Laurea in Medicina, addio ai test d’ingresso: allo studio un’ipotesi di sbarramento alla “francese”

Dopo un primo anno comune a tutti corsi di laurea di area medica, se gli studenti ottengono un numero minimo di crediti formativi possono accedere al test: in base alla graduatoria, avranno diritto a un posto nella facoltà preferita

È più di una suggestione: la proposta di rimuovere il test di ammissione per le facoltà di Medicina e Odontoiatria è al vaglio della Commissione cultura e istruzione della Camera. Non è solo un modo per superare la logica dei test di ingresso che, per quanto il loro fine ultimo sia la meritocrazia, non riescono a dar peso a molte variabili che esulano dal nozionismo. La riforma vorrebbe eliminare il fenomeno dei ricorrenti a cui i tribunali, ogni anno, danno ragione. La questione ricorsi per l’ammissione alla facoltà di Medicina causa almeno tre problemi. Primo, gli studenti che risultano idonei in seguito alle sentenze dei tribunali si trovano a iniziare il corso di studi in ritardo rispetto ai colleghi entrati con la normale procedura. Secondo, i ricorrenti sono spesso considerati studenti di serie B e questo crea disparità durante l’intero percorso di formazione. Terzo, l’adeguamento degli enti universitari alle sentenze emesse dai tribunali ha un costo molto alto e sta diventando una voce di bilancio che inficia gli investimenti per l’istruzione.


Un sistema più o meno francese

È un luogo comune, ed errato, che il metodo di ammissione alle facoltà francesi sia più semplice. Magari più meritocratico, ma anche causa di altissimi livelli di stress negli studenti del primo anno. In Francia le matricole di medicina devono affrontare due concorsi: uno al primo semestre e uno al secondo. Si tratta di quiz a risposta multipla che si basano sulle materie studiate durante il corso di studi. Se le matricole non passano il primo test, hanno la chance di riprovarci una seconda volta. Nel caso in cui nemmeno la seconda prova risultasse idonea, gli studenti sono obbligati a lasciare le facoltà di area medica e sanitaria per iscriversi ad altri tipi di corsi di laurea. Ma non è finita qui: non è detto che passando il secondo esame di sbarramento, alla fine del primo anno, il posto a Medicina sia garantito. Molti studenti risultano idonei, quindi superano la prova, ma hanno un punteggio basso in graduatoria e non rientrano nei posti disponibili. Per loro ci sono due possibilità: o cambiare facoltà, o iscriversi di nuovo al primo anno. Se dovessero fallire anche da ripetenti, le porte della medicina francese si chiuderebbero per sempre.


Il problema economico della sentenze

Come scrive il Messaggero, la riforma è arrivata alla VII Commissione della Camera dei deputati. La proposta di riformare il meccanismo di ammissione prende vigore dall’analisi economica dei ricorsi. Negli ultimi cinque anni sono stati ammessi circa 20 mila studenti di Medicina tramite ricorso. Per loro, non erano previsti fondi di finanziamento degli atenei e la spesa aggiuntiva per formarli raggiunge il valore di mezzo miliardo di euro. Per ognuno di loro, bisogna considerare circa 30 mila euro per i sei anni di laurea magistrale. A questa cifra vanno aggiunti quasi 3 miliardi di euro, 125 mila euro ciascuno, per garantire a tutti la possibilità di frequentare una scuola di specializzazione. Anche quest’anno, il Consiglio di Stato si sta pronunciando sui ricorrenti del 2017 e del 2018. Ogni ordinanza, ogni sentenza dei giudici va a modificare profondamente la programmazione del percorso di studi che aveva elaborato l’Università prima dell’innesto degli studenti ricorrenti. La proposta in corso di valutazione prevede una serie di step che vanno a modificare tutto l’impianto di formazione dei ragazzi, a partire dall’orientamento durante le scuole superiori.

Si cambia dalle superiori

La riforma prevederebbe il potenziamento dell’orientamento degli studenti, che prenderebbe il via già dal terzo anno di scuola superiore. Corsi online e prove di autovalutazione che porterebbero i ragazzi a raggiungere maggiore consapevolezza in vista della scelta universitaria. «Dopo un corso di 100 ore, online e gratuito – spiega il deputato Manuel Tuzi al Messaggero -, lo studente accede al primo anno di Medicina. Un anno di lezioni teoriche, per evitare il sovraffollamento dei laboratori che non potrebbero reggere un elevato numero di studenti, tutte di area medica e che terminerà con un test di accesso al secondo anno».

Lo sbarramento

Dopo un primo anno comune per Medicina, Odontoiatria, Farmacia, Chimica e Tecnologie farmaceutiche, Biologia e Biotecnologia, partirebbe la selezione al secondo anno. La condizione necessaria sarà il raggiungimento di un numero minimo di crediti. Poi si potrà svolgere un “test a soglia”: chi otterrà un punteggio minimo, ha il posto garantito in una delle suddette facoltà. I primi classificati, a scalare, potranno accedere ai corsi di laurea indicati come prime scelte in fase di registrazione al test.

La specializzazione

«Prevediamo due o tre test di accesso all’anno – spiega Tuzi al Messaggero – rispetto alla data unica attuale che provoca un’attesa di circa un anno. Cambia il contratto: l’università mantiene la regia della formazione, ma avviene una migliore regolamentazione della retta formativa coinvolgendo gli ospedali del territorio che garantiscono gli standard qualitativi. Inoltre, gli ultimi due anni di specializzazione diventano ibridi: con contratti di formazione-lavoro a carico delle Regioni e con maggiori diritti e tutele per il lavoro degli specializzandi. I fondi risparmiati dal ministero andranno a finanziare ulteriori borse di studio».

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