Pierpaolo, “arruolato” come vigile del fuoco in Australia: «Fiamme alte venti metri, mai visto nulla di simile»

Il calore dell’incendio ha bruciato anche i motori dei mezzi con cui si sposta, racconta

«Good high!» (Ottimo!, ndr) risponde Pierpaolo quando lo contattiamo per chiedergli se ha voglia di raccontarci cosa stia succedendo laggiù, in Australia. Dice di essere nel bel mezzo di un’ispezione da post-incendio, che WhatsApp in questi giorni lo usa molto poco, quindi è meglio non disturbarlo e aspettare un suo segnale.


Pierpaolo | Facebook

Dal 20 dicembre, cioè da quando gli incendi hanno cominciato la devastazione in terra australiana, la sua vita è un po’ cambiata: si è “arruolato” come volontario tra i vigili del fuoco. Con le fiamme che stanno devastando il territorio australiano, ha pensato di non restarsene lì a guardare ma di dare una mano.


«Mi occupo del servizio via terra ma anche di quello via aria. Ora sto andando a caricare i bomber d’acqua – gli aerei che per tutta la giornata inonderanno di acqua le foreste» -, dice al telefono qualche ora dopo la prima conversazione andata a vuoto. Quando ce lo racconta, in Italia sono le 22.20: dieci ore di fuso orario – indietro – con l’Australia.

«Mi sto mettendo le scarpe, tra poco esco, ma parliamo pure!». Quello che sta facendo è dirigersi sulla pista di decollo degli aerei che sorvoleranno la zona.

Ai velivoli aggancerà un tubo. Mentre il motore girerà, riempirà con 3mila litri di acqua ciascun serbatoio. «Per quasi tutte le tratte che eseguiamo, utilizziamo un liquido ritardante per incendi: questo ci consente di non terminare subito le riserve di acqua».

E quanto i 3mila litri finiscono? «Semplice, si torna a terra e si riempie di nuovo. Così per tutta la giornata. Carico e scarico, carico e scarico…».

Emigrato

Pierpaolo Strempel vive a Kangaroo Island, un’isola dell’Australia meridionale con poco più di 4mila abitanti, da più di dieci anni. Abita con sua moglie Bek – australiana – e con i loro tre figli. In Italia lavorava come piastrellista nella ditta gestita dalla famiglia.

«A un certo punto ho fatto come hanno fatto tanti: ho pensato di aver dato tutto al mio Paese e così ho fatto i bagagli, e sono volato nella terra dei canguri».

In Australia, dove lavora come costruttore edile, ha conosciuto la moglie che di mestiere fa la guardia forestale. Da quando ha iniziato l’attività di vigile del fuoco, ha contato circa 590 ore di servizio tra tutti i velivoli e 2,1 milioni di litri di prodotto per ritardare le fiamme. Metà isola brucia tuttora. Ora stanno bruciando i parchi naturali.

Spegnere gli incendi

Esce di casa, dovrà fare un’ora di macchina per arrivare in aeroporto, nella foresta. Nel frattempo, ad aiutare i locali, sono arrivati altri 400 vigili del fuoco, 77 camion con cisterne, i contadini con cisterne da 1000 litri l’uno per domare gli spot fire (incendi minori, ndr), elicotteri, e 400 soldati dell’esercito.

«La situazione è tragica, mai vista una cosa simile. Fiamme alte venti metri», racconta. «Le senti arrivare: si sprigiona una strana energia, come se stesse arrivando un terremoto, ma in realtà è il fuoco che si mangia tutto quello che trova sul proprio cammino».

«So che sembra una cosa da matti, ma è come se l’incendio avesse una sua anima: l’altro giorno un muro di fuoco mi ha attraversato la strada, ho pensato avrebbe preso le case lì vicino. Invece lui che fa? Vira verso il mare e va a morire. A volte risparmia qualcosa o qualcuno, altre volte come una furia si prende tutto con sé e non restituisce nulla».

Pierpaolo racconta poi di cose quasi al limite del credibile: «Per la temperatura elevata, abbiamo visto cose assurde. Una mattina sono entrato in un capanno e il motore del mio mezzo era letteralmente “squagliato” per il calore. Il calore brucia ogni cosa. Non ci potevo credere, ma così è».

E poi gli animali, «quelli tratti in salvo che vengono a salutarci in pista. Si fanno trovare lì, schierati per ringraziarci e salutarci. Un’emozione che non posso descrivere a parole, per telefono».

E ora?

Come andrà a finire? Pierpaolo assume un tono di voce diverso, più sommesso: «Lo devo dire: ero in mare, guardavo la mia isola da lontano e la vedevo come una palla di fuoco e dal cielo nevicava cenere. Ho pensato che questa terra non ce l’avrebbe mai fatta, invece resiste».

Pierpaolo ci dice che, ad oggi, gli ettari bruciati sfiorano i 200mila, solo nel suo territorio. «Su un paese di 4.200 abitanti, le fiamme si sono mangiate 60 abitazioni, il che non è poco. Sono morti 20 mila koala, mentre manca una stima dei canguri. Dovremo combattercela ancora per tre settimane buone, se va bene. Alla fine saremo a pezzi».

A un certo punto un guizzo di ottimismo: «Speriamo solo che voi turisti veniate ancora a trovarci, eh!…».

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