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Un’app per salvare il dialetto, l’idea di uno studente di Sanremo: «La lingua del passato aiuta a capire meglio il presente» – Il video

23 Dicembre 2019 - 06:17 Felice Florio
Massimo Gismondi, ingegnere di 22 anni, sta per lanciare Appröu: un'app che è in grado di tradurre il sanremasco in italiano e viceversa. L'obiettivo finale, però, è quello di un vocabolario tascabile per tutti i dialetti d'Italia

«Un giorno, mettendo in ordine la mia stanza, ho trovato per caso un dizionario di dialetto sanremasco». Massimo Gismondi, che abita a qualche chilometro di distanza da Sanremo, è uno studente di Ingegneria al Politecnico di Torino.

«Aprire quel libro è stato come un’illuminazione: non avevo mai parlato il dialetto in casa e ho avvertito l’esigenza di colmare quel vuoto». È stata la consapevolezza di non conoscere la sua storia, le sue origini e la tradizione dei luoghi dove è nato e cresciuto a spingerlo nell’impresa.

Appröu è un’app che traduce il sanremasco in italiano e viceversa, fornendo agli utenti cenni di fonetica e un breviario di regole grammaticali. «La forza del codice che ho quasi finito di programmare e che sarà disponibile per Android il prossimo marzo – spiega Gismondi – è che può essere declinato per ogni dialetto». L’ambizione è arrivare a pubblicare un’unica app sulla quale saranno raccolte tutte le lingue locali del territorio italiano. «Il dialetto di ieri, le tecnologie di oggi, sempre con te» è lo slogan di Appröu.

Su Gismondi le lingue hanno sempre esercitato un fascino: «Avevo imparato l’esperanto, prima che si rivelasse un esperimento fallimentare». Poi è insorta una curiosità per il sanremasco: «Non si è mai parlato il dialetto a casa. Le generazioni precedenti alla mia provavano una certa vergogna nei confronti della lingua locale: bisognava uniformarsi all’italiano standard e per questo occorreva fare uno sforzo per dimenticare il dialetto».

«Il passaggio più difficile è stato quello da curioso a studioso del dialetto. Avevo bisogno di uno strumento da portare sempre con me per tradurre un termine che ascoltavo per strada o leggevo da qualche parte». Andare in giro con un dizionario cartaceo era poco maneggevole, «così, con le conoscenze informatiche che possiedo, ho potuto scrivere il codice per il mio dizionario da smartphone».

L’interesse della comunità e delle associazioni di Sanremo ha invogliato e aiutato Gismondi a rendere pubblica la sua invenzione personale. «Ho realizzato che attraverso i dialetti si ha modo di scoprire, da una prospettiva privilegiata, un lato della storia dei luoghi, la loro evoluzione urbanistica, sociale, culturale». Proprio per la pubblica utilità del servizio, Gismondi ha deciso che l’app resterà gratuita.

Ma si possono salvare i dialetti dall’estinzione? «C’è una possibilità di salvarli o addirittura resuscitarli. Chi ha le competenze tecnologiche deve porsi come ponte tra la lingua antica e le persone interessate a conoscerla. Concretamente, bisogna dare gli strumenti informatici per facilitare l’apprendimento dei dialetti. Pensate che l’ultima ristampa dell’unico dizionario esistente di lingua Sanremasca risale agli anni ’70».

Siamo arrivati a un passo dall’estinzione?

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