Anche negli Stati Uniti si indaga per il caso di Tiziana Cantone, la ragazza trentunenne che si tolse la vita nel 2016 dopo che alcuni suoi video hard, condivisi inizialmente da lei con dei suoi conoscenti, finirono online. Alcuni di questi video continuano a circolare sul web. Nonostante l’esistenza di leggi sul Revenge porn, approvata definitivamente in Italia a luglio, le vie legali che portano alla loro rimozione del web, continuano a essere piene di ostacoli.
L’inchiesta americana
Secondo il quotidiano Il Mattino, l’inchiesta negli Stati Uniti ruota attorno alla continua diffusione del video nel web: sono sette gli account registrati su siti pornografici, finiti nel mirino degli investigatori, tramite i quali i video hard di Tiziana Cantone sono stati diffusi sul web.
In totale sono coinvolte 103 le persone nell’indagine. Il numero di persone che hanno visualizzato i video diffusi sul web senza denunciarlo e dopo aver appreso del suicidio della ragazza sono ben 96. Alcuni di loro avrebbero offeso sia la ragazza, sia sua madre. A guidare l’inchiesta americana è la squadra di esperti informatici contro la pirateria e la pedopornografia, «Emme», rappresentato in Italia dallo studio legale Bernardini de Pace di Roma.
Il ‘revenge porn’ in Italia
Nonostante l’approvazione in via definitiva in Italia della legge sul Revenge porn (quì il testo) il 17 luglio, i video di Cantone, conservati su server all’estero, continuano a circolare sul web. La legge, che per la prima volta definisce il reato, noto anche come «pornovendetta» in italiano, l’atto di condividere imagini o video intimi di una persona senza il suo consenso, prevede pene aspre (reclusione da uno a sei anni e muta da 5mila a 15mila euro) per chi diffonde online o cede, consegna o condivide contenuti pornografici senza il consenso delle persone coinvolte.
Altra questione però è la rimozione in tempi veloci dal web di materiale già diffuso. Al centro dell’inchiesta americana – e di un’inchiesta parallela in Italia – ci sarebbe il tentativo di ottenere la rimozione tempestiva di forme di «pornovendetta» tramite l’applicazione delle leggi sul diritto d’autore. Per farlo basterebbe inviare una richiesta di “take-down” (rimozione) alle compagnie che gestiscono i server, che a loro volta affittano gli spazi ai siti online. I server sarebbero tenuti a chiedere ai propri clienti di rimuovere il contenuto entro due settimane. In Italia a giugno con una strategia simile i legali della madre di Tiziana Cantone,Maria Teresa Giglio, erano riusciti a far chiudere un sito in soli tre giorni.
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