Festa della Liberazione, Sergio Mattarella: «La libertà non si baratta con l’ordine»

Nel suo discorso a Vittorio Veneto per il 25 aprile, il presidente della Repubblica ha voluto ricordare le privazioni del ventennio fascista e le grandi conquista della liberazione

«La storia insegna che quando i popoli barattano la propria libertà in cambio di promesse di ordine e di tutela, gli avvenimenti prendono sempre una piega tragica e distruttiva». Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel suo intervento a Vittorio Veneto, ha ricordato così la liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Il presidente ha voluto ricordare le libertà infrante durante il ventennio fascista, per sottolineare le conquiste ottenute con la liberazione: «Non era permesso avere un pensiero autonomo, si doveva soltanto credere. Credere, in modo acritico e assoluto, alle parole d’ordine del regime, alle sue menzogne, alla sua pervasiva propaganda. Bisognava poi obbedire, anche agli ordini più insensati o crudeli. Ordini che impartivano di odiare: gli ebrei, i dissidenti, i Paesi stranieri. L’ossessione del nemico, sempre e dovunque, la stolta convinzione che tutto si potesse risolvere con l’uso della violenza». Mattarella ha dato una chiara interpretazione del significato del giorno del ricordo, ostaggio ultimamente di rivalità politiche: «Festeggiare il 25 aprile significa celebrare il ritorno dell’Italia alla libertà e alla democrazia, dopo vent’anni di dittatura, di privazione delle libertà fondamentali, di oppressione e di persecuzioni. Significa ricordare la fine di una guerra ingiusta, tragicamente combattuta a fianco di Hitler. Una guerra scatenata per affermare tirannide, volontà di dominio, superiorità della razza, sterminio sistematico».


Il presidente della Repubblica ha voluto, inoltre, sottolineare il contributo delle donne alla Resistenza: «Per la Resistenza fu decisivo l’apporto delle donne, volitive e coraggiose. In Veneto furono staffette, ma anche combattenti. Su di loro, se catturate, la violenza fascista si scatenava con ulteriore terrificante brutalità, come le sopravvissute raccontarono del trattamento della banda Carità, un gruppo di torturatori di inaudita ferocia che aveva sede presso Villa Giusti a Padova». Infine, non è mancato un richiamo a chi, come il ministro dell’Interno Matteo Salvini, ha voluto prendere le distanze della commemorazione del 25 aprile: «Questo doveroso ricordo ci spinge a stringerci intorno ai nostri amati simboli: il tricolore e l’inno nazionale. È il dovere, morale e civile, della memoria. Memoria degli eventi decisivi della nostra storia recente, che compongono l’identità della nostra Nazione da cui non si può prescindere per il futuro».