinsieme ad Andrea Dusiho portato avanti Wish Days. Il marchio più famoso con cui operavamo era Emozione3 un’azienda che si occupava di pacchetti vacanze e che è arrivata ad avere nel 2015 un giro d’affari di 40 milioni di euro, con 80 persone che ci lavoravano. Tutto questo prima di vendere al nostro principale concorrente: Smartbox. Abbiamo raggiunto un ottimo risultato sul mercato italiano».

E quindi, sei un imprenditrice?
«Non solo. Sempre con Andrea Dusiabbiamo fondato Impactscool, un’organizzazione che si occupa di fare formazione sul futuro, divulgando i temi legati alle nuove tecnologie e fornendo strumenti e metodologie che permettono di pensare al domani in modo ordinato, prendendo decisioni strategiche. Abbiamo una parte dedicata alle aziende e una parte no profit, dedicata agli studenti. Il nostro obiettivo è far capire ai giovani qual è il loro ruolo nell’influenzare l’andamento del futuro».

Quanti giovani avete incontrato?
«In due anni siamo riusciti a formare 11 mila ragazzi. Abbiamo oltre 50 ambassador, volontari che mettono a disposizione il proprio tempo per aiutarci nella nostra attività divulgativa».

Quali sono le tre tecnologie che cambieranno di più il nostro futuro?
«La prima è l’intelligenza artificiale. Sarà pervasiva su qualunque professione, dal chimico allo psicologo, passando per il commercialista e il legale. Di fronte a questo è importante formarsi e comprendere di cosa stiamo parlando. Bisogna sfruttare tutte le potenzialità dello strumento, evitando le criticità che possono esistere, come in qualunque tecnologia. In Italia abbiamo grandi eccellenze in questo campo. E poi ancora ci sono le biotecnologie, in tutti i loro ambiti di implicazione e le neuroscienze. Di queste si parla ancora poco ma la possibilità di leggere le onde del nostro cervello e farlo comunicare con il mondo esterno è uno scenario molto interessante, soprattutto in ambito medico».

L'intervista a Cristina Pozzi, l'unica italiana tra i giovani leader del World Economic Forum foto 2

Cristina Pozzi è l’unica italiana fra i Young Global Leaders

Un ragazzo che si è appena diplomato e deve scegliere l’università, quali percorsi è meglio che segua?
«Il mio consiglio, nel breve termine, è guardare alle tre tecnologie di cui ho parlato prima. È importante avere persone che sono in grado di dialogare con i sistemi di intelligenza artificiale. Non solo programmatori. Anche linguisti che aiutano i chatbot a conversare, designer che rendono più accessibili questi strumenti. In Bocconi ora c’è un corso obbligatorio di Phyton, un linguaggio di programmazione. È un modo per dare a tutti una competenza di base».

E a chi è a meta percorso di una laurea umanistica, per esempio filosofia, cosa diresti?
«Gli direi di arrivare fino alla fine. Mi sento di continuare a consigliare le materie umanistiche fino alla fine, anche perchéavranno un ritorno in termini di ricerca da parte delle aziende. Abbiamo bisogno di persone che siano in grado di navigare anche tra questi due mondi: la tecnologia e l’umanesimo. Come è sempre stato fino a qualche secolo fa».

C’è qualcosa che ti spaventa del futuro?
«In realtà ci sono tante cose che mi spaventano del futuro. Il motto di Impatcscool è: il futuro è Open Source. È costruito in modo collettivo e quindi esistono tanti futuri di fronte a noi. Non dobbiamo adattarci a quello più probabile. Quello che mi spaventa è che si smetta di ragionare in questi termini e ci si adatti a una sola possibilità di futuro, che può cadere in una distopia».

Cosa ne pensi del movimento Fridays for Future? Può davvero cambiare qualcosa?
«Io credo che sia un segnale straordinario che fa pensare a un futuro che sarà sicuramente migliore di quello di oggi. È chiaro che le nuove generazioni hanno a cuore il pianeta, hanno capito che è un urgenza. Ed è chiaro, come dice Greta, che non c’è tempo e che quindi non si può aspettare che arrivino loro a cambiare tutto. Sarebbe l’esempio di una di quelle rivoluzioni che avvengono unendo sia un’azione dal basso, come questa, che quella d’alto, dei politici, dei potenti. Di chi ha modo di cambiare le cose. Parlando dal punto di vista del marketing, chi oggi vuole fondare un’azienda deve ricordarsi che questi sono i clienti di domani».

Come ti immagini l’Italia nel 2050?
«Meno popolata, più calda per il cambiamento climatico, ma mi auguro anche molto attenta a mettere l’essere umano al centro, al centro di un umanesimo nuovo che può nascere e convivere con queste nuove tecnologie».

Leggi anche:

Articoli di LE NOSTRE STORIE più letti