In Evidenza IsraeleTrasporti pubbliciFedez
POLITICARomaSardineVideo

Sardine fase due: i 6 «pretendiamo» e il “congressino” di oggi tra i 170: «La politica non può ignorarci» – Il video

15 Dicembre 2019 - 09:09 Felice Florio
113 piazze in un solo mese, culminate nel Global Sardina Day e in quel mare di persone che ha riempito la simbolica piazza San Giovanni. Oggi si conosceranno le proposte concrete delle sardine, da ieri, invece, sappiamo cosa pretendono

Ieri non c’era l’impianto stereo della portata di quello del 19 ottobre, quando piazza San Giovanni era stata occupata dal centrodestra e quel «Io sono Giorgia» fu amplificato fino alle strade limitrofe.

Le sardine non hanno la potenza economica del sovranismo, il palco è modesto e la voce di Mattia Santori non è riuscita ad arrivare in fondo alla marea di gente che il 14 dicembre si è riversata nell’emblematica piazza romana.

Nonostante ciò, le migliaia di sardine sono rimaste lì, strette, a scambiarsi idee, a cantare e a ballare anche senza vedere o sentire ciò che veniva detto dal palchetto, assediato dalle telecamere di tv nazionali e internazionali.

Tra i punti di forza dei 113 “flash mob ittici” – non più così flash visto che quello di ieri è durato ore – è sempre stata questa: pochi personalismi, molta voglia di riconquistare uno spazio fatto di persone e non di chat virtuali per potersi guardare negli occhi. Per poter parlare tra persone senza bandiere, ma che in comune hanno certamente qualcosa.

Le sardine sono unite dal sentimento di repulsione verso un certo modo di fare politica, dal linguaggio estremo, talvolta ostile. È vero, ci sono sicuramente molte assonanze tra sardina e sardina: l’antifascismo, la difesa dei diritti civili ad esempio.

Ma il filo che unisce Roma a San Francisco, Londra a Ivrea è un chiaro segnale che sovranismo, populismo e il modo di propagarsi di queste due concezioni politiche non attecchirà mai tra queste persone.

I 6 «pretendiamo»

La voce del leader delle sardine, Mattia Santori, è stata la voce di tutte le sardine coordinatrici che hanno stilato sei «pretese» rivolte alla politica. Santori le ha gridate con la naturalezza di un leader giovane, con la pacatezza di chi si sente dal lato giusto della storia: «Pretendiamo»…

  1. «Pretendiamo che chi è stato eletto vada nelle sedi istituzionali a fare politica invece di fare campagna elettorale permanentemente»;
  2. «Pretendiamo che chi fa il ministro comunichi solamente sui canali istituzionali»;
  3. «Pretendiamo trasparenza sull’uso dei social network da parte della politica, trasparenza sia economica che comunicativa»;
  4. «Pretendiamo un’informazione corretta»;
  5. «Pretendiamo che la violenza sia esclusa dai toni e dai contenuti della politica in ogni sua forma»;
  6. «Chiediamo di abrogare il decreto sicurezza».

Il cosiddetto «congressino»

Oggi, domenica 15 dicembre, sono riuniti dalle 9:00 di mattina alle 13:00 (poi si pranza tutti insieme) in un luogo segreto di Roma. È stato divulgato tramite sms ai 170 coordinatori locali alle 21:00 di sabato sera.

«Non sarà un’assemblea – ci dice uno degli invitati venuto dal Sud Italia -, diventerebbe troppo confusionario se parlassimo tutti». I lavori, dunque, dovrebbero essere suddivisi in tre momenti.

Ci sarà un discorso introduttivo delle sardine bolognesi, i “genitori” di questa rivoluzione ittica. Poi i 170 ragazzi saranno divisi in gruppi più piccoli, un po’ sulla base della provenienza geografica un po’ in base alle comuni esigenze dei territori che rappresentano.

Le proposte elaborate nei diversi team saranno condivise nel terzo momento collegiale. Dopo uno sforzo di sintesi, verrà stilato un piano d’azione che i referenti locali dovranno portare a casa a far conoscere alle sardine locali.

Sullo stesso tema: