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Sessant’anni fa moriva Adriano Olivetti. Sei modi in cui rivoluzionò il lavoro aziendale

27 Febbraio 2020 - 21:49 Redazione
La storia della compagnia di Ivrea non è solo la storia dell'azienda italiana pioniera dell'elettronica, ma anche di un'azienda innovativa perché "a misura d'uomo"

Il 27 febbraio 1960 moriva in Svizzera Adriano Olivetti per un malore che non è mai stato definitivamente diagnosticato. Lasciava alle sue spalle una delle aziende più innovative nella storia della Repubblica italiana che era riuscita ad affermarsi come leader globale nel mondo dell’elettronica, in particolare nel campo delle macchine da scrivere e da calcolo.

Si può dire senza esagerazione che prima di Steve Jobs e Bill Gates c’era Olivetti che, grazie a una squadra di ingegneri di primo ordine, inventò il pc. Il Programma 101, ovvero il primo personal computer, fu presentato al mondo a New York nel 1965 e acquistato in seguito anche dalla Nasa, che ne comprò quarantacinque in totale e li utilizzò per progettare il primo viaggio dell’uomo sulla luna.

Google Images / Adriano Olivetti

Ma alle sue spalle Olivetti lasciava un’azienda innovativa anche perché “a misura d’uomo”, ovvero con un’organizzazione costantemente rivolta a garantire il benessere dei propri dipendenti.

Citiamo qualche esempio:

  1. Olivetti pagava salari più elevati rispetto agli altri imprenditori dell’epoca. Come ricorderà Roberto Olivetti, figlio maggiore di Adriano, «Le persone devono essere pagate bene: chi è impegnato nel lavoro scientifico non può avere preoccupazioni economiche. Cercavamo di capire il loro reale interesse a venire da noi, e se il lavoro proposto corrispondeva ad una vocazione»;
  2. L’azienda metteva a disposizione dei propri dipendenti innumerevoli servizi – dagli asili nido a scuole e biblioteche, passando per le colonie estive per i figli dei dipendenti a veri e propri servizi sanitari – e li tutelava in più modi, ad esempio vietando esplicitamente qualsiasi tipo di discriminazione su base politica;
  3. Uno dei focus di Olivetti era la ricerca, il reclutamento e la valorizzazione di giovani talenti. È il caso di Mario Tchou, ingegnere italiano di origini cinesi e pioniere delle scienze informatiche in Italia, che aveva 30 anni quando gli venne affidata la responsabilità di dirigere la squadra di sviluppo elettronico dell’azienda – fu lui a guidare il team che progettò e realizzò il celebre computer Elea 9003;
  4. Tra gli asset principali dell’azienda c’era la formazione dei propri dipendenti, una formazione che non si limitava all’insegnamento di nozioni e competenze tecniche prettamente legate alle mansioni da svolgere – basti pensare all’Istituto aziendale, riconosciuto dallo Stato italiano e i cui diplomati diventavano spesso dipendenti della Olivetti;
  5. L’attenzione all’estetica e alla gradevolezza del luogo di lavoro, oltre che dei prodotti, è un aspetto caratterizzante della Apple targate Steve Jobs. Ma lo era anche per Olivetti, che arruolava famosi architetti come Gae Aulenti, fotografi come Cartier-Bresson e designer di fama mondiale come Ettore Sottsass per progettare e realizzare luoghi in cui fosse piacevole trascorrere il proprio tempo, uffici e fabbriche a misura d’uomo;
  6. Un’altra testimonianza dell’importanza data alla cultura erano periodici culturali come Urbanistica, che affiancavano la produzione di riviste specialistiche come Tecnica e organizzazione.

Insomma, Olivetti e il suo modello di impresa hanno reso Ivrea, sede dell’azienda, un sistema territoriale unico per l’attenzione, l’assistenza e i servizi riservati ai dipendenti. Un esempio di welfare ante litteram che ha fatto da apripista all’epoca e che andrebbe tenuto a mente anche oggi dalle aziende del Belpaese, troppo spesso concentrate sul negare diritti e tutele piuttosto che garantirli.

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